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18/10/2023 - Il CGARS si esprime sulla natura dell’ordinanza di demolizione e sui profili soggettivi ed oggettivi relativi alla sua applicabilità

Tratto da: ildirittoamministrativo.it

Per ormai consolidata e pacifica giurisprudenza, che il Collegio condivide, «in presenza di un’opera abusiva non è configurabile alcun legittimo affidamento che possa giustificarne la conservazione» (Cgars., sez. riun., 28 luglio 2021, n. 263; idem Cons. Stato, sez. VI, 26 settembre 2022, n. 8264).

La pretesa inerzia dell’Amministrazione comunale non può in alcun modo far divenire legittimo ciò che sin dall’inizio era illegittimo, ossia l’edificazione sine titulo.

Tale inerzia, della quale si è comunque giovata la ricorrente, non può certamente radicare alcun affidamento di carattere legittimo in capo a chi ha commesso l’abuso, a maggior ragione nel caso in esame, nel quale era ben nota la natura abusiva dell’opera realizzata.

Come riferito dal Comune nel rapporto ex art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971 «nei progetti allegati alla concessione e presentata dalla ditta a parere di questo estensore non vi furono errori in quanto i locali da sanare vengono evidenziati dal colore giallo, così come previsto per le sanatorie viene indicata all’interno di ogni vano la superficie utile, e ancora meglio in modesta leggenda viene indicata la superficie utile e il volume da condonare. Il tutto coincidente con i modelli, stessa identica cosa viene indicata nella relazione tecnica illustrativa facente parte integrante della concessione in sanatoria n° 119/2004.» e per di più «[i]n detto progetto allegato alla concessione la ditta inserisce un vano con bagno non presente nella licenza edilizia dall’anno 1968, tentando di farlo passare quale opera esistente, comunque non oggetto di intervento di sanatoria.».

L’inesatta rappresentazione da parte del privato delle circostanze, in fatto e in diritto, poste a fondamento dell’atto a lui favorevole non consente di configurare in capo al medesimo una posizione di affidamento all’emanazione del provvedimento favorevole.

Quanto infine al denunciato interesse pubblico concreto e attuale al ripristino dello stato dei luoghi è sufficiente ricordare che: «il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino» (Cons. Stato, Ad. Plen, 17 ottobre 2017, n. 9).

La censura non merita, pertanto, accoglimento.

Con riferimento al motivo, col quale si lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento che ha portato all’emanazione dell’ordinanza impugnata, non sussiste la dedotta violazione di legge «poiché, per pacifica giurisprudenza, gli atti repressivi di abusi edilizi, in quanto costituenti attività dovute, non richiedono di essere preceduti da comunicazione di avvio del procedimento (Cgras, sez. riun., 5 gennaio 2021 n. 29; Cons. Stato, sez. VI, 8 giugno 2020, n. 3636). L’ULL correttamente evidenzia che, nel caso di specie, l’atto impugnato costituisce la fase terminale del procedimento sanzionatorio, di cui i ricorrenti erano senz’altro a conoscenza ed essi non avrebbero potuto, comunque, apportare all’azione amministrativa alcun utile spunto procedimentale, come emerge anche dal contenuto del presente gravame.» (Cgars, sez. riun., 25 maggio 2021, n. 203).

Contrariamente all’assunto della ricorrente, l’ordinanza di demolizione, con la quale l’autorità preposta alla tutela del territorio provvede alla repressione degli illeciti in materia edilizia e urbanistica, si connota come un preciso obbligo dell’Amministrazione, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo.

In sostanza, verificata la sussistenza del manufatto abusivo, l’Amministrazione ha il dovere di adottare l’ingiunzione a demolire, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore, con l’ulteriore conseguenza che non è necessaria la preventiva comunicazione di avvio del procedimento né un’ampia motivazione. (ex plurimis, Cgars, sez. riun., 21 marzo 2023, n. 223/2023).

In ultimo, deve anche considerarsi che l’eventuale carenza procedimentale della mancata previa comunicazione di avvio del relativo procedimento non può condurre per ciò solo all’annullamento dell’ordinanza di demolizione ex art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

In base alla regola di cui all’art. 21 octies, introdotto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce causa di annullamento nelle ipotesi in cui risulti dimostrato, come nel caso in esame, che il provvedimento non avrebbe avuto un contenuto diverso da quello concretamente adottato.

In conclusione «[l]’attività di repressione degli abusi edilizi mediante l’ordinanza di demolizione, costituendo un’attività di natura vincolata, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati» (Cons. Stato, sez. II, 15 maggio 2023, n. 4851/2023).

CGARS, Sez. riunite, del 5 ottobre 2023, n. 419.

 

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