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19/02/2024 - Impugnabile il provvedimento di nomina della commissione solo nella fase finale della procedura

Dal sito leautonmie.it un articolo di Luigi Olivhari

L’impugnazione del provvedimento di nomina della commissione di gara può avvenire solo nella fase conclusiva, con l’approvazione delle operazioni di gara, quando la lesione subita dall’operatore economico è concretamente riscontrabile.

Lo ha chiarito il T.A.R. Lazio, Roma, con sentenza n. 2290 del 06/02/2024.

La scadenza temporale per l’impugnazione

I giudici hanno preso in considerazione lo specifico momento in cui è possibile procedere all’impugnazione del provvedimento di nomina della commissione, precisando che nelle gare pubbliche detto provvedimento, al pari degli atti compiuti dalla Commissione nel corso del procedimento di gara, non produce di per sé un effetto lesivo immediato, e comunque tale da implicare l’onere della immediata impugnazione nel prescritto termine decadenziale.

Di conseguenza la nomina dei componenti può essere impugnata dal partecipante alla selezione, che la ritenga illegittima, solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni di gara, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato (così si è espresso il Cons. Stato n. 2253/22; nello stesso senso Cons. Stato n. 7595/19, n. 193/19, n. 2835/18, n. 92/15).

La necessità che le censure siano circostanziate

In base alla giurisprudenza più consolidata, quando il vizio di composizione o di funzionamento della commissione di gara è fatto valere ex post, quale vizio che ridonda sull’aggiudicazione, il ricorrente dovrebbe quanto meno individuare un legame tra il vizio riscontrato e gli esiti valutativi in relazione alla propria (o all’altrui) offerta” (così Cons. Stato n. 2914/23; nello stesso senso Cons. Stato n. 3297/21).

Inoltre, in base ad una più rigorosa impostazione, “le censure relative alla composizione e/o alle modalità di designazione della commissione giudicatrice devono essere corredate, a pena di inammissibilità, dall’allegazione di evidenti travisamenti o incongruenze nell’esercizio dell’attività valutativa, posto che, in caso contrario, si risolverebbero in un’astratta pretesa di controllo di legittimità dell’azione amministrativa” (Cons. Stato n. 2886/23).

La corretta composizione della commissione

Secondo la giurisprudenza più accreditata, “la legittima composizione della Commissione di gara presuppone la prevalente, seppur non esclusiva, presenza di membri esperti del settore oggetto dell’appalto, mentre il riferimento al “settore” cui afferisce l’oggetto del contratto significa che rileva la competenza per aree tematiche omogenee, anche se non per tutte e ciascuna delle materie rientranti nell’area tematica oggetto dell’appalto o addirittura per i singoli e specifici aspetti presi in considerazione dalla legge di gara ai fini valutativi” (Cons. Stato n. 3442/22).

In quest’ottica “la giurisprudenza prevalente è orientata nel senso di non richiedere una perfetta corrispondenza tra la competenza dei membri della Commissione, anche cumulativamente considerata, ed i diversi ambiti materiali che concorrono alla integrazione del complessivo oggetto del contratto, dovendosi avere riguardo ad una dimensione di complementarietà… È, in altri termini, richiesta una esperienza e competenza che consentano ai commissari di esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, e non già limitata alle singole e specifiche attività oggetto del contratto” (così Cons. Stato n. 7235/21; nello stesso senso Cons. Stato n. 7832/2020, n. 4458/19, n. 5603/18).

L’evoluzione della regola sulla incompatibilità a far parte della commissione di gara

I giudici hanno sottolineato l’evoluzione della regola concernente l’incompatibilità a far parte della commissione di gara riguardante colui che abbia approvato la legge di gara.

Il Collegio ha evidenziato che detta causa d’incompatibilità è l’espressione di una scelta legislativa e non già di un principio generale necessario; ciò risulta confermato dalla successiva evoluzione normativa espressa nell’art. 93 del D.Lgs. n. 36/23, ove è stata eliminata l’ipotesi di incompatibilità endoprocedimentale perché, come emerge dalla relazione illustrativa del nuovo codice, tale incompatibilità “aveva comportato disagi alle stazioni appaltanti (specie di dimensioni ridotte) impendendo loro di nominare commissari dipendenti che nelle fasi precedenti della procedura si erano occupati dell’appalto” per cui “si è reputato opportuno superare la presunzione di condizionamento sulla scelta dell’aggiudicataria, preferendo l’idea che essi, conoscendo in maniera più approfondita l’oggetto dell’appalto, possano più agevolmente individuare l’offerta migliore”.

La competenza dirigenziale a presiedere la commissione

I giudici hanno evidenziato come il superamento del regime di incompatibilità sopra delineato sia coerente con il ruolo attribuito, negli enti locali, alla figura del dirigente al quale l’art. 107 d. lgs. n. 267/00 espressamente riconosce la competenza esclusiva in riferimento sia all’adozione degli atti a rilevanza esterna che alla presidenza delle commissioni di gara (oltre che di concorso).

Secondo i giudici, tale commistione di funzioni, per effetto della quale negli enti locali il dirigente contestualmente approva gli atti di gara e presiede la relativa commissione, risponde all’esigenza di garantire l’espletamento ottimale delle funzioni dirigenziali attraverso il controllo totale della procedura in tutte le sue fasi.

Tale impostazione, è coerente con una pluralità di principi costituzionali.

Viene, in rilievo, innanzi tutto, la garanzia costituzionale delle funzioni amministrative degli enti locali riconosciuta dall’art. 128 Cost.; a livello di legge ordinaria, tale rilevanza è espressamente sancita dal disposto dell’art. 1 comma 4 d. lgs. n. 267/00 secondo cui, “ai sensi dell’articolo 128 della Costituzione, le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”.La tesi che, in ossequio al disposto dell’art. 107 d. lgs. n. 267/00, riconosce al medesimo dirigente che abbia adottato gli atti di gara anche il compito di presiedere la commissione, è, poi, in sintonia con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., come, del resto, desumibile anche dalla relazione di accompagnamento al nuovo codice laddove ritiene che, in tal modo, i commissari “conoscendo in maniera più approfondita l’oggetto dell’appalto, possano più agevolmente individuare l’offerta migliore”.

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