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28/08/2023 - Il flop delle riforme sui concorsi e sulla PA: anche i giornali generalisti se ne stanno accorgendo.

Dal sito leautonomie.asmel.eu un articolo di Luigi Oliveri

Con comodo e calma, anche la stampa generalista si accorge di quanto chi scrive sostiene da sempre: le riforme di questi ultimi 3 anni si presentano solo nella facciata come in grado di velocizzare i concorsi e consentire alla PA il necessario reperimento di nuove competenze, da un lato, il ringiovanimento dei ranghi, dall’altro, e l’incremento complessivo dei ruoli, per rimediare ad una sottodotazione evidente a chiunque, compresi coloro che insistono sul refrain vieto e stanco dei “troppi dipendenti”, salvo poi accorgersi nei pronto soccorso, o per i tempi di rilascio di passaporti o carte di identità o per i tempi di realizzazione degli appalti e di intervento di servizi sociali, che le cose non funzionano.

Scagliarsi contro “la burocrazia” è esercizio semplice, come urlare al “governo ladro” quando piove.

La realtà, come sempre, magari non piace, ma evidenzia che occorre rafforzare numeri e qualità del complesso dei dipendenti pubblici e rivela che, nonostante le buone e pie intenzioni enunciate col d.l. 80/2021, siamo lontanissimi dal riuscire nell’intento.

Su La Repubblica del 24.8.2023, l’articolo di Rosaria Amato “Concorsi pubblici il blocco delle assunzioni inguaia anche il Pnrr” conferma che anche la stampa generalista finalmente entra, da benvenuta, nel novero di coloro che guardano i fatti e non ascoltano gli slogan.

L’articolo si sofferma sull’assurdità della legge 75/2023, che, nel convertire il d.l. 44/2023 già causa di una restrizione non da poco sul numero degli idonei che è possibile scorrere dalle graduatorie, ha ulteriormente ristretto tale numero, limitandolo all’assurdo 20% del numero dei posti messi a concorso.

In questo modo, si impedisce praticamente di scorrere le graduatorie, proprio in un periodo nel quale i concorsi pubblici fanno flop per poca affluenza di candidati e continui rifiuti, poi, di prendere servizio, legati a molti motivi.

Scorrere le graduatorie degli idonei può evitare di rifare da zero i concorsi e permettere in breve tempo di rimediare al costante deflusso di personale.

Ma, gli slogan fin qui hanno prevalso. E’ dal 2019, quando l’allora Ministro della Funzione pubblica mise una stretta agli idonei, che si è fatta strada a Roma la convinzione che gli idonei vanno presto in obsolescenza delle competenze.

Invece, allora, di pensare a percorsi come tirocini formativi, accordi con università e scuole per tenere aggiornate le competenze mediante corsi di specializzazione e tirocini di inserimento nelle PA, così da non disperdere gli idonei, si è tornati ad insistere sulla “stretta”.

A distanza di 4 anni questo assunto astratto e da laboratorio dell’obsolescenza degli idonei, produzione evidente di “consulenti” lontanissimi dalla vita reale, è stato ripreso e rilanciato dall’attuale inquilino di Palazzo Vidono e sciaguratamente messo a fondamento della sciagurata legge 75/2023.

Ma, non basta solo questo a spiegare l’inefficacia sostanziale delle norme più recenti nel perseguire l’obiettivo di un vero rafforzamento della PA. Le ragioni sono anche altre:

  1. la riapertura delle progressioni verticali, addirittura (illegittimamente) estese dai Ccnl a dipendenti nemmeno in possesso del titolo di studio minimo che sarebbe necessario per accedere per concorso al posto di approdo: le progressioni verticali:
    1. nè ringiovaniscono la PA, perchè rivolte a dipendenti già in servizio;
    2. nè aumentano il numero dei dipendenti, esattamente per lo stesso motivo;
    3. nè permettono di acquisire competenze “nuove” essendo rivolte a competenze note e conosciute;
    4. nemmeno garantiscono un reale miglioramento della qualità del lavoro, visto che si tratta di una sorta di pesca a strascico, che prende anche persone non titolate;
  2. le varie norme e normette che qui e là continuano a derogare al divieto di incaricare pensionati: appare leggermente complicato ringiovanire la PA continuando ad incollare alle poltrone delle scrivanie attempati signori, sottraendoli a più gradevoli occupazioni;
  3. l’eccesso di offerta di lavori a termine, che per altro viene a pioggia compensata da processi più o meno logici di stabilizzazione;
  4. per gli enti locali, l’estensione a dismisura dello scellerato “scavalco di eccedenza”, permesso anche a comuni con 25.000 abitanti, è un altro strumento di involuzione: consente a dipendenti già in servizio di prestare fino a 12 ore settimanali al servizio di altro ente locale, senza, quindi, aggiungere nè dipendenti, nè competenze nuove, nè contribuire al ringiovanimento, bensì accentuando la frammentazione delle attività, ridotte a poche ore, con comprensibili effetti deleteri sull’efficacia.

In più, si continua a favoleggiare di nuove centinaia di migliaia di assunzioni, lasciando intendere che i ranghi delle PA si estenderanno, dimenticando regolarmente, però, di fare il saldo con le moltissime uscite, connesse proprio all’invecchiamento spinto dei dipendenti pubblici, sì che sostanzialmente le assunzioni, sempre che vadano a buon fine, forse riescono a coprire a malapena il turn over.

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