28/01/2019 - La crisi applicativa della legislazione vigente: prospettive di sviluppo (dalla “valutazione” alla “Valorizzazione della performance”)
La crisi applicativa della legislazione vigente:
prospettive di sviluppo
(dalla “valutazione” alla “Valorizzazione della performance”)
Umberto Realfonzo - Consigliere di Stato - Pubblicato il 26 gennaio 2019
Abstracit. L’articolo, al fine di superare le ricorrenti opinioni, fondate eminentemente su pregiudizi che appaiono solitamente sugli organi, indica alcune ragioni all’origine della crisi della valutazione della dirigenza. Si tratta di una molteplicità di fattori, tra i quali in particolare si può ricordare: il rapporto, talvolta perverso, tra politica e amministrazione; la sussistenza di “aree franche” non soggette a valutazione delle strutture pseudo-private che pure esercitano rilevanti funzioni pubbliche; e, soprattutto, un impianto normativo assolutamente inadeguato a far conseguire le finalità dichiarate.
Si dovrebbe invece passare dalla “valutazione” alla “valorizzazione” delle performance.
A tal fine, per dare una reale funzionalità al sistema basterebbero alcuni semplici innovazioni da introdurre nel d.lgs. n. 150/2009, quali in particolare: --prevedere una razionalizzazione delle fonti; una semplificazione degli adempimenti; una “legificazione” delle prescrizioni fondamentali contenute nelle L.G. del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Le predette modifiche appaiono all’autore indispensabili per assicurare che la valutazione della “performance” non si risolva in un mero “ludo cartaceo”, ma diventi un elemento dinamico indispensabile dell’attività dell’amministrazione.
Sommario:
1.Una premessa personale. 2. Alle origini della crisi: il rapporto politica – amministrazione.
3. L’area franca delle strutture private che esercitano rilevanti funzioni pubbliche. 4. La rivisitazione della materia e la semplificazione delle fonti. 4.1. I correttivi. 4.2 La “legificazione” delle prescrizioni delle L.G. 4.3. La non necessità di un nuovo provvedimento normativo 4.4. La direzione di marcia 5. Dalla “valutazione” alla “valorizzazione”: alcune possibili innovazioni del d.lgs. n. 150/2009 e s.m.i. 5. 1. Articolo 3. 5.2. Articolo 4. 5.3. Articolo 5. 5.4. Ancora sull’articolo 5. 5.4. Articolo 14. Conclusioni
1. Una premessa personale
Contraddicendo una regola della buona retorica (per cui non si dovrebbe mai parlare di sé) devo necessariamente premettere che (a parte la mia seconda Laurea presa in materia a Torino) il mio interesse deriva dall’essere stato Presidente di Secin dall’aprile 1999; componente di un OIV per due mandati e, più recentemente, relatore anche dell’ultimo parere del Consiglio di Stato n.917/2017 sullo schema di decreto legislativo recante "Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell’articolo 17 comma 1, lettera r), della legge 7 agosto 2015, n. 124” .
Questo intervento ha carattere di esclusiva testimonianza personale e, come tale, è inevitabilmente condizionato dalla esperienza sul campo; dalla collaborazione con sei differenti ministri e dai frequenti contatti con gli appartenenti alle altre strutture deputate alla valutazione dei risultati.
2. Alle origini della crisi: il rapporto politica - amministrazione
Gli sforzi effettuati, a partire dall’art. 20 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, per realizzare la verifica dei risultati si sono rivelati di scarsa efficacia, a causa:
- delle resistenze interne dei vertici politici e amministrativi;
- del disinteresse del mondo degli utenti e dei cittadini;
- dalla carenza degli strumenti concreti per la misurazione e la valorizzazione delle performance organizzative ed individuali.
Neanche oggi possiamo dire che il sistema funzioni davvero.
La ragione deve essere identificata nel fatto che, al di là delle dichiarazioni di facciata, tutti i soggetti interessati vedono la valutazione delle performance come un disturbo alla governance.
I vertici politici:
- sono tendenzialmente disinteressati, e ciò specie quando l’OIV è stato nominato dalla precedente compagine governativa e non vi è alcun precedente contatto personale con i componenti dell’OIV;
- collegano la loro personale valutazione dei risultati dei dirigenti a fattori extraistituzionali nonché alle suggestioni ed ai ritorni immediati delle iniziative sui mass media;
- hanno il timore -- spesso nemmeno troppo dissimulato -- che la valutazione delle prestazioni organizzative ed individuali possa rilevare sia le debolezze dei programmi e degli indirizzi politici e sia l’inefficacia della relativa realizzazione e sia mettere in crisi quei dirigenti che sono politicamente più vicini.
I capi di gabinetto:
- talvolta alle indicazioni del Ministro sovrappongono una loro (per così dire) “politica relazionale”;
- altre volte temono che il Ministro venga (anche informalmente) messo a parte di situazioni e questioni particolari;
- comunque tendono ad alzare una sorta di cortina di ferro intorno al loro vertice politico impedendo ogni reale contatto con l’OIV.
In conseguenza i vertici:
- nella migliore delle ipotesi tendono a ridurre l’intera materia ad un mero “ludo cartaceo” di adempimenti effettuati per mero “debito d’ufficio “ senza alcun interesse reale;
- nella peggiore, pongono in essere una vera e propria politica ostruzionistica all’OIV rifiutando ogni contatto e delegittimando di fatto l’intera funzione di valutazione delle performance.
I dirigenti a tutti i livelli:
- al di là della collaborazione di facciata, hanno un atteggiamento in genere formalmente disponibile ma sostanzialmente difensivo;
- di fatto hanno sterilizzato i risultati della valutazione in sede di contrattazione, agganciando la percezione del relativo massimo della retribuzione di risultato a soglie percentuali talvolta di gran lunga inferiori al valore massimo conseguibile ed hanno trasferito sulle indennità di posizione la quota più consistente di risorse.
In questo senso il collegamento tra l’indennità di risultato ed un sistema di valutazione ancora non maturo è stato un errore perché ha posto in posizione antagonista quelli che avrebbero potuto e dovuto essere i protagonisti dei processi.
3. L’area franca delle strutture private che esercitano rilevanti funzioni pubbliche
La finalità vera del sistema delle valutazione dovrebbe concernere non solo le singole realtà istituzionali, ma soprattutto le politiche pubbliche nel loro complesso.
Nell’analisi di “chi fa che cosa” si dovrebbe forse considerare la reale struttura produttiva anche dell’amministrazione centrale (e non) contemporanea, affidata all’esterno a strutture spesso solo formalmente private, ma in realtà sostanzialmente pubbliche o, comunque, concessionarie di pubbliche funzioni (agenzie, società per azioni, fondazioni, istituzioni bancarie, eccetera).
Certamente questo processo di esternalizzazione, che è stata la risposta dell’ordinamento conseguente all’incapacità di rimediare alla crisi dell’amministrazione, ha fatto sì che fossero create due amministrazioni parallele:
- le tradizionali strutture ministeriali: le cui gestioni, al di là delle capacità dei singoli, sono condizionate dalla mancanza di ricambi, dalla carenza di motivazioni socio-economiche, sono impegnate non solo da procedure obiettivamente complesse, ma anche da controlli (Ragioneria e Corte dei Conti) per non parlare del contenzioso;
- le altre strutture pseudo-private, spesso largamente finanziate da sontuosi contratti di servizio, che operano spesso al di fuori dei limiti di assunzioni e limiti di spese. La loro attività è spesso (auto)valutata in termini di “risultati economici” ma, nella realtà delle cose, una larga parte della loro attività, che è sostanzialmente pubblica, sfugge a qualunque verifica di efficienza, efficacia ed economicità.
Come si fa a valutare seriamente l’efficienza e l’efficacia della performance di una articolazione ministeriale i cui provvedimenti (pensate ad esempio il caso di concessione di contributi) sono istruiti ontologicamente da strutture esterne formalmente serventi?
Non bisogna trascurare infatti che, nella realtà delle cose, talvolta tali agenzie, società, ecc. sono di dimensioni molto più consistenti (in termini di risorse umane e relazionali) rispetto alle strutture ministeriali a cui le stesse attività vengono imputate. In tali casi la struttura ministeriale deputata appare come “la pulce seduta sul sedere dell’elefante” della struttura che dovrebbe indirizzare e controllare.
Al di là di ogni ipocrisia, i poteri di indirizzo, di sollecito, di controllo e di verifica dei singoli ministeri scritti sui contratti di servizio, non sono nella prassi di fatto realmente esercitati, ed anzi spesso non sono realmente esercitabili per la larvata minaccia della soluzione di continuità delle relative attività della struttura servente.
In tale prospettiva si deve dunque sottolineare che:
- trattandosi di attività che di fatto oggi sfuggono ad ogni reale controllo, si dovrebbero innanzitutto individuare i mezzi, i modi ed i metodi più efficaci perché la valutazione della performance dei ministeri venga estesa a tutti i soggetti che sono reali strumenti attuatori delle politiche che vengono loro delegate, a prescindere che siano privati ovvero pubblici in forma societaria o di agenzia.
- “de jure condendo”, quindi, una seria e reale riforma della materia dovrebbe ricomprendere tutti i rilevanti processi di produzione di politiche pubbliche nell’ambito delle valutazioni delle performance.
Ammesso e non concesso che interessino a qualcuno, non si potranno fare delle analisi serie sulle politiche pubbliche limitando la valutazione alle sole strutture ministeriali.
4. La rivisitazione della materia e la semplificazione delle fonti
4.1. I correttivi
In primo luogo andrebbe operata una ricognizione delle diverse disposizioni sparse in vari testi onde operare un intervento di carattere ricognitivo prima, e correttivo poi, di tutte le fonti.
Ad esempio, le disposizioni introdotte nel 2017, agli articoli 14 e 14-bis del d.lgs. n.150 ripetono i precetti del tutto analoghi di cui all’art. 6 del d.p.r. 9 maggio 2016, n. 105.
4.2 La “legificazione” delle prescrizioni delle L.G.
Come si vedrà meglio in seguito, sembrerebbe necessario “legificare” alcune importanti indicazioni contenute nelle Linee Guida, onde assicurare loro un livello adeguato di cogenza e la garanzia di un presidio di tipo sanzionatorio.
4.3. La non necessità di un nuovo provvedimento normativo
Sul piano formale, per esigenze di carattere pratico sarebbe auspicabile che la necessaria riforma della valutazione delle politiche pubbliche, non porti ad un’integrale rivisitazione della materia con un nuovo provvedimento (e basti al riguardo citare il nuovo Codice degli Appalti).
Se le norme necessitano indubbiamente di un apporto realmente novativo, sarebbe opportuno operare con interventi mirati sul d.lgs. 150 in modo da ricondurre in un unico ambito tutta la disciplina.
Al limite, in alternativa, si potrebbe anche prefigurare un percorso al termine del quale ritrasferire la disciplina relativa delle diverse istituzioni centrali e locali nell’ambito del Testo Unico sul P.I. di cui al d.lgs. n. 165/2001, in quanto la valutazione rappresenta comunque un cardine fondamentale del lavoro pubblico.
4.4. La direzione di marcia
I contorni teorico-sistematici della materia non avranno mai un assetto definitivo a causa del sopravvenire continuo di nuove esigenze e nuove funzioni connaturate con l’evolversi delle funzioni e dell’organizzazione dell’amministrazione.
L’impianto esistente necessita dunque di non molte -- ma assolutamente fondamentali – revisioni:
-
- per eliminare quelle disposizioni che di fatto vanificano le potenzialità del sistema;
- per risolvere le contraddizioni.
E’ inutile ripetere che le molte disposizioni, del tutto corrette sono tuttavia rimaste sulla carta, per la mancanza di deterrenze, di presidi e di sanzioni.
Ed è questa una delle direzioni fondamentali su cui si dovrebbe operare.
5. Dalla “valutazione” alla “valorizzazione”: alcune possibili innovazioni del d.lgs. n. 150/2009 e s.m.i.
5. 1. Articolo 3
a) La valutazione dei comportamenti
A volte i giudizi sul conseguimento degli obiettivi nascondono impliciti giudizi sulle persone. Questo è un profilo problematico non solo molto controverso, ma anche molto avversato dagli interessati, ma sul quale si dovrebbe comunque fare un passo avanti, anche nel loro stesso interesse.
I comportamenti individuali e personali devono rilevare in questi ambiti con particolare riguardo ai rapporti in ufficio, con il pubblico, e nella vita privata: analogamente alle valutazioni su magistrati, sui prefetti, sui militari e su tutti i soggetti comunque deputati ad esprimere la volontà dell’amministrazione.
Ma tale valutazione deve avvenire in un quadro di certezze giuridiche per i valutati, ma anche per i valutatori:
Nell’ambito attuale della norma, il giudizio sulla performance individuale in realtà non ricomprende strettamente tutti i comportamenti e non tiene conto anche di alcuni aspetti che qualcuno potrebbe anche non ritenere ricompresi nella valutazione.
Si dovrebbe invece porre una disposizione specifica che, per così dire, “normativizzi” la valutazione sui comportamenti, in analogia con quanto previsto al punto 5.1.2 delle linee guida n.2/2017.
La L.G. mi sembra una fonte un po’ troppo debole per dare concretezza al tipo di valutazione.
b). Un sistema sanzionatorio a presidio di erogazioni indebite
Il generale rispetto del principio del riconoscimento del merito e della premialità delle prestazioni farebbe ritenere più opportuno presidiare la relativa attribuzione con le necessarie, concrete e graduate misure di deterrenza sul piano procedimentale per evitare erogazioni a pioggia pur in presenza di gravissimi disservizi e disastri che rendono la retribuzione di risultato assolutamente indebita e socialmente inaccettabile.
In tali casi di dovrebbe individuare i soggetti tenuti alla denuncia alle competenti Procure della Repubblica e della Corte dei Conti.
5.2. Articolo 4
L’esigenza di agganciare i Piani della performance al ciclo del bilancio è già prevista dall’art. 4 secondo comma, lett. b).
Si tratta di una esigenza comune a tutti gli operatori -- ben descritta nella sua sequenza nel box 2 delle linee guida sui SMVP -- per la cui completa attuazione si dovrebbe andare a meglio definire il confine – oggi incerto tra i poteri dell’Amministrazione e quelli (“superiore non recognoscens”) delle strutture delle Ragionerie.
5.3. Articolo 5
a) La classificazione degli obiettivi
Le categorie ivi previste certamente devono restare ferme,
Validissima è la ripartizione rispettivamente tra:
-
- obiettivi generali, che in coerenza con le priorità delle politiche pubbliche nazionali nel quadro del programma di Governo, identificano le priorità strategiche delle pubbliche amministrazioni in relazione alle attività e ai servizi erogati;
- obiettivi specifici triennali di ogni pubblica amministrazione relativi alle attività ed ai servizi erogati.
Tuttavia le predette definizioni normative, in primo luogo, non mi sembra tengano sufficientemente conto della diversità delle molteplici attività dell’amministrazione. In tale direzione ad esempio ricordo le funzioni:
- di regolamentazione dei diversi settori della vita delle collettività, e in alcuni ormai sempre più sporadici casi di regolazione (cioè di limitazione di diritti per finalità di interesse generale alle attività private);
- fornitrici di servizi;
- funzioni di indirizzo gli altri organi, di controllo, di coordinamento ecc. ecc.
- di trasferimento di risorse (es: box 1 par. 3 della L.G. n.1/2017).
In ogni caso le molteplici attività, meglio descritte nel Glossario-Appendice 2, delle L.G. n. 1/2017 sul Piano della Performance, andrebbero recepite in un provvedimento di valore legislativo.
Nell’ambito degli obiettivi specifici dovrebbe procedersi all’identificazione delle attività che hanno un carattere di assoluta ordinarietà e quindi sono del tutto estranei alle grandi finalità di carattere politico-amministrativo.
Si tratta delle attività nel cui ambito la misurazione deve essere accuratamente agganciata sia a standard “di continuità” che alla generazione di un plus-servizio o anche solo di un risparmio.
Tali linee di attività, proprio per attenere a prestazioni indispensabili, nell’ottica della valutazione rilevano quindi:
- in primis in senso negativo, cioè per i casi di interruzione o diminuzione delle prestazioni che spesso hanno una grande importanza per il pubblico degli utenti e dei cittadini (es. attività ordinaria delle scuole);
- in secundis, nel caso di inserimento di eventuali obiettivi di miglioramento, possono essere apprezzati sul piano del raggiungimento dei relativi risultati (per stare nell’esempio, il recupero dell’abbandono scolastico).
In altre parole, oltre alle valutazioni delle finalità di miglioramento e di raggiungimento di nuovi traguardi, si dovrebbero misurare e valutare gli standard delle ordinarie prestazioni amministrative.
b) Il parere vincolante dell’OIV sugli obiettivi.
Gli OIV, di fronte a proposte in sede di Piano della performance di obiettivi inutili, incongrui, privi di rilievo (quando non ridicoli), dispongono, a tutto voler concedere, di un generico potere di moral suasion che tuttavia sovente è sufficiente ad evitare la loro allocazione nei Piani.
Si dovrebbe però prevedere, in alternativa, o un parere vincolante dell’OIV sugli obiettivi da inserire nel Piano della performance ovvero un vero proprio stralcio d’ufficio.
Tale parere negativo naturalmente potrebbe essere alternativamente superato:
- da un contrario espresso avviso del ministro;
- dalla possibilità di far luogo ad un’approvazione parziale del Piano, con il conseguente stralcio degli obiettivi inseriti. In tal caso si dovrebbe diminuire percentualmente la possibilità del dirigente di conseguire il premio di risultato (vedi anche infra sub art. 14, comma 4, lett. c).
Ciò non solo per evitare contrasti con le strutture deputate ma soprattutto per evitare future difficoltà per il dirigente interessato in sede di valutazione dei risultati.
5.4. Articolo 5
a) Il superamento dei sistemi analogici
I moduli analogici di misurazione, comunque facilmente manipolabili, appaiono oggettivamente inidonei a fornire i dati necessari a valutare e ad erogare di conseguenza le componenti premiali della retribuzione.
Per ogni seria riforma si deve in primo luogo prevedere -- in relazione al disposto dell’art. 40, comma 1 del d.lgs. 7/03/2005 n. 82 C.A.D. ed alle norma sulla dematerializzazione – l’obbligo ineluttabile per tutti gli enti che non l’hanno di impiantare:
- un sistema informatizzato del controllo di gestione;
- un sistema di misurazione e valutazione informatizzato.
Entrambi devono essere automaticamente collegati con la gestione del bilancio ed entrambi devono essere alimentati in automatico dai sistemi di gestione del bilancio.
Alcuni dei sistemi in vigore sono obsoleti, altri sono assolutamente incapaci di fornire dati reali, altri ancora sono assistiti da algoritmi strutturalmente inidonei a differenziare in modo sufficiente le valutazioni.
In ogni caso sarebbe opportuno inserire al comma 2 bis anche l’obbligo di aggiornare periodicamente e di sottoporre anche i sistemi del controllo di gestione e di valutazione già esistenti, onde verificarne la correttezza metodologica previo:
- parere obbligatorio preliminare dell’OIV
- parere vincolante del Dipartimento.
Entrambi devono essere diretti ad attestare la non “modificabilità” del sistema del controllo di gestione, l’impossibilità di eventuali “aggiustamenti” dei risultati e la loro efficienza ed efficacia.
c) L’accesso dell’OIV a tutti i dati non espressamente classificati dell’amministrazione
L’espressione usata dal comma 4-ter dell’art. 14 per cui la verifica dell’andamento delle performance è collegata “anche alle risultanze dei sistemi di controllo di gestione”, si è rivelata in molte realtà insufficiente a garantire tale diritto di informazione e l’esercizio della relativa funzione.
Non sempre amministrazioni che hanno impiantato il controllo di gestione hanno infatti consegnato le “chiavi nel cruscotto” di controllo all’OIV.
C’è un’assoluta necessità di dare una reale concretezza alla norma:
- per consentire l’accesso dell’OIV in tempo reale per la verifica di dati dubbi provenienti dalle strutture;
- per evitare le defatiganti richieste istruttorie assicurando così la semplificazione e la collaborazione dell’OIV con le strutture amministrative.
Si deve perciò prevedere che gli OIV possano, e debbano, sempre e comunque avvalersi direttamente delle risultanze dei sistemi di controllo strategico e di gestione presenti nell'amministrazione” ed a tal fine “accedono in modo diretto ed immediato – alle risultanze del controllo di gestione presenti nel sistema informatico che contengono elementi relativi ai risultati, nonché di accedere ai documenti relativi alla “regolarità tecnica, amministrativa e contabile” dell’amministrazione ed agli elementi di gestione rilevanti nella gestione delle società ed enti partecipati”.
d) Il superamento delle autodichiarazioni
In conseguenza delle precedenti osservazioni si dovrebbe quindi affermare formalmente il divieto di valutazioni fondate sul mero riscontro di dichiarazioni ex post dei controllati sulla loro attività.
Il che non vuol dire che debba mancare il contradittorio sulle eventuali situazioni di sofferenza. Anzi la possibilità di acquisire direttamente le risultanze del controllo di gestione, e tutti gli elementi utili ai fini della verifica del ciclo, appare un momento fondamentale per evitare sia che tutto il monitoraggio della performance risulti un’attività fine a sé stessa e sia che il tutto si risolva in un mero ed inutile “teatrino” burocratico.
Inoltre, nel quadro della valorizzazione retributiva dei risultati, l’efficacia delle misurazioni e l’integrazione nel ciclo della performance delle notizie provenienti da tutti i sistemi di controllo interni ed esterni, sono esse stesse una garanzia di equità complessiva del sistema.
5.6. Articolo 14
a) Il ruolo dell’OIV
Richiamando in questa sede delle osservazioni della Commissione speciale del C.d.S. del 11 aprile 2017 (par. n. 00917 del 21/04/2017), si deve ribadire con forza che uno dei punti deboli del sistema e principale ragione della mancanza di incisività degli OIV in molte situazioni, deve essere individuato nel fatto questi ultimi:
- non sono realmente inseriti nei processi operativi e gestionali dell’amministrazione, la cui gestione concreta spesso si allontana anche molto dagli atti formali di programmazione;
- dispongono allo stato di strumenti deboli, irrilevanti ed obsoleti.
Se si vuole dare concretezza al sistema sarebbe necessario apprestare all’OIV un corredo di poteri coerenti con le funzioni di garanzia dei servizi pubblici e della corretta regolazione delle spettanze economiche, ad esso attribuito.
Senza per questo sconvolgere prassi amministrative in uso da anni, si potrebbero prevedere ad esempio:
- oltre all’accesso al sistema informatico di cui sopra, anche il diritto di accesso dell’Organismo Indipendente a tutti gli atti e i documenti degli organi e degli uffici (sul modello analogo a quello dell’accesso del consigliere degli enti locali previsto dall’art. 43 comma 2 T.U. 18 giugno 2000 n.267).
- un potere di accesso agli uffici oggetto di valutazione, con obbligo di verbalizzare le operazioni relative;
- la previa audizione dell’OIV all’atto della firma degli atti principali di programmazione e di bilancio;
- la presenza obbligatoria di un rappresentante dell’OIV, come uditore, in tutti le riunioni dei consigli amministrazione e degli organi collegiali del Ministero;
- la facoltà di indirizzare all’amministrazione questionari ai quali la risposta sia obbligatoria relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini della valutazione, con invito a restituirli compilati e firmati (secondo l’archetipo dei questionari dell’amministrazione finanziaria di cui all’art. 32, comma 1, n. 4, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600);
- l’audizione tutelata dei cd. whistleblowers qualora emergano profili che possano comportare una diretta influenza sulle valutazioni della performance.
b) La validazione parziale della Relazione sui risultati
La validazione unitaria della Relazione sulla performance avrebbe dovuto costituire uno strumento “forte” (se non l’unico) a disposizione degli OIV.
Tuttavia, per l’eterogenesi dei fini di vichiana memoria, tale caratteristica finisce per avere conseguenze tali che ne impediscono in pratica un effettivo utilizzo, data l’assenza della possibilità di graduare la validazione che spesso finisce per far validare anche in caso di dubbi sui singoli items.
Sarebbe opportuno, invece, introdurre la possibilità di far luogo a validazione con graduazioni differenziale, intermedie o anche solo parziali.
All’art. 14, comma 4, lett. c), si dovrebbe tener conto della necessità di superare una valutazione di tipo binario (si/no), onde far luogo a provvedimenti di validazione parziale, con esclusione quindi dei risultati che appaiono in contraddizione con riscontrate disfunzionalità gestionali.
c) Il parere “a richiesta” dell’OIV sulle valutazioni
In numerose realtà i componenti dell’OIV sono stati spesso sollecitati o costretti, dalla palese incongruità tra giudizi e risultanze, a utilizzare la loro personale autorevolezza per esercitare, in via di fatto, una irrituale moral suasion per ristabilire l’equità e l’imparzialità dei giudizi su singoli dirigenti ingiustamente penalizzati.
Si dovrebbe quindi forse valutare l’opportunità di un parere facoltativo dell’OIV “a domanda” dei valutati sulle proprie valutazioni nei casi di contrasto tra il Direttore Generale valutatore ed il dirigente di seconda fascia valutato (anche a tal proposito si richiama il parere del C.d.S n. 917/2017)
Nel medesimo contesto dei compiti di cui di cui all’art. 14, comma 4 lett. e), si potrebbe prevedere, preliminarmente alla formulazione della proposta di valutazione dei dirigenti di vertice –la possibilità dell’OIV di esprimere un parere non vincolante sulle proposte di valutazione formulate dai Capi Dipartimento sui rispettivi Direttori generali.
Ciò al fine di verificare la rispondenza dei giudizi:
- alle risultanze previste dal sistema di valutazione e misurazione della performance;
- ai criteri di congruenza con i principi generali e di ragionevole differenziazione delle valutazioni con altre figure dell’amministrazione;
- all’equità ed al bilanciamento di tutti i giudizi tra gli appartenenti ai diversi settori dell’amministrazione, centrali e periferici;
- alla coerenza e compatibilità rispetto alla performance organizzativa rilevata ai diversi livelli.
Tale parere, oltre alla ricordata funzione di garanzia nei riguardi dei valutati, potrebbe essere uno strumento istruttorio per l’acquisizione di elementi utili al fine della corretta e completa formulazione delle proposta di valutazione dei dirigenti di vertice dell’amministrazione.
d) Le sanzioni per la mancata nomina dell’OIV
Si dovrebbe individuare una qualche forma di sanzione a carico delle amministrazioni che, per un complesso di ragioni, non provvedono (qualche volta intenzionalmente) a nominare l’Organismo in tempo utile per assicurare una funzionalità dell’organo senza soluzione di continuità.
Di qui l’opportunità di inserire una norma espressa che imponga l’obbligo “di anticipare il rinnovo almeno di 6 mesi, e comunque in tempo utile prima della scadenza dell’organo” a pena di impossibilità di erogazione dell’indennità e dei premi collegati con il ruolo dell’OIV al personale.
e) Le guarentigie dei componenti dell’OIV
Infine, andrebbero poi introdotte alcune misure – apparentemente di basso profilo – ma che potrebbero realmente rafforzare le funzioni e l’indipendenza dell’OIV. In particolare si dovrebbe affermare espressamente che:
- deve essere stabilito che i componenti dell’OIV hanno diritto ad una retribuzione se a tempo pieno ovvero ad un’indennità se il rapporto è costituito a tempo parziale;
- tale emolumento deve essere immediatamente individuato dal Ministro procedente nello stesso decreto di nomina (e non rinviato come è prassi nel tempo ….) per evitare tentativi di condizionamento;
- per evitare artate forme di ostruzionismo (quando pur fissato il compenso comunque le indennità non vengono pagate) deve essere previsto che l’erogazione sia a base mensile;
- si dovrebbe prevedere che, in caso di ritardi o di contestazioni sul quantum, gli interessati possano invocare l’intervento in via sussidiaria del Dipartimento della funzione pubblica.
Conclusioni
Nel breve tempo assegnatomi ho messo molta, forse troppa carne sul fuoco e me ne scuso.
Peraltro so bene che molte cose che ho detto sarebbero senz’altro auspicabili ma forse non sono concretamente possibili.
Per converso quelle che sono possibili ritengo che non siano sempre auspicabili.
Ma -- come tutti i sognatori -- cerco di fare sempre e comunque la mia piccola parte.
Roma 11 Dicembre 2018
Umberto Realfonzo
Consigliere di Stato
Pubblicato il 26 gennaio 2019