Salta ai contenuti. | Salta alla navigazione

Strumenti personali

Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
Tu sei qui: Home / Archivio News / Anno 2023 / Ottobre / 11/10/2023 - IMU - Esenzione

11/10/2023 - IMU - Esenzione

tratto da def.finanze.it

Ordinanza del 02/10/2023 n. 27761 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Salva testo

TESTO

Intitolazione:

IMU - Esenzione.

 

Massima:

Di regola, l'esenzione di cui al Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, art. 7, comma 1, lettera i), postula l'utilizzazione diretta del bene, in quanto l'utilizzazione diretta del bene da parte dell'ente possessore è condizione necessaria perché a quest'ultimo spetti il diritto all'esenzione prevista dall'art. 7, nel caso di esercizio delle attività considerate dalla norma come esentabili. Infatti, l'esenzione esige la duplice condizione dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dell'esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. L'esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse. La circostanza che l'utilizzazione indiretta del bene trovi titolo in un contratto di comodato non è comunque sufficiente a giustificare l'applicazione dell'agevolazione. Infatti, in tema di imposta comunale sugli immobili, l'esenzione di cui al Decreto citato, spetta soltanto se l'immobile viene impiegato direttamente dall'ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, sicché l'utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso (nella specie, un'associazione sportiva) da quello a cui spetta l'esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l'agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall'ente commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

 

Testo:

RILEVATO CHE:

1. oggetto del contendere sono quattro dinieghi di rimborso I.M.U. relativi agli anni 2012/2013/2014/2015 richiesti dall'Università degli Studi di Padova in relazione ad altrettanti immobili (1. Residenza "(------)"; 2. Mensa "(-----)"; 3. Residenza "(------)"; 4. Complesso "(------)", ospitante la biblioteca circolante) concessi in comodato d'uso gratuito all'Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (da ora E.S.U.) sulla base di due convenzioni del 28 ottobre 2004 e 23 aprile 2014;

2. con l'impugnata sentenza la Commissione regionale del Veneto respingeva l'appello del Comune di Padova contro la sentenza n. 364/2/2018 della Commissione tributaria provinciale di Padova, assumendo - per quanto ora occupa in relazione ai motivi di impugnazione - che:

- "L'utilizzo non commerciale di detti immobili - anche senza il pur utile apporto della consulenza tecnica di parte prodotta in primo grado (le cui conclusioni favorevoli alle tesi dell'Università e dell'ESU, non sono state validamente contrastate dal Comune) - è comprovato dalla stessa legge regionale istitutiva dell'Agenzia regionale per il diritto allo studio, la quale esplicitamente cita la legge nazionale L. n. 390 del 1981 "Legge sul diritto agli studi universitari", finalizzata all'attuazione degli artt. 3 e 34 Cost., e non prevede lo svolgimento principale di attività aventi scopo di lucro bensì contributi pubblici finalizzati" (v. pagine nn. 4 e 5 della sentenza impugnata);

- "ESU è un ente non commerciale funzionalmente strumentale dell'università che in forza di apposite convenzioni (...) favorisce il diritto allo studio universitario di quella fascia di studenti meno abbienti" (v. pagina n. 5 della sentenza impugnata);

- acclarata la natura non commerciale dell'ESU, la Commissione ha ritenuto avente funzione chiarificatrice la Risoluzione del MEF n. 4/D del 4 marzo 2013, secondo cui "(...) nella particolare ipotesi in cui l'immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato ad altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) possa trovare applicazione l'esenzione in oggetto"" (v. pagina n. 6 della sentenza impugnata);

- l'esercizio delle attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), "da parte dell'ESU deve essere considerato come svolto direttamente dall'Università, la quale solo per ragioni economiche - godimento di contributi regionali - e pratiche le demanda ad un ente terzo che risulta - vedasi anche i controlli sugli organi operativi di questo (L.R. n. 8 del 1998, artt. 4, 7 ed 8) - in stretta connessione strumentale" (v. pagina n. 6 della sentenza impugnata);

3. con ricorso notificato, in data 3/4/7 febbraio 2020, ai controricorrenti in epigrafe indicati, il Comune di Padova proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando tre motivi di censura, successivamente illustrati con la memoria di cui all'art. 380-bis. 1. c.p.c., depositata il 22 maggio 2023;

4. l'Università degli Studi di Padova e l'E.S.U. resistevano con controricorsi rispettivamente notificati l'8 maggio 2020 ed il 19 maggio 2020, anch'essi successivamente depositando le memorie di cui all'art. 380-bis. 1. c.p.c., depositate il 26 maggio 2023.

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo di impugnazione il Comune di Padova ha eccepito, in relazione al paradigma censorio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), nonchè del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis come modificato dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, "per avere il giudice d'appello ritenuto spettante l'esenzione nonostante gli immobili non fossero utilizzati dall'Università degli studi di Padova, bensì concessi in comodato d'uso all'Esu, Azienda regionale per il diritto allo studio, e mancasse, quindi, il requisito soggettivo della utilizzazione diretta richiesto dalla norma di esenzione" (così nella puntuale sintesi del motivo alle pagine nn. 2 e 3 del ricorso);

2. con la seconda censura la ricorrente ha dedotto, sempre in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), nonchè del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis come modificato dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, "per avere il giudice d'appello ritenuto sussistente anche il requisito oggettivo prescritto dalla norma di esenzione, ovvero l'utilizzo non commerciale degli immobili in ragione della (sola) natura giuridica dell'Esu, quale ente non commerciale senza scopo di lucro" (così nella puntuale sintesi del motivo a pagina n. 3 del ricorso);

3. con la terza doglianza l'ente territoriale ha lamentato, ancora una volta in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), nonchè del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis come modificato dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, "per avere il giudice d'appello ritenuto provata la non commerciabilità delle attività svolte da Esu in ragione della (sola) natura giuridica dell'Azienda regionale, quale ente non commerciale senza scopo di lucro" (così nella puntuale sintesi del motivo a pagina n. 3 del ricorso);

4. va disattesa l'istanza, formulata dall'Università degli Studi di Padova, di trattazione della causa in pubblica udienza, non ricorrendone le condizioni, tenuto conto del fatto che le questioni giuridiche poste sono già state affrontate da questa Corte con plurime pronunce, nei termini che verranno qui ribaditi, risultando poi la sede dell'adunanza camerale del tutto compatibile con la rilevanza economica della controversia (cfr., su tali principi, tra le tante, Cass., Sez. VI/T, 22 ottobre 2022, n. 31679, che richiama Cass., Sez. 5, 5 marzo 2021, n. 6118; Cass., Sez. 5, 30 marzo 2021, n. 8757; Cass., Sez. U. civ., 5 giugno 2018, n. 14437 e Cass., Sez. U. civ., 23 aprile 2020, n. 8093);

5. il ricorso va accolto nei termini che seguono, pacifiche risultando le illustrate circostanze di fatto e cioè che i suindicati quattro immobili di proprietà dell'Università erano negli anni in contestazione (2012/2015) detenuti da ESU in comodato d'uso gratuito e destinati ad attività ricettiva e di ristorazione, nonchè (il complesso (Omissis)) al servizio biblioteca;

5.1. si discute della debenza o meno dell'esenzione dal pagamento dell'I.M.U. per gli anni 2012/2015, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i) la cui previsione risulta pacificamente applicabile, ai sensi del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 8, ratione temporis applicabile, che ha richiamato, ai fini I.M.U., le predette esenzioni;

6. il primo motivo di ricorso, fondato sulla dedotta insussistenza della condizione (di natura oggettiva e non soggettiva, come ritenuto dal Comune) dell'utilizzazione diretta ed esclusiva dei beni da parte dell'Università degli Studi di Padova, non può essere accolto;

6.1. non v'è dubbio che la giurisprudenza di questa Corte sia ferma nel ritenere che - di regola - l'esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), postuli l'utilizzazione diretta del bene, essendosi, anche di recente, ribadito, con affermazione di principio valevole anche per la fattispecie agevolativa in esame, che:

- "l'orientamento consolidato di questa Corte afferma che l'utilizzazione diretta del bene da parte dell'ente possessore è condizione necessaria perchè a quest'ultimo spetti il diritto all'esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, nel caso di esercizio delle attività considerate dalla norma come "esentabili"";

- l'esenzione "esige la duplice condizione dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dell'esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. L'esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorchè assistita da finalità di pubblico interesse (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18838 del 30/08/2006; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8496 del 09/04/2010; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2821 del 24/02/2012; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14912 del 20/07/2016; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10483 del 20/05/2016; Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 8073 del 21/03/2019; Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19773 del 23/07/2019, relativamente alla lett. a) dello stesso art. 7, comma 1)";

- "La circostanza che l'utilizzazione indiretta del bene trovi titolo in un contratto di comodato non è comunque sufficiente, secondo lo stesso orientamento, a giustificare l'applicazione dell'agevolazione. Infatti, è stato ritenuto che "In tema di imposta comunale sugli immobili, l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), spetta soltanto se l'immobile viene impiegato direttamente dall'ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, sicchè l'utilizzazione, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto diverso (nella specie, un'associazione sportiva) da quello a cui spetta l'esenzione, anche se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude l'agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia anche posseduto dall'ente commerciale che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà o di altro diritto reale." (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14912 del 20/07/2016, cit.)";

- "Nello stesso senso è stato recentemente anche ribadito che "In tema di ICI, poichè l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), esige la duplice condizione dell'utilizzazione diretta dell'immobile da parte dell'ente possessore e della esclusiva destinazione ad attività non produttive di reddito, essa non spetta nel caso di utilizzo indiretto dell'immobile, in virtù di un contratto di comodato, da parte di un soggetto giuridico diverso, anche ove si tratti di utilizzazione senza scopo di lucro e assistita da finalità di pubblico interesse." (Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 8073 del 21/03/2019, cit.)";

- "quanto poi alla natura del titolo sul quale si fonda la concessione del bene al terzo, è stato specificato, sia pure a proposito di altra fattispecie di agevolazione, che, al fine della necessaria coincidenza tra utilizzatore e possessore, "la gratuità dell'utilizzo non muta la natura della concessione stessa, implicante comunque un rapporto tra soggetti giuridici distinti" (Cass., Sez. 5 - Ordinanza n. 3112 del 01/02/2019)" (così Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953, che richiama, per intero, Cass., Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539);

6.2. è stato, nondimeno, chiarito che, a certe, determinate, condizioni, l'utilizzazione indiretta del bene può consentire il riconoscimento dell'esenzione in oggetto, avendo questa Corte più volte precisato, sia pure in relazione ad altra agevolazione, ma - come detto - sulla scorta di un principio avente carattere generale, che "In tema di imposta comunale sugli immobili, l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), spetta non soltanto se l'immobile è direttamente utilizzato dall'ente possessore (nella specie, una fondazione di religione e di culto) per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25508 del 18/12/2015; richiamata, in motivazione, da Cass., Sez. 5 - Ordinanza n. 24308 del 30/09/2019 e da Cass. Sez. 5 - Sentenza n. 6795 dell'11/03/2020)" (così Cass., Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539, richiamata da Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953);

6.3. in tale direzione si è avuto modo di rimarcare che detto ordine di idee concerne "l'ipotesi nella quale "il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell'ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi "compenetrante"", ovverosia il caso "in cui l'immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell'ente concedente per lo svolgimento di un'attività meritevole prevista dalla norma agevolativa. In questo senso, quindi, si è rilevato che "Secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto affermando nella giurisprudenza della Corte, l'esenzione spetta non soltanto se l'immobile è direttamente utilizzato dall'ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente" (Cass. Sez. 5-, Sentenza n. 6795 dell'11/03/2020, cit., in motivazione)" (così, sempre, Cass., Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539, richiamata da Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953);

6.4. nel medesimo senso si è posta l'ordinanza di questa Corte del 25 novembre 2022, n. 34772, che ha confermato "il principio consolidato secondo cui, in materia di i.c.i., l'esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell'immobile da parte dell'ente proprietario, ancorchè per finalità di pubblico interesse (tra le tante, Sez. 5, n. 12495 del 4/06/2014, Rv. 631092 - 01, ...). Tale principio è attenuato solo in limitatissime ipotesi alla luce dell'orientamento secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili, l'esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) spetta non soltanto se l'immobile è direttamente utilizzato dall'ente possessore... per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Sez. 5, n. 25508 del 18/12/2015, Rv. 638082 - 01)" (così Cass., Sez. T, 25 novembre 2022, n. 34772, richiamata da Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953);

7. in tale contesto interpretativo va riconosciuta la peculiarità della fattispecie in rassegna, qualificata dal collegamento funzionale che lega l'Università all'ESU, che il Giudice dell'appello ha ravvisato nella parte in cui ha affermato che detta azienda regionale "è un ente non commerciale, funzionalmente strumentale dell'Università che (...) favorisce il diritto allo studio universitario di quella fascia di studenti meno abbienti";

7.1. detta valutazione di merito, come tale non censurabile nella presente sede, va semmai ulteriormente chiarita, ricordando il contenuto normativo della L.R. Veneto 7 aprile 1998, n. 8 (recante "Norme per l'attuazione del diritto allo studio universitario") secondo cui:

- "La Regione collabora con le Università, con i Consorzi per la costituzione e lo sviluppo degli studi universitari" (art. 1, comma 3);

- "L'attuazione del diritto allo studio universitario si realizza, secondo i criteri di uniformità di trattamento stabiliti ai sensi della L. n. 390 del 1991, art. 4 mediante i seguenti interventi: (...) f) istituzione e gestione di strutture abitative; g) istituzione e gestione di strutture adibite al servizio di ristorazione" (art. 3, comma 1);

- "Gli interventi previsti dal presente articolo sono gestiti dalle Aziende di cui all'art. 5" (art. 3, comma 5);

- "Gli enti per il diritto allo studio universitario situati nelle città sedi di ateneo già istituiti ai sensi della L.R. 22 ottobre 1982, n. 50, sono trasformati in aziende regionali con denominazione ESU - Azienda regionale per il diritto allo studio universitario, di seguito indicata con il termine Azienda" (art. 5, comma 1);

- "L'Azienda è dotata di personalità giuridica pubblica, ha propria autonomia gestionale e imprenditoriale, un proprio patrimonio e proprio personale dipendente" (art. 5, comma 2);

- "Il Presidente dell'Azienda è nominato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, d'intesa con l'Università" (art. 7);

- Il Consiglio di amministrazione dell'Azienda è nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale ed è composto da: (...) due rappresentanti delle Università, di cui uno designato dalla componente studentesca" (art. 8);

7.2. da tali disposizioni emerge che il rapporto che lega l'Università all'ESU non è di semplice collaborazione - come riduttivamente intende la difesa del Comune nella memoria di cui all'art. 380-bis. 1 c.p.c. - caratterizzandosi, invece, per una pregnante presenza del primo ente nell'organizzazione sociale della seconda, in primo luogo, attraverso i due rappresentanti dell'università che rivestono la carica di membri del consiglio di amministrazione dell'azienda, senza trascurare, poi, il predetto intervento dell'Università nella nomina del presidente dell'azienda;

7.3. può allora considerarsi corretta la valutazione del Giudice regionale, che ha ravvisato la sussistenza del requisito in esame nel rapporto di stretta strumentalità tra i due enti nella realizzazione di compiti e nello svolgimento di attività diverse (l'attività didattica in capo all'Università, quella ricettiva e di ristorazione in capo all'ESU), ma istituzionalmente connesse, al fondo riconoscendo una relazione servente, un rapporto funzionale delle prestazioni svolte dall'Azienda rispetto all'attività assicurata dall'Università nella prospettiva, costituzionalmente tutelata e normativamente disciplinata (dalla citata legge reg., che ha attuato le prescrizioni della L. 2 dicembre 1991, n. 300), di assicurare il diritto allo studio ed altresì qualificata da una compenetrazione di tipo organico, in ragione della partecipazione dell'Università all'organo gestorio dell'Azienda;

7.4. ricorre, in tali termini, nella pacifica natura pubblica dell'ESU e della detenzione dei beni da parte di questa in base ad un contratto di comodato d'uso gratuito, il (parte del) presupposto oggettivo dell'esenzione, come riconosciuto dal Giudice regionale, non realizzandosi nella fattispecie alcun effetto distorsivo rispetto alle finalità tutelate dalla norma, in quanto i beni risultano programmaticamente destinati allo svolgimento di reciproci compiti istituzionali in un rapporto sinergico tra l'attività dell'azienda e quello dell'Università;

8. risultano, invece, fondati il secondo ed il terzo motivo di impugnazione, i quali vanno esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, con i quali il Comune ha contestato la decisione impugnata in relazione al presupposto oggettivo dell'esenzione, sotto il profilo dell'utilizzo non commerciale dei beni immobili, la cui sussistenza - sostiene il ricorrente - sarebbe stata sbrigativamente riconosciuta dal Giudice dell'appello in base al solo richiamo alla legge reg. istitutiva dell'ESU, senza però effettuare alcuna verifica circa l'effettivo svolgimento, al di là del della destinazione impressa dalla predetta legge, nell'immobile questione delle attività con modalità non commerciali;

8.1. in effetti, la decisione impugnata risulta sul punto costruita sul rilievo secondo il quale "l'utilizzo non commerciale di detti immobili (...) è comprovato dalla stessa legge regionale istitutiva dell'Agenzia regionale per il diritto allo studio", che "non prevede lo svolgimento principale di attività aventi scopo di lucro, bensì contributi pubblici finalizzati", a cui si è aggiunta la considerazione della "acclarata natura non commerciale dell'ESU" e l'osservazione, fondata sulla citata risoluzione del MEF, in base alla quale l'esercizio delle attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i) da parte dell'ESU deve considerarsi come svolta direttamente dall'Università, svolgendo la predetta Agenzia le suddette attività in stretta connessione strumentale con la prima;

8.2. in tale, chiaro, apparato argomentativo non può valorizzarsi - come ritiene la difesa dei controricorrenti - il passaggio motivazionale utilizzato dalla Commissione regionale nella parte in cui ha fatto cenno al "(...) pur utile apporto della consulenza tecnica di parte prodotta in primo grado (le cui conclusioni favorevoli alle tesi dell'Università e dell'ESU, non sono state validamente contrastate dal Comune) (...) (v. pagine nn. 4 e 5 della sentenza), per sostenere che il Comune non avrebbe colto la suindicata articolazione motivazionale della pronuncia impugnata, costituente autonoma ratio decidendi, con conseguente passaggio in giudicato della pronuncia in rassegna sui predetti specifici punti specifici, e cioè sul fatto che la consulenza tecnica presentata in primo grado, favorevole alle tesi dell'Università e dell'ESU, non era stata validamente contrastata dal Comune;

8.3. come sopra esposto - ma giova ripetersi - il nucleo concettuale fondante la decisione in esame riposa, in realtà, sulla triplice valutazione volta a riconoscere:

(i) che l'utilizzo non commerciale dei beni immobili era comprovato dalla predetta legge regionale istitutiva dell'Agenzia regionale per il diritto allo studio, che menziona la legge nazionale n. 390 del 1981, che non prevede lo svolgimento principale di attività aventi scopo di lucro;

(ii) la natura non commerciale dell'ESU;

(iii) la stretta connessione strumentale tra ESU e l'Università, tanto da far ritenere che l'esercizio delle attività protette fosse svolta direttamente dall'Università;

8.4. non vale, invece, ad integrare autonoma ragione decisoria l'inciso "- anche senza il pur utile apporto della consulenza tecnica di parte prodotta in primo grado (le cui conclusioni favorevoli alle tesi dell'Università e dell'ESU, non sono state validamente contrastate dal Comune) -", giacchè, la Commissione (con la locuzione "anche senza") ha espressamente indicato di prescindere nella sua valutazione da tale elemento, per di più considerando l'apporto della consulenza solo "utile", con formula così generica ed approssimativa da non farne comprendere l'effettiva rilevanza ai fini della decisione, tanto da fondarla sulla diversa valutazione sopra esposta;

8.5. il predetto inciso, in parte pure relegato in parentesi, non ha quindi costituito un ragionamento aggiuntivo, ponendosi piuttosto come generica enunciazione puramente incidentale, eccedente la necessità logico giuridica della decisione, che non si è, infatti, basata sul menzionato elemento (la consulenza tecnica di parte prodotta in primo grado), il che induce a considerare il citato passaggio argomentativo quale mero obiter dictum, come tale non suscettivo di integrare una autonoma ragione decisoria su cui poter individuare la sussistenza di un giudicato interno (cfr. sul principio, Cass. Cass., Sez. L. 8 febbraio 2019, n. 3793, che richiama "Cass. nn. 1815 del 2012, 21490 del 2005, 9775 del 1997");

9. la valutazione del giudice regionale non risulta, però, coerente con la previsione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), dettata in tema di I.C.I. (valevole sino all'anno 2011), ma ripresa - come detto - dalla successiva disciplina, costituita, in sintesi, da:

- il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 8, che richiamò, a fini I.M.U., le esenzioni di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7;

- il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis, comma 1, conv. in L. 24 marzo 2012, n. 27, che dispose che il beneficio riguardava le attività tutelate svolte "con modalità non commerciali";

- il D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9, comma 6, conv., con modificazioni, in L. 14 marzo 2012, n. 23, che aggiunse un ulteriore periodo al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis, comma 3 prevedendo che con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze dovevano essere stabiliti anche "i requisiti, generali e di settore; per qualificare le attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i) come svolte con modalità non commerciali";

- il regolamento del Ministero dell'Economia e delle Finanze di cui al D.M. 19 novembre 2012, n. 200 nel quale vennero stabilite le modalità e le procedure relative alla dichiarazione IMU, gli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale, nonchè i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, novellata lett. i) (decreto ICI) come svolte "con modalità non commerciali", prevedendo - per quanto ora occupa - in relazione alle attività ricettiva che "Lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizi" (v. D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, comma, 4);

9.1. questa Corte ha chiarito che l'imprescindibile punto di riferimento è rappresentato dalla previsione normativa del citato D.M. 19 novembre 2012, che ha costituito diretta attuazione del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91, comma 3-bis, circa la determinazione dei "requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lettera i) come svolte con modalità non commerciali" (cfr. Cass. Sez. T, 13 aprile 2023, n. 9927 e 9922, che richiamano Cass., Sez. T, 16 febbraio 2023 nn. 4945 e 4952), che è stata ritenuta compatibile con il concetto di attività non economica prevista dal diritto dell'Unione (in termini da non considerarla un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 107, paragrafo 1, del trattato) dalla decisione della Commissione Europea del 19 dicembre 2012, avendo accolto la nozione "Europeista" di attività non economica nel senso sopra indicato;

9.2. la Commissione Europea ha sottolineato che "a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere in relazione con il costo del servizio, e dall'altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nel medesimo ambito territoriale con modalità commerciali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione (come indicano le parole "in ogni caso") e non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite" (così la citata decisione del 19 dicembre 2012, v. punto n. 173);

9.3. di tale indefettibile accertamento non vi è traccia nella decisione impugnata, benchè la verifica del requisito oggettivo debba essere accertata in concreto, verificando che le attività cui l'immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, siano effettivamente svolte con modalità non commerciali (cfr., ex multis, Cass., Sez. VI/T, 21 marzo 2019, n. 8073 e Cass., Sez. VI/T, 25 gennaio 2021, n. 1539), avendo il Giudice a quo trattato tale profilo senza confrontarsi con i suindicati criteri, così violando le disposizioni dedotte nel motivo di impugnazione e la predetta norma regolamentare, che deve orientare la verifica rilevante entro i suddetti, definiti, paradigmi;

9.4. tale esigenza doveva rendersi tanto più avvertita, ponendo mente al fatto che a norma della menzionata L.R. (Veneto) 7 aprile 1998, n. 8, art. 3, comma 3, "I servizi di cui al comma 1, lett. f) e g) (ndr. servizi di ricezione e di ristorazione) vengono di norma erogati a tariffa differenziata in base a requisiti di merito e di condizione economica" e, quindi, non a titolo gratuito e che era stata prodotta nel giudizio di merito una consulenza tecnica di parte che, a quel che risulta dalle difese dei controcorrenti, aveva analizzato il tema in questione in relazione alle prescrizioni di cui al citato D.M. n. 200 del 2012, dal cui puntuale e verificabile esame ed eventuale coerenza con i citati criteri il Giudice regionale non poteva prescindere;

10. alla stregua delle riflessioni che precedono, la sentenza va, dunque, cassata in relazione al secondo ed al terzo motivo di impugnazione e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, perchè proceda alla valutazione del requisito oggettivo della rivendicata esenzione nell'ambito dell'illustrata cornice normativa, nonchè per regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2023

 

 

archiviato sotto:
« gennaio 2025 »
gennaio
lumamegivesado
12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031
Una frase per noi

Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

Walt Whitman