22/12/2023 - Sanzioni e ne bis in idem
Sentenza del 15/12/2023 n. 1033 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche Sezione/Collegio 2
Intitolazione:
Sanzioni e ne bis in idem
Massima:
In ambito sanzionatorio, il giudicato penale non esplica efficacia vincolante nel processo tributario, poiché sono diverse le modalità di prova e le presunzioni idonee a supportare le pronunce nei diversi ambiti; quindi, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento, questi, non hanno autonoma potestà nel separato giudizio tributario. Anche la Corte di Cassazione a SS.UU. ha negato la sostanziale identità tra la condotta prevista e punita in via amministrativa e quella rilevante ai fini penali, quando gli elementi costitutivi dei due illeciti penale e amministrativo divergono in alcune componenti essenziali. Nel caso pertanto, in cui il rapporto trai due illeciti (amministrativo e penale) si ponga non in termini di specialità ma piuttosto di progressione, non trova applicazione l'invocato principio di "specialità" di cui all'art. 19, comma 1, del D.Lgs. 74/2000 e dunque la questione di bis in idem.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso, presentato in atti, la società Si.Imm. SAS di Si G& c. corrente in Castelfidardo (An), in persona del legale rappresentante Si.Gi., rappresentata e difesa , giusta delega a margine dell'atto, dal commercialista dott. A.G., ricorre in appello per la riforma della sentenza n. 1877/16 della CTP di Ancona, depositata il 14.9.2016, sulla decisione di rigetto del proprio ricorso avverso la cartella di pagamento n. 003 20140008891303000 per le sanzioni amministrative in materia di IVA ed IRAP per gli anni d'imposta 2004-2005-2006, emessa dall'Agenzia delle Entrate -Dir. Prov. di Ancona. La società Si.Gi. aveva eccepito avverso tale cartella la violazione del principio ne bis in idem del diritto europeo che impone la disapplicazione del D.Lgs. n. 74/200 e dei DD.Lgs. n. 471 e 472 del 1997. La CTP di Ancona ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato alle spese di giudizio perché̀ ha ritenuto che le cartelle di pagamento sono impugnabili solo per vizi propri e che non esiste violazione del principio invocato in quanto nella legislazione nazionale , esiste il principio del doppio binario tra reato penale e quello amministrativo senza nessuna condizione. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il presente ricorso d'appello la Ditta Si.Gi. contesta la decisione del giudice di prime cure perché̀: a) la iscrizione delle sanzione a ruolo non è un vizio proprio dell'atto in quanto con l'iscrizione a ruolo la sanzione diviene afflittiva e definitiva per cui è ingiusto proseguire nei confronti del contribuente, condannato definitamente in sede penale, con l'esecuzione della sanzione amministrativa, peraltro, di natura penale con la conseguenza che per far valere il diritto di non procedere esecutivamente nei confronti del suo patrimonio non esista altra via che quella della impugnazione del ruolo; b) pur riconoscendo che i procedimenti penali e tributari sono distinti, non si può condannare un soggetto due volte per il medesimo fatto se non violando il principio "ne bis in idem sostanziale". Conclude con la richiesta di riforma della sentenza impugnata con integrale vittoria delle spese di lite. Resiste e si costituisce in giudizio l' A.E. di Ancona con le controdeduzioni in data 12.5.2017 con le quali, nel contestare sui punti quanto esposto da controparte, conclude per il rigetto dell'appello e la condanna della ricorrente alle spese di giudizio. La Corte osserva come le argomentazioni, svolte dal giudice di prime cure a supporto della propria decisione sulle eccezioni di parte appellante, siano corrette dal punto di vista logico-giuridico e coerenti con un consolidato giudicato della Suprema Corte secondo il quale, ai sensi dell'art.654 c.p.p., il giudicato penale non esplica efficacia vincolante nel processo tributario, poiché in questo da un lato vigono limitazioni alla prova e dall'altro possono valere anche presunzioni inidonee a supportare un pronuncia penale di condanna, quindi, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento, questi, non hanno autonoma potestà nel separato giudizio tributario (Cass. nn. 10945/2005, 9109/2002, 8872/2007). Le doglianze tra l'altro non riguardano vizi propri della cartella di pagamento e quindi dovevano essere mosse in una sede diversa. Rileva, inoltre, la Corte che, ai fini del concorso apparente di norme e dell'applicazione della norma speciale, le Sezioni Unite hanno negato la sostanziale identità tra la condotta prevista e punita in via amministrativa dall'art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 e quella rilevante ai fini penali, sanzionata dall'art.10 bis e dall'art.10 ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, in quanto gli elemeti costitutivi dei due illeciti penale e amministrativo divergono, come nel caso sub iudice, in alcune componenti essenziali che hanno indotto i giudici di legittimità ad identificare il rapporto trai due illeciti (amministrativo e penale) non in termini di specialità ma piuttosto di progressione con la conseguenza che non trova applicazione l'invocato principio di "specialità" di cui all'art. 19, comma 1, del D.Lgs. 74/2000 (Cass. SS.UU. n. 37424/2013 e Cass. SS. UU. n. 37425/2013). Osserva infine la Corte, per giurisprudenza costante ai fini della corretta decisione, che il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmete tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo sufficiente che, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito per la valutazione e le proprie conclusioni, esplicitamente disattendendo quelle logicamente incompatibili con la pronuncia adottata. Il ricorso va dichiarato inammissibile e la sentenza appellata confermata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che vengono liquidate in ? 2.000,00