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31/08/2023 - Progressioni verticali senza titolo: una misura che danneggia tutta la PA

tratto da leautonomie.asmel.eu

Giunse, finalmente, il giorno che anche la stampa generalista si accorse del gravissimo vulnus inferto ad ogni principio di valorizzazione del merito, nonché ad ogni intento di ringiovanire la PA e garantirle l’acquisizione di nuove competenze, derivante dalla recente tornata di contrattazione nazionale collettiva, che ha introdotto le progressioni verticali “in deroga”.

Chi scrive è da due anni che evidenzia tutte le storture, non solo giuridiche (i Ccnl hanno platealmente violato il divieto posto dal d.lgs 165/2001 di trattare la materia del reclutamento, alla quale appartengono le progressioni, oltre a preconizzare una violazione inaccettabile della Costituzione nel dare modo agli enti di ritenere che le progressioni in deroga possano essere attivate in quantità superiore al 50% dei posti previsti dalla programmazione), ma anche logiche e sistemiche sottostanti l’esiziale scelta di ammettere progressioni verticali anche per chi non disponga del titolo di studio che sarebbe necessario se si volesse accedere al posto previsto dal fabbisogno mediante concorsi.

Parlare di “progressioni in deroga” è, in effetti, non tanto un eufemismo, quanto proprio un distogliere l’attenzione dalla realtà: significa negare il merito tanto sbandierato e ridurre le altrettanto sempre enunciate “competenze” e “soft skills” alla cosiddetta “università della vita”: un’anzianità di servizio di 5, 8 o 10 anni, basterà e avanzerà per equipararsi a chi disponga di diplomi e lauree.

Il Messaggero, che in verità aveva molto – acriticamente – elogiato le riforme della PA del 2021 (che contenevano in maniera evidentissima le basi per sottoscrivere i deleteri Ccnl introduttivi delle progressioni aperte ai senza titolo), con l’articolo del 28 agosto 2023 di Andrea Bassi “Statali, ecco le promozioni – Per gli scatti l’anziani vale più del titolo di studio” evidenzia tutte le storture che si sono inevitabilmente prodotte a causa delle previsioni contrattuali.

L’articolo ha analizzato alcuni bandi di amministrazioni pubbliche piuttosto “probanti”. Il Ministero dell’economia si segnala per una progressione da 597 posti da funzionario. Per accedere il punteggio massimo sarà 100, composto da 40 punti (1,6 l’anno) per “l’esperienza professionale”, modo aulico per non scrivere “anzianità”; 35 punti per le “competenze professionali”. Valutate come? Con assessment, risultati conseguiti, incarichi specifici condotti, rilevazione delle “soft skills”? Nemmeno per sogno: “un corso on line di autoformazione fare un test, al quale saranno assegnati fino a 30 punti” dei 35 disponibili, e passa la paura. I titoli? Restano sostanzialmente i grandi assenti: si divideranno i restanti 5 dei 35 punti: “1 punto per un master, 3 punti un dottorato, 2,5 una specializzazione”. I restanti 25 punti sono connessi alla formazione acquisita, intesa come istruzione svolta. L’appiattimento verso il basso è il più totale, perché alla laurea spettano al massimo 20 punti, contro i 15 del massimo spettante al diploma.

Non è da meno, secondo l’articolo, L’Anpal. Ai fini della progressione l’esperienza (sempre eufemismo per non dire “anzianità” vale 50; altri 25 punti spettano per le competenze maturate in Anpal (una specifica anzianità connessa alla permanenza in servizio nell’Anpal); i titoli di studio? Daranno al massimo i restanti 25 punti. Ma, anche qui l’appiattimento regna sovrano: infatti, i laureati potranno aspirare ai 25 punti; ma i diplomati potranno aspirare fino ai 24 punti: un azzeramento quasi totale dell’investimento in formazione.

A decine e decine di anni, la genialità comica di Eduardo Scarpetta traslata nel fil Miseria e Nobiltà nel dialogo tra Felisce Sciosciammocca scrivano e l’analfabeta si conferma di estrema attualità:

  • Felice Sciosciammocca: “Dunque. Lei è ignorante?”
  • Analfabeta: “Io? Sì.”
  • Felice Sciosciammocca: “Bravo, bravo. Viva l’ignoranza! Tutti così dovrebbero essere…”
  • Analfabeta : “Eh…”
  • Felice Sciosciammocca: “E se ha dei figliuoli, non li mandi a scuola, per carità!”
  • Analfabeta: “No, io figli nun tengo…”
  • Felice Sciosciammocca: “Li faccia sguazzare nell’ignoranza!”

In poche parole, come osserva il Bassi, “Studiare, insomma, rende decisamente poco”.

L’inchiesta del Bassi, poi, conferma che gli enti hanno inteso attingere a mani basse, nonostante l’evidentissima incostituzionalità delle disposizioni dei Ccnl se intese come capaci di consentire progressioni oltre il 50% del posti previsti dai fabbisogni, alla possibilità di fare “cchiù progressioni per tutti”, prendendo pretesto dalle disponibilità economiche offerte dai Ccnl.

Un primo esempio? Afferma il Bassi: “Diverse Asl in giro per l’Italia hanno addirittura pensato a dei meccanismi semi automatici: hanno avviato una ricognizione per vedere quanti vogliono fare carriera e verificare se ci sono le risorse per far crescere tutti”.

Poi, si passa al vero archetipo: “il maxi bando per oltre 2 mila progressioni verticali decise dal Comune di Roma”.

In effetti, come gli addetti ai lavori sanno bene, le progressioni verticali “in deroga” nel comparto Funzioni Locali sono una sorta di clausola “ad comunem”, pensata specificamente per il comune di Roma, che aveva la grana dei moltissimi addetti ai servizi di istruzione e formazione, qualificati come educatori e formatori, assunti nel passato col solo diploma, ma senza laurea, presenti a migliaia nei vari servizi.

Cosa è successo? Il Ccnl 16.11.2022, nel lodevole intento di valorizzare il personale educativo e scolastico (ma anche quello infermieristico e della riabilitazione) ha stabilito che i connessi profili professionali dovessero essere ascritti non più all’ex categoria C e, dunque area Istruttori, ma alla più elevata area dei Funzionari ed Elevate Qualificazioni (corrispondente all’ex categoria D).

Ma, questa riqualificazione vale:

  1. per i futuri nuovi assunti;
  2. per i dipendenti già in servizio, ma in possesso del titolo di studio della laurea.

Infatti, il Ccnl riserva l’accesso all’area dei Funzionari solo a chi risulti in possesso della laurea triennale o magistrale, a seconda del profilo.

Se le cose fossero restate ferme così, in particolare a Roma (ma anche in molti altri enti) si sarebbe verificata una circostanza molto particolare e non del tutto piacevole: a parità di mansioni e profilo (educatore e formatore) alcuni dipendenti si sarebbero visti inquadrati nella più elevata area dei Funzionari, mentre altri (moltissimi altri) sarebbero rimasti all’area Istruttori, parcheggiati in quelli che il Ccnl definisce “profili ad esaurimento”, cioè quelli riferiti proprio al personale, come affermano le declaratorie contrattuali, “che alla data di entrata in vigore del presente sistema di classificazione, sia inquadrato nell’Area degli Istruttori per effetto della trasposizione di cui alla Tabella B dalla ex categoria C”. Non è certo un caso l’espressa citazione dei profili del personale educativo scolastico tra quello compreso nei profili ad esaurimento.

Ma, “esaurimento” di cosa? Generalmente, i profili vanno ad esaurimento con la progressiva cessazione dal servizio dei dipendenti: l’ente si vincola a non assumere più nuovi dipendenti nel profilo considerato ad esaurimento.

Nel caso di specie, però, proprio grazie alla progressione “in deroga” la cessazione dal servizio non coincide col pensionamento, ma con la cessazione dall’inquadramento nella categoria di appartenenza, connessa all’inquadramento in quella superiore.

Qui occorre fermarsi un attimo e precisare: le progressioni verticali sono sostanzialmente equiparabili ad una “promozione”. Ma, nel privato la “promozione”, cioè la crescita di carriera (per esempio, il passaggio da “impiegato” a “quadro”) avviene nell’ambito di una carriera unica, alla quale si accede una sola volta con l’originaria assunzione e scalabile progressivamente su iniziativa del datore, perfettamente libero di promuovere come e quando vuole, anche avvalendosi della possibilità di lasciar consolidare le mansioni superiori eventualmente assegnate, ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile.

Nel lavoro pubblico, però, questo non è possibile. Da un lato, l’articolo 2103 non può essere applicato. Dall’altro, la carriera non è “monistica”: ogni volta che si passi da un inquadramento all’altro, infatti, si ha una “novazione” del rapporto di lavoro, cioè si attiva un nuovo rapporto. Allo scopo, allora, in applicazione dell’articolo 97 della Costituzione, occorre superare un concorso pubblico. Oppure, come prevede l’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001, avvalersi delle progressioni verticali, limitate però a non oltre il 50% del numero dei posti da coprire, perché altrimenti – secondo gli insegnamenti dati dalla Corte costituzionale a partire dalla sentenza 1/1999 – si avrebbe una vulnerazione intollerabile all’accesso pubblico agli impieghi.

Ebbene, tra i vari elementi negativi delle progressioni “in deroga”, introdotte dai Ccnl, non solo vi è lo spalancamento delle porte nei nuovi inquadramenti superiori a personale che se intendesse progredire mediante concorso nemmeno sarebbe ammesso per carenza dei titoli di studio, ma, come accennato sopra, anche il tentativo di giustificare progressioni oltre il limite del 50% dei posti da coprire, basato sulla previsione nei contratti di un finanziamento apposito, in misura percentuale sul monte salari del 2018.

In generale, tale finanziamento per enti di piccole e medie dimensioni non è gran che; ma in enti molto più grandi, consente di far progredire migliaia di dipendenti, necessariamente, quindi, andando di moltissimo oltre la soglia normativamente imposta del 50%, prevista dall’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 proprio in obbedienza alle moltissime sentenze della Consulta.

Le progressioni verticali “in deroga” per tutti, quindi, sul piano della legittimità costituzionale non appaiono affatto una buona idea, anche perché si è introdotta la “deroga” per via contrattuale, pur essendo ai contratti non solo inibito di trattare la materia del reclutamento (e basterebbe ciò solo), ma ovviamente violare la legge (nel caso specifico, il limite del 50%) e, soprattutto, la Costituzione per come letta da decenni dalla Consulta.

Non stupisce, allora, che il comune di Roma, nel quale operano migliaia di addetti all’educazione e formazione privi di laurea, abbia insistito ed ottenuto la normativa contrattuale collettiva, che ha permesso il maxi bando di cui parla il Bassi, finalizzato proprio a chiamare dal limbo dei profili “ad esaurimento” tutti i lavoratori senza titolo possibili, per inquadrarli nell’area dei Funzionari, nel modo più automatico possibile.

L’articolo informa che “i dipendenti capitolini che si sono candidati allo “scatto” hanno superato i seimila”: un terzo potrà fregiarsi della “promozione” anche se privi del titolo della laurea.

E’ davvero questo quello che serve all’interesse pubblico? E’ così che si garantisce il ringiovanimento della PA? E’ così che si reclutano le “nuove competenze”? Il “merito” è solo “anzianità”?

Il Ministro della Funzione Pubblica, sempre al Messaggero nell’intervista titolata “Statali, Zangrillo: «L’anzianità non basta, il merito è irrinunciabile. Promozioni senza laurea? Non riguardano aree ad alta qualificazione»” se la cava con poco: afferma che il merito è “irrinunciabile” ma non analizza gli sconquassi delle progressioni “in deroga”, limitandosi ad osservare che non riguardano le aree dell’alta qualificazione.

Ma, l’inquilino di Palazzo Vidoni, tuttavia, con specifico riferimento all’ordinamento locale, non tiene conto che l’area delle Elevate Qualifiche non è ulteriore, diversa e più elevata rispetto a quella dei Funzionari, perché nel comparto Funzioni Locali non c’è alcuna area autonoma dedicata alle Elevate Qualifiche: semplicemente, l’ex categoria D è stata riqualificata area dei Funzionari e delle Elevate Qualificazioni. Sicchè, il personale che ha avuto accesso alle progressioni verticali senza titolo, potrà anche essere destinatario di incarichi di Elevata Qualificazione e, così, svolgere funzioni da “quadro” o, negli enti senza dirigenza, anche funzioni dirigenziali. E’ questo quello che serviva ai cittadini?

La realtà dei fatti, come sempre, si scontra con parole e slogan. Si parla da mesi di merito e valorizzazione dei “talenti”, ponendosi domande su come rendere “attrattiva” la PA. Certo, sistemi come le progressioni verticali “in deroga”, platealmente finalizzati a deprezzare percorsi di studio e di specializzazione in favore dell’anzianità non sono il viatico migliore per attrarre giovani “talenti”: si possono organizzare tutti gli open day possibili, realizzare campagne di comunicazione per convincere che i trattamenti economici nella PA sono pari o migliori di quelli del privato, ma se poi si dimostra che il re è nudo, l’attrattività resta solo una parola.

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Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

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