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16/03/2022 - Ha portata innovativa la norma del DL 90/2014 che prescinde dal titolo di studio per gli incarichi dirigenziali di staff

Dal sito della Corte dei Conti


Sentenza Corte dei Conti sez. giurisdizionale Toscana n.39/2022 

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Quanto sopra dettagliato consente di affrontare uno dei temi posti dalla Procura nell’atto di citazione e ribadito, tra l’altro, in sede di discussione. 

In entrambe le sedi è stato, in primis, evidenziato, che al conferimento degli incarichi di diretta collaborazione sarebbe applicabile l’articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e i conseguenti requisiti - tra cui il possesso dei titoli di studio - necessari per il conferimento di incarichi dirigenziali. 

Al riguardo, il collegio ritiene di non prendere posizione espressa su tale ultima questione (salvo ribadire che, senza dubbio, come già evidenziato, nell’ordinamento precedente al decreto legislativo n. 150 del 2009 già risultava presente un tendenziale obbligo di possesso del titolo della laurea per il personale chiamato a ricoprire incarichi dirigenziali). 

Infatti, come si avrà modo di rilevare nei punti successivi, la risoluzione di tale questione non assume valore decisivo ai fini della valutazione della legittimità dell’operato dei convenuti che, come può essere anticipato, ridonda già nell’antigiuridicità del conferimento in base a ulteriori, e sinanco maggiormente problematiche, considerazioni. 

 

vi. L’effetto della novella del 2014

Alla fonte disciplinante il conferimento di incarichi di staff (contenuta, come più volte esposto, nell’articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000) ha più di recente innovato l’articolo 11 del decreto-legge n. 90 del 2014, già accennato in considerazione di taluna delle difese. La novella, introducendo un comma 3-bis, ha precisato che “Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”. La lettera della norma non presenta particolari problemi esegetici ed è anzi di agevole lettura. 

Contrariamente a quanto sostenuto soprattutto dalla linea difensiva del convenuto Matteo Renzi, infatti, l’effetto della novellazione più volte citata, indipendentemente dalle intenzioni del decretante, non è stato quello di legittimare ex post il conferimento di incarichi del tutto svincolati dal possesso di requisiti culturali ovvero professionali. Essa, al contrario, assume un duplice valore, uno di carattere confermativo e uno di carattere innovativo, in entrambi i casi ininfluente ai fini dell’eventuale elisione della contestazione in esame. 

Innanzitutto, la disposizione ha oggettivamente precluso il ricorso alle collaborazioni di cui all’articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per attività gestionali o sinanco ordinarie, rafforzando quindi l’originaria impostazione dello stesso atto normativo. La contraria prassi era stata, in passato, stigmatizzata (in quanto illegittima) da parte della giurisprudenza contabile, che aveva evidenziato come la facoltà di utilizzare il personale assunto ai sensi dell’articolo 90 non possa legittimare assegnazioni “strumentalmente finalizzate all’assunzione temporanea, mediante chiamate dirette di natura fiduciaria, di (…) soggetti (…) anche presso settori diversi dell’Amministrazione comunale per l’espletamento di mansioni generiche, rientranti nelle ordinarie competenze gestionali dei vari settori amministrativi del Comune e, comunque, palesemente esulanti rispetto ai tipici compiti di supporto e di collaborazione all’esercizio, da parte del sindaco, delle sue istituzionali funzioni d’indirizzo politico-amministrativo e di controllo” (Sezione giurisdizionale di Appello per la Regione Siciliana, 9 settembre 2014, n. 377).

In secondo luogo, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa citata, essa presenta valore “innovativo”, e non già “confermativo”, con conseguente applicabilità solo agli incarichi successivi alla sua introduzione. 

Infatti, la novella ha (in astratto) permesso di adibire personale non laureato a mansioni analoghe, quanto al contenuto e in via correlativa quanto alla retribuzione, al personale dirigenziale. 

In particolare, come sostenuto da parte della giurisprudenza contabile, la disposizione “indirettamente riconosce la possibilità che il trattamento economico del personale, non adeguatamente titolato, assunto negli uffici di staff possa comunque essere parametrato a quello del personale con qualifica dirigenziale. Ma tale evenienza, avendo portata chiaramente innovativa rispetto ad un assetto che deponeva in senso contrario, può realizzarsi solo posteriormente all’introduzione della disposizione” (Sezione II centrale Appello, 8 luglio 2019, n. 244). Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto, in particolare, dal convenuto Matteo Renzi, il governo decretante non ha affatto confermato la possibilità del conferimento di incarichi a personale non dotato dei requisiti specifici, con retribuzioni analoghe a quelle dei dirigenti. 

 

Invece, fatti salvi gli ulteriori elementi sostanziali e procedimentali, il citato atto normativo ha consentito quanto in passato non era invece permesso. Come accennato, peraltro, la novella non può quindi applicarsi, non avendo valore retroattivo, ai fatti in contestazione

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