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17/02/2023 - Distanze legali: non sono derogabili da accordi privati

tratto da biblus.acca.it - di Giuseppe De Luca

Distanze legali: non sono derogabili da accordi privati

Le distanze legali non sono derogabili da accordi tra confinanti, poiché mirano a tutelare sia aspetti igienici che uno sviluppo urbanistico ordinato. Lo ribadisce il Tar Liguria.

Torniamo sul tema delle distanze legali con la sentenza n. 65/2023 del Tar Liguria che ribadisce l’obbligo di rispettare tali distanze senza alcuna possibilità di deroga da parte di convenzioni e accordi tra privati confinanti. Accordarsi sulle distanze legalmente obbligate vorrebbe dire commettere abuso edilizio!

La scelta del titolo abilitativo più appropriato per la realizzazione di un manufatto edilizio potrebbe rivelarsi sbagliata con una serie conseguenze amministrative e penali, ma la stessa gestione del titolo edilizio scelto correttamente potrebbe risultare confusa tra molteplici moduli da compilare, presentare e successivamente archiviare.

L’accordo tra vicini sul posizionamento del porticato in barba alle distanze legali. Il caso

Il proprietario di un porticato pertinenziale realizzato nell’immobile senza alcun permesso del caso, successivamente ne richiedeva il permesso di costruire in sanatoria.

Il Comune, però, rigettava la richiesta poiché detto porticato non rispettava la distanza minima di 5 m dai confini.

Il ricorso al Tar era così servito.

Tra le motivazioni a sua difesa il ricorrente sosteneva che il Comune prima di adottare l’atto impugnato, aveva il dovere di richiedergli di acquisire il consenso del confinante al mantenimento dell’opera nell’attuale posizione, sostenendo in tal modo che le norme sulle distanze dai confini sarebbero state derogabili mediante convenzione tra privati.

Il Tar Liguria sulle convenzioni tra privati in materia di distanze legali

La distanza dei fabbricati dai confini non può essere mai inferiore a 5 metri! Tuona il Tar.

I giudici spiegano che tale norma integra le disposizioni stabilite dal codice civile e dall’art. 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, in materia di distanze tra gli edifici, stabilendo che i fabbricati debbano possedere una determinata distanza dal confine e ciò al fine non solo di regolare i rapporti di vicinato evitando intercapedini nocive, ma anche e soprattutto di soddisfare esigenze più generali quali ad esempio l’assetto urbanistico di una certa zona assicurando comunque uno spazio libero tra le costruzioni.

Infatti, proprio in ragione della peculiare finalità di tali disposizioni adottate a livello locale, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che:

le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze sono invalide;

e ciò in quanto le norme contenute nei regolamenti comunali che prevedono distanze delle costruzioni dal confine rivestono carattere assoluto ed inderogabile.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

 

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