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03/07/2023 - Legittimità di un atto tributario con motivazione per relationem

tratto da def.finanze.it

Sentenza del 26/06/2023 n. 1914 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia Sezione/Collegio 29

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TESTO

Intitolazione:

Legittimità di un atto tributario con motivazione per relationem

 

Massima:

Nonostante la mancata allegazione dei documenti richiamati, l'atto impositivo motivato "per relationem" è legittimo purché lo stesso riproduca il loro contenuto essenziale e consenta al contribuente il corretto esercizio del proprio diritto alla difesa. Il contribuente non può invocare il difetto di motivazione dell'atto impositivo che lo riguarda per mancata allegazione dei documenti e degli atti probatori richiamati ogniqualvolta la motivazione appaia idonea a individuare la causa giustificativa della pretesa tributaria in relazione al contenuto dell'atto richiamato. L'amministrazione è sempre tenuta a porre il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali ma non è tenuta ad includere nell'atto impositivo la notizia delle prove raccolte essendo sufficiente che le predette informazioni siano accessibili, anche in forma riassuntiva, al contribuente interessato. L'atto tributario che mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, la cui indicazione è idonea a individuare la causa giustificativa della pretesa tributaria e a garantire l'esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente, assolve tutti gli obblighi di motivazione della pretesa tributaria previsti dalla norma. In questi termini la motivazione per relationem realizza solo una legittima "economia di scrittura" che non arreca alcun danno perché tratta di elementi già noti al contribuente.

 

Testo:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato n. XXX.2016, la XXXXXXXXXX. impugnava l'intimazione di Pagamento n. XXXXXXXXX con la quale Equitalia servizi di riscossione S.p.A. la invitava a pagare la complessiva somma di euro 47.360,17 dovuta in forza di due cartelle notificate il 7.12.2007 e il 7.3.2009.

A sostegno della domanda di annullamento dell'atto opposto deduceva: la mancata notificazione delle prodromiche cartelle di pagamento; la nullità dell'intimazione per difetto di motivazione ed irritualità della notifica della stessa a mezzo PEC in violazione dell'art. 26 comma 1 bis d.p.r. 602/1973.

Costituitasi in giudizio, Equitalia contestava il fondamento del ricorso, producendo documentazione comprovante l'avvenuta notificazione delle cartelle e di altre intimazioni di pagamento per lo stesso credito.

Con sentenza n. XXXX del XX/XX/2017, depositata il XX/XX/2017, la Commissione tributaria provinciale di Taranto accoglieva il ricorso, dichiarava nulli i titoli portati dalle cartelle e l'intimazione impugnata, condannando Equitalia al pagamento delle spese processuali.

Con l'appello ritualmente proposto, l'Agenzia delle entrate-Riscossione censura la sentenza per aver erroneamente dichiarato la nullità della notificazione delle cartelle di pagamento e dell'intimazione opposta.

La società contribuente non si è costituita e non ha svolto alcuna difesa in questo grado di giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello è fondato e va accolto.

Con l'atto di costituzione nel giudizio di primo grado l'appellante agente della riscossione depositava documentazione dalla quale risultava provata l'avvenuta regolare notificazione alla XXXX XXX. in liquidazione (dante causa della odierna società appellata) di:

l) due intimazioni di pagamento, una in data 26.6.2012 (la n. XXXXXXXX) e l'altra in data 26.7.2013 (la n. XXXXXXXX), entrambe riferibili ai crediti erariali oggetto della cartella di pagamento n. XXXXXXXX;

2)due intimazioni di pagamento in data 26.6.2012 (la n. XXXXXXXX) e l'altra in data 22.2.2013 (la n. XXXXXXXX) queste due riferibili ai crediti contenuti nella cartella di pagamento n. XXXXXXXX.

Orbene, alcuna delle citate intimazioni (la cui regolare notificazione non è stata mai contestata dalla appellata) non risulta essere stata impugnata dalla società contribuente con la conseguente inammissibilità di qualsiasi censura alle prodromiche cartelle di pagamento poste a base delle citate intimazioni.

In ogni caso, dalla produzione documentale richiamata risulta dimostrata anche la regolare notificazione delle cartelle di pagamento, posto che (contrariamente a quanto opinato dal primo giudice) dall'avviso di ricevimento postale emerge ben chiaro che esso si riferisce alla cartella n. XXXXXXXX, numero questo ben evidenziato a stampa sul lato destro in alto del documento.

Anche per l'altra cartella, la n. XXXXXXXXXX, risultano osservate le norme dettate dalla legge per la notificazione con il rito degli irreperibili, atteso che dall'avviso di ricevimento emerge evidente che l'ufficiale notificatore (dopo un vano primo tentativo di notifica in XXXXX XXXX s.n.) si recava presso la sede della società in Taranto Corso XXXXXXX ove "non rinvenivo sede legale", provvedendo quindi agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge ivi compresa l'affissione dal 27.2.2009 al 9.3.2009 come attestata dal funzionario "XXXXX XXXXX"; che si tratti certamente del Comune di Taranto è provato dal timbro tondo apposto sul documento, sicché non sussistono i dubbi manifestati dalla CTP sul punto.

Come si è già detto, peraltro, tutta la documentazione attestante le notifiche delle prodromiche cartelle e successive intimazioni di pagamento, ritualmente prodotta nel giudizio di primo grado, non è mai stata oggetto di contestazione alcuna da parte della società contribuente.

Fondata è anche la censura mossa alla sentenza impugnata e riguardante i vizi propri dell'intimazione opposta, nelle cui pagine l e 2 (Dettaglio del debito) sono trascritti tutti gli elementi specifici e idonei a ben comprendere le ragioni delle pretese tributarie oggetto dell'atto impugnato (e cioè il numero di ogni singola cartella di pagamento, la data di notificazione, il codice tributo, l'anno di imposta e la descrizione del tributo stesso).

Non è, pertanto, fondata la eccepita carenza di motivazione della intimazione impugnata posto che:"...... la legge n. 212 del 2000, art. 7, comma l, consente di assolvere all'obbligo di motivazione degli atti tributari anche per relationem, cioè mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, ossia l'insieme di quelle partì dell'atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato (cfr. Cass. n. 9323/2017, Cass. n. 9032/2013). Ha poi chiarito Cass. n. 20416/2018 che per contenuto essenziale si deve intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessario e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. "» (Cass. 1133/2020).

Nella specie, oggetto, contenuto e destinatario dei precedenti atti sono stati chiaramente indicati in quello opposto: ciò che rendeva possibile all'opponente l'esatta individuazione della pretesa tributaria, senza necessità di allegazione alcuna.

Le considerazioni svolte impongono la riforma della sentenza impugnata con il conseguente rigetto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado proposto dalla XXXXX XXXX XXX.

Le spese seguono la soccombenza della contribuente e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di giustizia tributaria di II grado della Puglia - Sezione XXIX di Taranto - accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado proposto dalla XXXX XXXX XXX.

Condanna la XXXX XXX XXX al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio sostenute dalla Agenzia delle entrate - Riscossione che liquida in complessivi euro 4.500,00, (di cui euro 1.500,00 per il primo grado) oltre accessori di legge.

 

 

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