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08/11/2023 - Incarichi ai pensionati: un divieto con molte deroghe

tratto da leautonomie.it - a cura di Arturo Bianco

Si ampliano le deroghe al divieto di conferire incarichi dirigenziali, direttivi e/o di consulenza ai pensionati.

Tali deroghe sono fissate talvolta dal legislatore o da provvedimenti aventi forza di legge, come:

  • il dl n. 105/2023 per i capi di gabinetto anche negli enti locali,
  • il dpr n. 82/2023 per gli incarichi di componente le commissioni di concorso entro i 3 anni successivi alla cessazione
  • il dl n. 36/2022 per gli incarichi di supporto al RUP per l’attuazione del PNRR.

In altri casi sono fissati in via interpretativa sia dalle sezioni di controllo della Corte dei Conti, per gli incarichi di formazione al personale neo assunto e per quelli in organi di garanzia, sia dalla Funzione Pubblica, per gli incarichi di componente organismi di valutazione, di revisore dei conti, di commissario di enti locali.

Ci si chiede, a questo punto, se non è il caso di rivedere il divieto. Esso era stato inizialmente posto per finalità di prevenzione di fenomeni di commistione e di scambio di favore vietando gli incarichi nello stesso ente da cui si dipendeva, successivamente per favorire l’ingresso di energie nuove nelle amministrazioni. Ambedue le motivazioni sembrano avere perso di forza argomentativa.

LE DEROGHE LEGISLATIVE

Per l’articolo 11, comma 3, della legge di conversione del d.l. n. 105/2023 i pensionati possono essere nominati capi di gabinetto degli organi di governo. E’ stato subito chiarito, a scanso di ogni equivoco, nella nota dell’ufficio legislativo del Ministro per la Pubblica Amministrazione n. 938 dello scorso 11 ottobre, che risponde ad un quesito posto dall’Anci, che questa disposizione si applica negli enti locali ai capi di gabinetto dei sindaci.

Tale nota ci dice che si deve pervenire a questa conclusione in quanto l’articolo 18 ter del d.l. n. 162/2019, interpretando in modo autentico le regole dettate dall’articolo 90 del d.lgs. n. 267/2000, che ricordiamo essere la disposizione che prevede la possibilità di dare vita ad uffici di staff degli organi politici negli enti locali, ha chiarito che le assunzioni di personale negli stessi ha un carattere pienamente fiduciario, quindi basato sulla scelta “intuitu personae”. Da qui si deve trarre la conclusione che tali rapporti sono del tutto analoghi a quelli previsti dall’articolo 14 del d.lgs. n. 165/2001, cioè gli uffici di diretta collaborazione con i ministri. All’interno di essi, per individuare gli organi di vertice, si deve tenere conto che comunque vi è il divieto di svolgere compiti gestionali, anche nel caso di trattamento economico commisurato a quello dei dirigenti. Quindi, il divieto di svolgere attività gestionali rimane come un dato consolidato.

Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 1, comma 1, lettera i), del DPR n. 82/2023, che sostituisce l’articolo 9, comma 9, del DPR n. 487/1994, viene prevista la possibilità di operare la scelta come componenti le commissioni di concorso tra “il personale in quiescenza che abbia posseduto, durante il servizio attivo, la qualifica richiesta per i concorsi”. Non si possono individuare comunque pensionati il cui rapporto sia stato risolto per motivi disciplinari, per ragioni di salute o per decadenza dall’impiego”. Ed inoltre, non si può dare luogo a questa scelta se “la decorrenza del collocamento a riposo risalga ad oltre un triennio dalla data di pubblicazione del bando di concorso”.

La disposizione, al successivo comma 13, prescrive che in caso in cui “i componenti.. il cui rapporto di impiego si risolva per qualsiasi causa durante l’espletamento dei lavori della commissione cessano dall’incarico, salvo conferma dell’amministrazione”. Una previsione in questa direzione può essere inserita nel regolamento dell’ente. Ricordiamo che in precedenza era consentito ai pensionati far parte di tali commissioni entro i 4 anni successivi alla cessazione.

Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo del d.l. n. 36/2022, articolo 10, ai pensionati possono essere conferiti incarichi di supporto al RUP per l’attuazione del PNRR. La disposizione è, ovviamente, applicabile fino alla fine del 2026. Leggiamo che tutte le PA possono conferire incarichi ai pensionati per l’attuazione del PNRR e “per gli interventi previsti nel Piano nazionale per gli investimenti complementari, nei programmi di utilizzo dei Fondi per lo sviluppo e la coesione e negli altri piani di investimento finanziati con fondi nazionali o regionali”. Tali incarichi entrano nell’ambito delle previsioni dettate dall’articolo 7 del d.lgs. n. 165/2001 e non possono dare corso ad assunzioni, neppure a tempo determinato. Possono essere conferiti in particolare i seguenti incarichi: “progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, direzione dell’esecuzione, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, nonché gli incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell’attività del responsabile unico del procedimento”. Possono inoltre esse conferiti anche gli incarichi di RUP, ma a condizione che siano presenti “particolari esigenze alle quali non è possibile far fronte con personale in servizio e per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure di reclutamento del personale dipendente”.

LE DEROGHE INTERPRETATIVE

Cominciamo dalla deroghe previste dalla magistratura contabile. Le PA possono conferire ai dipendenti cessati dal servizio incarichi di formazione ed assistenza per i neo assunti. E’ questa la indicazione di maggiore rilievo contenuta nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Basilicata n. 62/2023. 

Leggiamo che, “nello specifico, il divieto riguarda gli incarichi di studio o consulenza, gli incarichi dirigenziali o direttivi o le cariche in organi di governo; tali incarichi sono viceversa consentiti ove gratuiti e, per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, è prevista una ulteriore limitazione rappresentata dalla durata massima non superiore ad un anno, non prorogabile né rinnovabile”.

Viene aggiunto che “tale disposizione, nella sua originaria formulazione, perseguiva essenzialmente una finalità di contenimento dei fenomeni corruttivi all’interno delle PA (nella misura in cui vietava il conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza per lo svolgimento delle stesse attività espletate nel periodo antecedente al pensionamento). In virtù delle modifiche successivamente intervenute, la medesima ha assunto la duplice ratio di favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni e di conseguire risparmi di spesa”. Per la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia, parere n. 23/2014, “ai fini della applicazione dei divieti, occorre prescindere dalla natura giuridica del rapporto, dovendosi, invece, considerare l’oggetto dell’incarico” ed ancora che opera il “divieto di interpretazioni estensive o analogiche”, come evidenziato anche dal parere del Consiglio di Stato n. 309/2020.

Di conseguenza, “le attività consentite possano ricavarsi a contrario, dovendosi le situazioni diverse da quelle previste dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 non essere ricomprese nel divieto di legge, ferma restando, al contempo, la necessità di evitare interpretazioni elusive della disposizione”.

La deliberazione passa in rassegna le principali pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti. In primo luogo ci viene ricordato che l’attività di formazione ai neo assunti da parte del dipendente cessato dal servizio è per la deliberazione n. 139/2022 della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sardegna da assimilare a quella di consulenza, quindi vietata ai pensionati. Per le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti del Lazio, deliberazione n. 88/2023, e della Liguria, deliberazione n. 66/2023, invece essa deve essere considerata come consentita in quanto realizza una attività di “assistenza che non comporta studio e consulenza, ossia attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche e che non rientra nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale di cui agli articoli 2229 e seguenti del Codice civile”  (in questa direzione anche i pareri dei giudici contabili della Basilicata n. 38/2018 e della Lombardia n. 126/2022). La delibera fa proprio l’orientamento per cui l’attività richiesta “si estrinseca nella formazione operativa e nel primo affiancamento del personale neo-assunto”. Inoltre, a sostegno della tesi che non siamo in presenza di attività di consulenza, si ricorda la deliberazione delle sezioni riunite di controllo della Corte dei Conti n. 6/2005, per la quale “gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D.P.R. n. 338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio nell’interesse dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto svolgimento di questo tipo d’incarichi, è la consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte….Le consulenze, infine, riguardano le richieste di pareri ad esperti”.

E’ possibile conferire l’incarico di componente gli organi di garanzia ai pensionati. E’ questa la indicazione contenuta nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Liguria n. 60/2023.

Leggiamo che “gli incarichi riferibili alle figure di garanzia non possono essere assimilati agli incarichi vietati e, non essendo consentite interpretazioni estensive o analogiche della detta disposizione, non possono essere ricompresi nel divieto normativo”.

Sulla scorta delle circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 6/2014 e 4/2015 e dei pareri dallo stesso forniti, deve essere considerata come consolidata la lettura per cui i pensionati possono fare parte degli organismi di valutazione, nonché essere individuati come revisori dei conti ed essere individuati anche come commissari negli enti locali.

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