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16/06/2023 - Accesso agli atti e motivazione della sentenza alla luce del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 36/2023)

tratto da sentenzeappalti.it

Accesso agli atti e motivazione della sentenza alla luce del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 36/2023)

 

Consiglio di Stato, sez. IV, 02.05.2023 n. 4422

5.2 Come evidenziato di recente da Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2021, n. 224 merita di essere condiviso l’orientamento dalla Corte di cassazione, (Cass. civ., sez. lav., 9 luglio 2020, n. 14629) secondo cui “… Con riguardo all’onere motivazionale delle sentenze, il c.p.c. non esige l’originalità delle modalità espositive né vieta l’uso del contenuto di altri scritti. L’originalità delle modalità espositive della sentenza non risulta richiesta, contemplata o anche solo “auspicata” nel codice di rito. Nel codice si richiede, piuttosto, che una motivazione esista, sia chiara, comprensibile, coerente (pertanto non solo apparente); in nessun punto del codice risulta richiesta, invece, una motivazione espressa con modalità espositive “inedite”. Peraltro, nella disciplina processuale civile non risulta in alcun modo vietato riportare in sentenza il contenuto di scritti (altre sentenze, atti amministrativi, scritti difensivi di parte o più in generale atti processuali) la cui paternità non sia attribuibile all’estensore. Anzi, specie nelle riforme legislative degli ultimi anni e nella giurisprudenza di legittimità, sembra emergere una tendenza addirittura contraria; e ciò è ormai reso inevitabile anche dalla necessità di dare concreta attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo”.
5.3 A conferma di quanto precede osserva il collegio che nel codice del processo amministrativo non solo non si rinviene un divieto di riportare il contenuto di scritti di parte ma è espressamente affermato il principio opposto, suscettibile di applicazione in tutti i casi in cui prevalgono esigenze di peculiare speditezza del giudizio, come avviene nel contenzioso per opere ricomprese negli interventi P.n.r.r..
5.4 Il riferimento è al contenzioso in materia elettorale e, segnatamente all’articolo 129, comma 6, laddove si prevede che “Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.5. Tale modalità redazionale della sentenza è stata di recente confermata dal nuovo codice dei contratti pubblici, a conferma di un trend legislativo orientato ad assicurare la massima celerità del giudizio, attraverso il ricorso a strumenti di semplificazione. L’art. 36 del d. lgs. n. 36 del 2023 recante “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso” prevede infatti, al comma 7, che “Il ricorso di cui al comma 4 è fissato d’ufficio in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 del codice di cui all’allegato I al decreto legislativo n. 104 del 2010 ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.6 Da quanto precede può dunque desumersi il tendenziale consolidarsi di un principio di portata generale secondo cui nel bilanciamento tra esigenze di garanzia e quelle del buon andamento del processo, inteso come forma necessaria del giudizio e quindi dell’accertamento giudiziale, le esigenze di celerità e quelle proprie dell’amministrazione c.d. di risultato, giustificano l’ammissibilità di tecniche motivazionali finalizzate a semplificare la fase di stesura della motivazione – spesso connotata da particolare complessità e quindi suscettibile di dilatare in modo significativo i tempi di deposito della sentenza e quindi di definizione del processo, in tal modo vanificando la stessa utilità della decisione – anche mediante il solo il rinvio alle argomentazioni delle parti che il giudice, condividendole, ritenga di far proprie, assumendole al fine di dare evidenza all’iter logico giuridico che ha condotto alla decisione.
5.7 L’unico limite a tale possibilità è rappresentato dalla necessità che la motivazione, in tal modo predisposta mediante l’ausilio diretto del contributo ricostruttivo ed interpretativo delle parti, non sia una motivazione apparente ma realmente idonea a dar conto delle ragioni giuridiche della decisione; siffatte ragioni, sebbene formalmente elaborate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, ben possono essere fatte proprie dal giudice e così assunte a volontà oggettiva dell’ordinamento nel procedimento di sussunzione dei fatti nello schema astratto delle fattispecie normativamente predeterminate e di qualificazione giuridica che ne consegue.
5.8. Non si tratta di acritica ricezione di argomentazioni altrui ma di una mera semplificazione del processo di giustificazione formale della decisione giudiziale assunta, che presuppone, in ogni caso, un attento vaglio critico ed una accurata selezione degli argomenti giuridici da comporre in un discorso argomentativo chiaro, esaustivo, rispetto a tutte le questioni poste e trattate dalle parti e, soprattutto, logico, nella connessione dei fatti accertati e delle ragioni giuridiche addotte.
5.9 Ed anche quanto il giudice assume e fa proprio il materiale argomentativo elaborato da una delle parti per accoglierne la domanda, non viene meno al dovere di imparzialità e di terzietà e quindi ai principi del giusto processo poiché tale operazione rappresenta comunque l’esito di un processo logico di vaglio e di selezione critica di tutte le argomentazioni, in fatto ed in diritto, prospettate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, alla luce delle disposizioni di legge ritenute pertinenti al caso.

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