28/06/2023 - La corte di cassazione sulle indennità ed il loro finanziamento
Occorre dare corso al riproporzionamento della indennità di vigilanza per i vigili in part time. La indennità di vigilanza deve essere ridotta ai dipendenti in part time. Sono queste le più recenti indicazioni della Corte di Cassazione in tema di indennità e di loro finanziamento dei dipendenti pubblici.
LA INDENNITA’ DI VIGILANZA PER I DIPENDENTI IN PART TIME
Per la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 15540/2023 la misura della indennità di vigilanza deve essere proporzionata alla durata dell’impegno orario dei dipendenti in part time. Ovviamente, dobbiamo aggiungere, non vi sono differenziazioni tra il personale in part time orizzontale ed in part time verticale. Dobbiamo inoltre aggiungere che la stessa regola si deve applicare tanto nel caso in cui questo compenso sia percepito in misura piena, quanto nel caso in cui sia percepito in misura ridotta.
Leggiamo che “ai sensi dell’art. 6, comma 9, del CCNL del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali del 14 settembre 2000, il trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, spettanti al personale con rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa categoria e profilo professionale. La regola del riproporzionamento del trattamento economico in rapporto alla durata ridotta della prestazione lavorativa prevista da tale disposizione ha dunque carattere rigido e generale, riguardando indistintamente tutte le voci aventi carattere fisso e periodico del trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale”.
La sentenza prosegue dicendo che questo principio deve “applicarsi anche all’indennità di vigilanza di cui all’art. 37, comma 1, lett. b) del CCNL del 6 luglio 1995, come integrato dall’art. 16, comma 1, del CCNL 2002-2005, che non rientra fra i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, né tra gli altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa, previsti dal successivo comma 10 dell’art. 6 del CCNL per il personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali del 14 settembre 2000”. Non influisce in alcun modo la considerazione che questa indennità non è inclusa “nell’ambito della retribuzione individuale mensile di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) del CCNL 2000”.
Le uniche eccezioni a tale principio sono costituite dalle indennità che sono collegate al raggiungimento di obiettivi ed alle cd aggiunte di famiglia. Per cui, “una diversa interpretazione, e cioè, come preteso, l’erogazione piena del compenso, risulterebbe del tutto ingiustificata e irragionevole, anche in considerazione della circostanza che un lavoratore a tempo parziale rende comunque una prestazione ridotta rispetto ad un lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce anche la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso. In sostanza, sussiste sempre uno stretto legame tra tempo di lavoro, attività lavorativa e quantificazione dell’emolumento ad essa connesso”.
Si deve sottolineare che la sentenza conferma le indicazioni fornite in questi ultimi anni da parte dell’Aran.
Ricordiamo infine che la misura di questa indennità è stata rivalutata dal CCNL 16.11.2022 sia nella misura piena che in quella ridotta.
IL FINANZIAMENTO DELLE PROGRESSIONI ECONOMICHE
Una progressione orizzontale disposta senza la necessaria copertura finanziaria non può essere effettuata, mentre non si deve escludere il diritto al risarcimento del danno. E’ questo il principio fissato dalla sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 15364/2023.
Viene dettato il seguente principio: “anche in tema di rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato, le decisioni datoriali che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della Pubblica Amministrazione devono essere assunte in presenza della necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti, a ciò facendo eccezione soltanto i casi riportabili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. e quindi caratterizzati dallo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato chieste e ricevute dal datore di lavoro pubblico pur in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva”.
La sentenza è molto importante in quanto ricorda il carattere vincolante che ha nel pubblico impiego il rispetto dei vincoli dettati dalla normativa e dalla contrattazione collettiva al finanziamento del salario accessorio ed al rispetto dei suoi tetti, ivi compreso quello fissato dal d.lgs. n. 75/2017 di non superamento delle somme complessivamente destinate a questa finalità nell’anno 2016.
La prima considerazione è la seguente: “le remunerazioni delle prestazioni nel pubblico impiego possono essere riconosciute solo se in linea con le previsioni ed allocazioni di spesa e che l’accordo incoerente con esse è invalido e rende pertanto ripetibili eventuali pagamenti eseguiti sulla sua base. Fuoriescono da tale assetto solo quelle ipotesi in cui la situazione di fatto, per ragioni di diritto ancora superiori, si imponga a prescindere dalla previa regolarità dell’attività sotto il profilo della spesa, come può accadere in ambito lavoristico quando una certa attività sia stata fatta comunque svolgere dalla P.A.-datore di lavoro, pur in assenza dei requisiti di validità di essa, e debba quindi essere remunerata per effetto del disposto dell’art. 2126 c.c. e dei principi costituzionali (art. 35 e 36 Cost.) che a tale norma si affiancano”. Di conseguenza, “l’avvio della procedura di avanzamento economico senza impegno di spesa rende gli atti inefficaci perchè sono vincolanti per l’ente solo gli atti deliberativi supportati da attestazione di regolarità contabile”.
Non viene riconosciuto il diritto al risarcimento in quanto tale richiesta non è stata proposta nel giudizio di appello: in termini generali si deve ritenere che questo “compenso” dovrebbe essere riconosciuto.