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20/02/2023 - Legittimazione ad impugnare gli atti di gara in capo ad un’impresa che si sia ritirata dalla gara stessa. Pronuncia del TAR Milano.

Tratto da: ildirittoamministrativo.it

L’impresa che si sia ritirata dalla gara prima dell’aggiudicazione è priva di legittimazione e di interesse a ricorrere avverso gli atti della gara stessa.

Costituisce un abuso del processo l’impugnativa di atti e la proposizione di censure in palese contraddizione col comportamento precedentemente tenuto dal ricorrente nei confronti della stazione appaltante.

Nel caso di specie, un’impresa – dopo essersi ritirata da una gara d’appalto – aveva impugnato l’aggiudicazione ed il bando di gara. 
Il T.a.r. per la Lombardia ha in parte dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di legittimazione e di interesse, sul presupposto che “legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo [, a cui deve assimilarsi quello escluso o ritiratosi per sua volontà nel corso della procedura,] non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblici” (Consiglio di Stato, VII, 28 dicembre 2022, n. 11519).

Ha poi ritenuto che l’impresa non possa dolersi dell’eccessiva durata della procedura di gara (che avrebbe favorito la sopravvenienza di un abnorme e imprevedibile aumento dei costi) perché, ex art. 32 comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016, l’impresa offerente ha la facoltà di sciogliersi dall’impegno assunto con la stazione appaltante in sede di presentazione dell’offerta, laddove la durata della procedura dovesse superare le tempistiche ritenute congrue dalla stessa stazione appaltante o, in mancanza, dalla legge (ovvero centottanta giorni). Pertanto, l’intervenuto peggioramento delle condizioni contrattuali per eccessiva durata della procedura selettiva può essere neutralizzato dall’operatore interessato soltanto con lo strumento del mancato rinnovo la validità della propria offerta, quale facoltà riconosciuta dalla legge.
Infine, il T.a.r. ha ritenuto che configuri un abuso del processo il comportamento dell’impresa che propone azioni giurisdizionali e censure in palese contraddizione con il comportamento precedentemente tenuto: nel caso di specie, l’impresa ricorrente aveva prima attestato la congruità delle offerte presentate, giustificando i vari costi proposti, per poi - pochi giorni dopo – smentire il contenuto di tale documento, chiedendo la revisione dei prezzi sulla base di presupposti già sussistenti in precedenza; inoltre, dopo aver comunicato il mancato rinnovo della validità delle offerte e delle garanzie provvisorie presentate in sede di gara e quindi essersi autoesclusa dalla procedura – pur essendosi aggiudicata quattro lotti –, la ricorrente aveva proposto dei ricorsi tesi a contestare l’eccessiva durata della selezione, sebbene in una prima fase avesse accettato di prorogare le proprie offerte.

TAR Milano, Sez. IV, sent. del 6 febbraio 2023, n. 311

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