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23/08/2023 - Demanio stradale ed uso pubblico: i poteri della PA

tratto lentepubblica.it - a cura di Maurizzio Lucca

Un’interessante sentenza, illustrata dall’Avvocato Maurizio Lucca per Lentepubblica.it, fornisce chiarimenti in merito ai potere della PA in materia di demanio stradale ed uso pubblico.


La sez. Unica del TAR Valle D’Aosta, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 37, definisce la distinzione tra strada pubblica e privata, il diritto d’uso e la cognizione incidentale in materia di servitù pubblica del GA, aspetto rilevante per comprendere i poteri della PA sul patrimonio, sia pubblico che privato, specie quando quest’ultimo è gravato da un’“utilità” di passaggio collettivo (di persone per soddisfare un interesse generale), idonea a far perdere il dominio del privato sul bene proprio [1].

Il privato, comunque, non può subire – in via unilaterale – dalla PA l’imposizione di una servitù pubblica, ovvero la realizzazione di un intervento (opera pubblica), senza un necessario, quanto doveroso, contraddittorio, a nulla rilevando da una parte, l’inserimento del bene (rectius strada) nell’elenco delle vie pubbliche, dall’altra, l’utilità pubblica a giustificazione dell’imposizione di un diritto reale (o intervento) senza una procedura espropriativa.

Indice dei contenuti

Demanio stradale ed uso pubblico

In effetti, può succedere che il privato si veda imporre un limite alla disponibilità del bene, specie quando si tratta di una strada privata che ha perso il suo carattere alieno per assumere una funzione di uso pubblico (strada vicinale) [2], dove l’Amministrazione può realizzare marciapiedi o illuminazione pubblica [3], ovvero altri interventi (ad es. sottoservizi) strumentali a consentire la fruizione ad un numero indistinto di cittadini, privando al privato la sua disponibilità, donde la servitù d’uso pubblico: ossia la capacità di soddisfare le esigenze di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale.

Tuttavia, questa facoltà di intervenire su beni privati (terreni, caso di specie) esige il rispetto della forma che nel diritto trova la fonte nelle norme (il procedimento espropriativo, ad esempio) e non in un mero comportamento: il titolo giuridico si acquista nei modi prescritti dalla legge (per contratto o dal giudice) e non da un atto unilaterale della PA.

È noto, in prima osservazione, che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune di agire sul bene (iscrizione costituente presunzione iuris tantum, superabile con la prova contraria), ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù [4].

Ne consegue che questo non sia sufficiente per l’esercizio del potere pubblico, essendo superabile tale iscrizione con la prova contraria della sua natura privata e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività.

Ciò posto, per l’attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata è necessario che con la destinazione della strada all’uso pubblico concorra l’intervenuto acquisto, da parte dell’Ente locale, della proprietà del suolo relativo per effetto:

  • di un contratto, in conseguenza di un procedimento d’esproprio;
  • di usucapione;
  • (fatto) nell’adibizione ad uso pubblico di un tratto viario che, per le sue caratteristiche, assuma una esplicita finalità di collegamento tra due luoghi (due intersezioni), essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone (nei termini infra);
  • della dicatio ad patriam, ossia l’asservimento del bene da parte del proprietario all’uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale [5].

Sotto questo ultimo profilo, la dicatio ad patriam è ravvisabile ogni qualvolta il comportamento del proprietario, pur se non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, ponga volontariamente, con carattere di continuità, un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività uti cives – e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato [6] – indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto [7].

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