07/07/2023 - Procedure ordinarie sottosoglia solo se motivate. Come se la motivazione non fosse comunque ovvia, anche per gli affidamenti diretti.
I cantori dell’affidamento diretto sotto soglia come strumento salvifico dotato dei poteri di assicurare di per sé, panglossianamente, il “risultato” e la “tempestività”, cominciano ad esprimere qualche piccolo dubbio: “che sia possibile anche nel sottosoglia avvalersi delle procedure ordinarie? E, se sì, a che condizioni?”.
La risposta non può che essere affermativa: non è ricavabile in alcun modo, né per via espressa, ma soprattutto per via implicita, dal d.lgs 36/2023 alcun divieto al ricorso alle procedure ordinarie anche nel sottosoglia.
Tuttavia, mentre per l’affidamento diretto ai cantori “basta la parola”, il suono musicale dell’armonica espressione tecnica, nel caso della scelta di utilizzare nel sottosoglia gli affidamenti diretti, la possibilità, ammessa a denti stretti, la si condiziona ad un presupposto. Tra lampi in una notte oscura, tuoni, raffiche di vento e pioggia trasversale, si manifesta dietro le nubi lumeggiate sinistramente dalle saette la condizione: la motivazione!
Lo afferma, per esempio, l’Anci nel quaderno operativo 43 dedicato agli appalti: “Occorre qui domandarsi cosa comporti l’inosservanza delle predette disposizioni. Esclusa de plano la nullità, non rientrando tale inosservanza in alcuna delle fattispecie di cui all’art.21 septies della legge n.241/1990, ci si domanda se può parlarsi, in caso, ad esempio, di stazione appaltante che opti per una procedura aperta per un appalto di servizi sottosoglia, di un vizio di illegittimità, per violazione di legge? Pure con la cautela dovuta per una materia ancora non affrontata dalla giurisprudenza, si ritiene in questa sede di evidenziare che l’utilizzo di procedure conformi alle direttive UE dovrebbe ritenersi legittima, a prescindere dal fatto che queste siano impiegate in ambito sottosoglia. Dunque, la scelta di una procedura più complessa in luogo di quella stabilita dal Codice dovrebbe essere possibile ove adeguatamente motivata proprio in relazione al principio di tempestività e di risultato (solo la carenza di motivazione comporterebbe l’illegittimità)”.
Scopriamo, tra l’attonito e l’incredulo, dunque, che ai fini della scelta discrezionale operata dalla PA, occorre una motivazione. Chi l’avrebbe mai detto?
Eppure, ai cantori dell’affidamento diretto come unica speranza di un futuro migliore va assolutamente riferito, non ci si può sottrarre a questo dovere, per quanto penoso: l’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990 dispone che “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato”.
Ammettere malmostosamente che, sì, in fondo anche sottosoglia sistemi leciti e legittimi di individuazione del contraente, come le procedure ordinarie, sono ammissibili, ma (nitriti di cavalli) a condizione che la decisione di avvalersene sia “adeguatamente motivata”, come se ciò costituisce un aggravamento straordinario, insostenibile, impensabile, è oggettivamente senza costrutto e senso.
Fuor da ogni colorita polemica, è assolutamente ovvio che il provvedimento col quale di stabilisce il sistema di gara, dunque la determinazione a contrattare, debba essere motivato. Come qualsiasi altro provvedimento amministrativo.
Ed è proprio per questo che come va motivata la decisione di utilizzare nel sottosoglia le procedure ordinarie, altrettanta motivazione occorre anche nel caso in cui si decida, invece, di utilizzare l’affidamento diretto.
Per quanto, infatti, esso sia espressamente previsto e consentito dall’articolo 50 del d.lgs 36/2023, la regolazione di tale sistema ivi contenuta, lungi dal porre un divieto di ricorso alle procedure ordinarie, mette l’affidamento diretto sostanzialmente in una condizione di pariordinazione con le procedure ordinarie stesse. Il d.lgs 36/2023, completando un processo lungo decenni, cioè, ammette nel sottosoglia l’equivalenza assoluta tra affidamenti diretti e procedure ordinarie, senza che i primi debbano caratterizzarsi dalla presenza di presupposti particolari.
Ma, la scelta di avvalersi dell’affidamento diretto, in quanto discrezionale, va comunque motivata. E, a tale scopo, non basta il mero richiamo all’articolo 50.
La sfortunata e fin troppo generica formulazione dei “principi” posti – inopportunamente – dal codice rende evidente che anche la scelta dell’affidamento diretto richiede l’esplicitazione delle ragioni.
Molti, con una sommaria e superficiale lettura dell’articolo 1 del codice in tema di principio del “risultato”, si sono convinti che esso vada considerato in endiadi con la “tempestività”, sicchè il risultato viene garantito solo a condizione che si attivino procedure “veloci”, almeno nel sottosoglia.
Non è affatto così. La tempestività è null’altro se non la capacità di conseguire il risultato non nel tempo minore, bensì nel rispetto dei tempi programmati, cosa completamente diversa. E il risultato, come non è ovviamente la sola procedura “garantista”, allo stesso modo non è il solo celere affidamento semplificato: il risultato è, invece, soltanto e solo la reale e concreta capacità del lavoro pubblico realizzato, del servizio svolto e del bene acquistato di soddisfare con efficienza l’interesse pubblico al quale è funzionale.
Il tempo si coniuga al risultato solo in presenza di situazioni di urgenza. Ma, in questo caso, non c’è e non c’era bisogno alcuno di predicare per iscritto la possibilità di avvalersi dell’affidamento diretto: l’urgenza consente da sempre anche nel soprasoglia la procedura negoziata senza preventiva pubblicazione di un bando ed affidamento immediato ad un solo operatore economico; la “somma urgenza”, in più, permette anche di attivare il lavoro senza nemmeno dover programmarlo, progettarlo, descrverlo in un capitolato ed impegnare la spesa preventivamente.
Il principio del risultato deve comunque garantire che l’affidamento avvenga nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza; il comma 2 dell’articolo 1 aggiunge che la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile.
Allora, poiché l’affidamento diretto sacrifica evidentemente la concorrenza e la trasparenza, nello scegliere tale sistema, invece di altri, occorre diffondersi e spiegare che l’affidamento diretto, da un lato, è espressamente previsto e, probabilmente, anche preferito nel sottosoglia; ma, inoltre, evidenziare perché la scelta di avvalersi di tale sistema non produca conseguenze negative sulla concorrenza e si riveli in modo decisivo più tempestivo di altri sistemi, in relazione a necessità di assicurare tempi di realizzazione particolarmente ridotti.
Non si deve dimenticare che la “motivazione” della quale si pensa di “gravare” la scelta dell’affidamento mediante procedure ordinarie come se non fosse in ogni caso necessaria, incombe in modo particolare sull’affidamento diretto. L’articolo 17 del d.lgs 36/2023, nei commi 1 e 2, prevede che l’affidamento diretto sia preceduto dal provvedimento a contrattare che illustri i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte ed esponga le ragioni della scelta del contraente. Una valutazione generale, quindi, sul fatto che si adottino criteri selettivi non incidenti sulla concorrenza (quanto meno il diffondersi sulle modalità applicative della rotazione) va in ogni caso esposta.
Perché la motivazione è certo un requisito necessario, ma non va vista come un’incombenza disincentivante l’adozione di certe decisioni. Ogni decisione del potere pubblico va spiegata alla cittadinanza: si chiama, in inglese, semplicemente accountability. Non è un gravame, ma l’essenza stessa del potere pubblico di agire. E non esistono campi nei quali l’obbligo di motivazione possono considerarsi “franchi”: la motivazione è un obbligo sempre. Anche nel caso di affidamento diretto.