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26/07/2023 - La concorrenza subordinata al risultato? Il codice dei contratti è contrario all’ordinamento europeo

tratto da leautonomie.asmel.eu - a cura di Luigi Oliveri

Scrive Carmine Volpe, Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato, nell’articolo “Il nuovo Codice dei contratti pubblici: dall’emergenza del modello Genova a nuove procedure di ordinaria efficienza per la competitività sul mercato”, reperibile qui (https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/volpe-il-nuovo-codice-dei-contratti-pubblici-dall-emergenza-del-modello-genova-a-nuove-procedure-di-ordinaria-efficienza-per-la-competitivit-c3-a0-sul): “Due brevi considerazioni sui principi. L’art. 1, comma 2, prevede che “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”. Quindi la concorrenza non viene più considerata come un fine ma come uno strumento, funzionale alla conclusione dei contratti pubblici. Si comprende la nuova filosofia. Essa, tuttavia, non appare in linea con la concorrenza come delineata dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), per il quale rappresenta uno dei principi del diritto europeo e che, siccome diritto europeo immediatamente applicabile negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, costituisce parametro di verifica di conformità della legislazione degli Stati membri dell’Unione. Con conseguenze sulla disapplicazione del diritto interno contrastante con il diritto europeo immediatamente applicabile e sulla patologia dei provvedimenti amministrativi. L’art. 2, comma 1, del nuovo codice afferma solennemente il principio della reciproca fiducia. Ma una norma di principio è in grado di assicurare la fiducia nell’attività della pubblica amministrazione e in quella degli operatori economici?
La fiducia non può essere imposta ma va conquistata sul campo e segue a comportamenti razionali, efficienti e conformi a legge. Essa deve essere garantita da un sistema normativo e organizzativo che sia in grado, non solo di realizzarla, ma di creare nei destinatari dell’attività amministrativa la consapevolezza di potere confidare nell’apparato amministrativo e nei soggetti che lo rappresentano. Non bastano quindi affermazioni di principio per assicurarne i risultati. Infine un’altra domanda. È stata vera semplificazione normativa?“.

Che il principio del risultato come sovraordinato rispetto a quello della concorrenza, di matrice costituzionale ed europea, non sia per nulla convincente, chi scrive lo ha affermato più volte.

La relazione illustrativa si è spinta persino a parlare di una “demitizzazione” della concorrenza, come se tale principio, posto dalla Costituzione e dal TFUE fosse, appunto, non norma, bensì “mito”, credenza generalizzata, fantasia di popolazioni riferita a fatti inesistenti o antichissimi simbolicamente riportati in una saga o in una convinzione che ha del magico o religioso.

Il Volpe ci ricorda, con parole fulminanti, che non è per nulla così. Il diritto europeo incide direttamente sull’ordinamento giuridico, che vi si deve allineare.

Il principio del risultato, invece, come enunciato dal d.lgs 36/2023 è in contrasto chiaro con l’articolo 97 della Costituzione e col TFUE e per questo, evidenzia ancora il Volpe, si presta ad una disapplicazione pretoria, in quanto atti amministrativi che sacrifichino la concorrenza ad un principio come quello del risultato, incompatibile con l’ordinamento europeo, sono valutabili come affetti da vizi patologici sul piano giuridico.

Ovviamente, quella del Volpe è una tesi, che per altro chi scrive condivide e ritiene corretta e convincente.

Chiaramente, qualcun altro si farà persuadere dalla tesi opposta, finchè non giunga una pronuncia della Consulta o della CgUE a chiarire la questione (e nel secondo caso temiamo proprio di poter prevedere i contenuti di un’eventuale intervento della CgUE).

E’ proprio questo, però, il tema. Il Volpe è un altissimo magistrato amministrativo, come molti tra coloro che hanno fatto parte della commissione speciale redattrice del codice e della relazione illustrativa. E’ evidente che tra gli stessi magistrati non vi sia accordo su portata, significato e pregnanza dei principi del codice.

Si è, dunque, certamente facili profeti nel preconizzare che l’applicazione del principio del risultato, come anche di quello della fiducia, determinerà un contenzioso vastissimo, defatigante ed imprevedibile.

Allora, anche alla luce di questo, fu vera semplificazione?

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