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05/07/2023 - Sulla nullità di una sentenza di primo grado per motivazione apparente

tratto da giustizia-amministrativa.it

Giustizia amministrativa – Appello – Motivazione apparente – Nullità della sentenza

È nulla, per motivazione apparente, la sentenza in cui si faccia riferimento, in modo assolutamente vago e generico, alle “circostanze” relative all’affidabilità professionale dell’operatore economico, le cui dichiarazioni sarebbero state omesse o non sarebbero state correttamente vagliate dalla stazione appaltante, senza mai indicarle specificamente e analiticamente, o quanto meno senza connotarne il contenuto distintivo, nemmeno in modo riassuntivo, sintetico o allusivo (1).

(1) Non risultano precedenti in tali esatti termini.

Nel caso di specie, l’appello avverso la sentenza di primo grado era basato anche su un motivo con cui ci si doleva della sostanziale mancanza della motivazione, atteso che il richiamo alle “analoghe considerazioni” ed alle “circostanze denunciate” era eccessivamente generico ed inidoneo a soddisfare l’obbligo di motivazione.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, ricordando il principio espresso dall’Adunanza plenaria, secondo cui “Costituisce un’ipotesi di nullità della sentenza che giustifica l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado il difetto assoluto di motivazione. Esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, tale anomalia si identifica, oltre che nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva, tautologica, apodittica oppure obiettivamente incomprensibile: quando, cioè, le anomalie argomentative sono di gravità tale da collocare la motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” di cui all’art. 111, comma 5, Cost.” (Cons. Stato, Ad. plen., nn. 10 e 11/2018).

Nel caso di specie, ha proseguito il Consiglio di Stato, il riferimento del tutto vago e generico alle “circostanze” relative all’affidabilità professionale “ha costretto in secondo grado le parti a riproporre integralmente le deduzioni nel merito formulate in primo grado, l’una contro l’altra, elencando dettagliatamente tutte le vicende rilevanti, proprio perché non risulta in alcun modo comprensibile il percorso argomentativo seguito dal primo giudice (rectius, su quali circostanze, tra le molte e variegate, oggetto delle censure delle parti, si sarebbero verificate la rilevata omissione dichiarativa e/o la censurata omessa adeguata valutazione da parte dell’Amministrazione, e per quali aspetti e contenuti esse sarebbero riconducibili alle

fattispecie escludenti). Così venendosi a determinare di fatto la trasformazione del giudizio di appello in un iudicium novum, in cui questo Collegio sarebbe costretto ad effettuare dall’inizio, non disponendo di alcun effettivo riferimento motivazionale, la valutazione sulle doglianze dedotte in primo grado, come se su di esse il TAR non si fosse pronunciato”. Di qui, il carattere apparente della motivazione e dunque l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado.

Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2023, n. 6309 – Pres. Greco, Est. Ungari

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