15/09/2023 Concorsi: l’assessment center a porte chiuse conferma i rischi di opacizzazione connessi alle riforme del reclutamento.
L’assessment center si rivela sempre più un sistema alchemico di attribuzione di punteggi, al di là del confine della discrezionalità e vicinissimo all’arbitrio, limitabile solo dalla coscienza dei valutatori.
Tanto è vero che il Tar Lombardia, con sentenza 6 settembre 2023, n. 2058 del ammette che i colloqui possano avvenire nel modo più opaco ed imperscrutabile possibile, al chiuso e lontano da qualsiasi occhio e orecchio.
La decisione, sul piano dello stretto diritto, è ineccepibile: valutazioni del tipo psicoattitudinale sono all’evidenza a rischio di violare i diritti alla riservatezza del candidato e frutto dell’applicazione di una discrezionalità tecnica molto verticale, tale da sottrarsi al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
Sostanzialmente, quindi, sulle prove dell’assessment center non esiste tutela giurisdizionali per i candidati. Solo il giudice penale potrebbe essere chiamato a conoscere della selezione svolta utilizzando tale sistema, ovviamente in presenza di situazioni di fatto che possano rappresentare reato.
L’abolizione del reato di abuso di ufficio potrebbe costituire una prateria immensa per rendere l’assessment center terreno ideale di pesante orientamento di simile valutazione in modo da favorire chi deve essere favorito, inutile negarlo.
Sappiamo bene dell’esistenza di una foltissima dottrina e di un altrettanto solido sistema di consulenti favorevolissimi all’assessment center, visto come l’oracolo che consentirà alla PA di divenire più bella e più superba che pria e il DM 28.9.2022 ha già introdotto tale sistema per regolamentare l’accesso alla dirigenza, in ossequio al Pnrr.
La parola d’ordine è “fare come il privato”. Senza considerare che, da un lato, i datori privati che ricorrono a sistemi come l’assessment center per i loro reclutamenti sono una percentuale infinitesimale, ma soprattutto, dall’altro, che il miraggio dell’imitazione del privato da parte della PA porta da 30 anni circa continuamente fuori strada, perchè non si ha la volontà di comprendere le differenze abissali ed intrinseche ai due mondi, dovute non alla luce con la quale si possa guardare a loro da parte degli interpreti, ma ad un dettaglio trascurabile come la Costituzione. La quale, solo per inciso, pretende, guarda un po’, che l’accesso agli impieghi nella PA avvenga tramite concorsi pubblici. E per pubblici non si intende semplicemente e banalmente che essi siano preceduti da bandi pubblicati, ciò che costituisce proprio il contenuto minimo del concetto di pubblicità; per “pubblico” si intende la massima apertura (anche perchè esistono altri dettagli come gli articoli 3 e 51 della Costituzione stessa) alla partecipazione e la più totale ed ampia pubblicità alle prove.
Non risulta chiaro a troppi che un metodo come l’assessment center nel privato costituisce una forma di autolimite alla discrezionalità totale, anzi al puro arbitrio assolutamente insindacabile, di cui gode il datore nello scegliere chi, dove, come, quando e perchè assumere.
Vigente l’attuale Costituzione, l’assessment center nel reclutamento della PA assolve esattamente alla funzione opposta: introdurre, cioè, margini di discrezionalità assoluta, avulsa da obblighi di pubblicità e dunque perfino di valutazione, inscalfibile da controlli e dalla giurisprudenza di legittimità.
Uno spazio per “iniziati”, lasciato nelle mani di “esperti” incaricati (l’estensione dell’assessment center nella PA è ovviamente un buon affare per le ditte di “cacciatori di teste”) di effettuare le valutazioni psicoattitudinali, come sacerdoti di riti ancestrali nel chiuso delle celle dei templi ospitanti la statua dedicata alla divinità.
I cittadini e i partecipanti ai concorsi non possono fare altro che fidarsi dell’irreprensibilità tecnica ed etica di tali “officianti”, la cui parola, in concorsi nei quali il punteggio alla valutazione psicoattitudinale abbia un peso decisivo, finisce, ovviamente, per essere dirimente e decisiva, più di qualsiasi prova pratica, di qualsiasi valutazione di esperienza, di qualsiasi indagine sul “saper fare”.
Nel chiuso blindato delle prove attitudinali, il puntino in più o in meno, insindacabile, imperscrutabile, apre o chiude le porte all’accesso agli impieghi nella PA.
Nel comunicato del Presidente dell’Anac 20 giugno 2023 si legge: “l’Autorità ricorda che la legge 190/2012, all’art. 1 comma 16, nell’individuare alcune aree di rischio comuni a tutte le amministrazioni, ha ricompreso tra queste proprio quella dei concorsi e delle prove selettive per l’assunzione del personale nonché quella delle progressioni di carriera. Alle amministrazioni e agli enti cui si applica la legge 190/2012, spetta, in particolar modo, assicurare la massima trasparenza dell’area dei concorsi, come previsto dall’art. 19 del d.lgs. 33/2013 al fine di prevenire forme di cattiva gestione che ledano il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Si raccomanda, inoltre, di avere cura, nella predisposizione di bandi di concorso e procedure assimilate, di non ricorrere a clausole o previsioni che abbiano come effetto quello di restringere indebitamente la platea dei potenziali concorrenti, ad esempio, fissando un requisito di accesso alla procedura che limita di fatto irragionevolmente la partecipazione, e, in generale, di scongiurare la predisposizione di bandi tali da suscitare anche solo il sospetto che le relative procedure concorsuali favoriscano soggetti predeterminati”.
Inutile girarci intorno: per quanto valutazioni sul saper essere e sulle attitudini siano opportune, introdurre un sistema come l’assessment center nell’ambito delle procedure concorsuali finisce solo per estendere ed accentuare i rischi che la legge 190/2012 intende limitare. Perchè l’animo umano contempla l’irreprensibilità, l’etica e la correttezza, ma anche il loro esatto contrario.
Il sistema dell’assessment può essere utilissimo in modalità selettive di diversa natura, che contemplino punti di osservazione prolungati nel tempo e comunque sempre trasparenti e motivabili.
Utilizzare la valutazione attitudinale per “stati d’avanzamento” in metodi di assunzione come l’apprendistato, i contratti di formazione e lavoro, i corsi concorso, è certamente utile e più meditato e produttivo, anche per la migliore possibilità di verificare realmente sul campo le capacità relazionali ed attitudinali. In un concorso, invece, tutto si opacizza e diviene preda di possibili influenze da scongiurare.
La sentenza del Tar Milano dovrebbe fungere da monito. Il timore è, invece, che possa essere vista come la “patente” che sblocca l’opacizzazione spinta delle procedure di reclutamento.