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02/08/2023 - PNRR, una rimodulazione che apre tanti dubbi

dal sito leautonomie.asmel.eu un articolo di Matteo Barbero

Nei giorni scorsi il Ministro Raffaele Fitto ha presentato il documento “Proposte per la revisione del PNRR e capitolo RePoweEU”; nel quale si sintetizza il lavoro svolto in questi mesi dal nuovo Esecutivo che fin da subito ha puntato decisamente ad un profondo restyling del Piano motivato sostanzialmente da due fattori: 

1) la necessità di rivedere alcuni interventi risultati non più in linea con gli obiettivi, alla luce degli eventi eccezionali e non prevedibili verificatisi dopo la sua adozione (guerra in Ucraina, prezzi dell’energia, scarsità di materie prime ecc.) o comunque a rischio inammissibilità, ovvero che hanno fatto registrare ritardi e difficoltà rispetto alla tabella di marcia originaria;

2) la volontà di recuperare spazi per finanziare il piano RePoweEU, lanciato dalla Commissione europea con l’obiettivo di garantire sicurezza dell’approvvigionamento dell’energia a prezzi sostenibili. 

In questo senso, l’impostazione complessiva del documento Fitto non rappresenta una sorpresa, ma è pienamente in linea con quanto da tempo annunciato. 

Esso, in sintesi, si basa su tre pilastri: 

1) l’individuazione di una serie di misure che si propone di definanziare – totalmente o parzialmente – dal PNRR, per un ammontare complessivo di 15,9 miliardi di euro; 

2) il rafforzamento della misura “Asili Nido” con un incremento del finanziamento di 900 milioni di euro necessari per indire un nuovo bando che assicuri il conseguimento del relativo target; 

3) l’introduzione di nuove misure finalizzate al perseguimento degli obiettivi dell’iniziativa REPowerEU per un ammontare massimo complessivo di 19,2 miliardi di euro, alla cui copertura si propone di provvedere, oltre che con il contributo a fondo perduto REPowerEU r assegnato all’Italia (2,7 miliardi di euro) e le risorse aggiuntive derivanti dall’aggiornamento del contributo UE PNRR per effetto della variazione del PIL (150 milioni di euro), con le risorse PNRR derivanti dalle rimodulazioni di cui al punto 1).

Entrando nei dettagli del documento, però, i dubbi sono tanti e riguardano soprattutto il destino delle misure che si propone di stralciare. Escluso che possano essere realmente e integralmente definanziate (lo stesso documento lo esclude, precisando che saranno inseriti in altri programmi, come i Fondi strutturali e di investimento europei, il Fondo per lo sviluppo e la coesione e il fondi del Piano nazionale complementare al Pnrr), è evidente che tali coperture devono essere identificate contestualmente allo stralcio dall’attuale Piano. 

Diversamente, si verificherebbe, oltre al blocco delle procedure in corso (gare in via di espletamento o già affidate, cantieri aperti e finanche interventi in fase di collaudo), anche un effetto a catena che dal bilancio dello Stato si propagherebbe su quelli dei soggetti attuatori e dei loro aventi causa.

Un’apocalisse senza precedenti. Ma non solo: il Governo non deve trascurare un altro aspetto, quello amministrativo-procedurale: cambiare regole in corsa è sempre complicato e ancora di più quando le regole in ballo sono quelle, estremamente complesse, del Pnrr. 

Lo ha dimostrato l’esperienza delle misure “non native”, che hanno dovuto adeguarsi ad esse dopo essere state avviate sulla base di regole diverse. 

Ora il rischio è che si creino delle misure “non più native” per le quali andrà chiarito se e entro quali limiti la disciplina Pnrr sarà ancora applicabile (pensiamo al Dnsh, alla perimetrazione dei capitoli, al circuito finanziario, alla rendicontazione ecc). 

Senza contare il paradosso nel paradosso rappresentato dalle misure (si pensi alle piccole opere o a quelle di rigenerazione urbana) non native che dopo essere diventate Pnrr adesso potrebbero tornare alla disciplina originaria: due cambi di regime in tre anni sarebbe un record mondiale.

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