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11/03/2022 - Corte dei Conti Molise, del. 113/2021 – Rimborso spese legali degli amministratori

Dal sito self-entilocali.it

 

Un sindaco ha formulato un quesito in materia di rimborso spese legali ai componenti degli organi politici locali, chiedendo, nello specifico se:

  • si debba provvedere allo stanziamento delle somme necessarie a far fronte alla richiesta di rimborso, con riconoscimento di debiti fuori bilancio o con una variazione;
  • nel caso in cui si provvede attraverso una variazione di bilancio, la spesa debba essere collocata nella Missione 1 “Servizi istituzionali, generali e di gestione”.

Con delibera n. 113/2021, i magistrati contabili della sezione di controllo della Regione Molise hanno dapprima ricordato che, con riguardo agli amministratori locali, la disciplina che regola la materia dei rimborsi per spese legali è “assoggettata a rango primario”, e nello specifico all’art. 86, c. 5, del TUEL, introdotto dall’articolo 7-bis, c. 1, del d.l. 78/2015 che dispone che “il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: 

  1. assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
  2. presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; 
  3. assenza di dolo o colpa grave”.

Ritiene, la sezione, di doversi esprimere limitatamente alla nozione di invarianza finanziaria contenuta nella disposizione sopra citata, lasciando invece l’esatta interpretazione dei requisiti di legittimità alle valutazioni dell’ente.

Sul punto viene ricordato e condiviso il recente intervento della Sezione delle autonomie della Corte dei conti che, con la deliberazione n. 17/2021, ha enunciato il principio di diritto secondo cui: “Il vincolo di invarianza finanziaria di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 va valutato in relazione alle risorse finanziarie ordinarie, in modo tale che non sia alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. Ne deriva che l’ente può sostenere le spese di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 nei limiti in cui tali spese trovino copertura nelle risorse finanziarie ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di non alterare l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente”.

Per quanto riguarda invece la questione della necessità di ricorso all’istituto contabile del “riconoscimento di debiti fuori bilancio” o della “variazione di bilancio,i magistrati contabili, chiamando in causa i principi della contabilità armonizzata, di cui al d.lgs. 118/2011, e in particolare il principio contabile della competenza finanziaria potenziata, ricordano che le obbligazioni giuridiche passive, e la conseguente registrazione del provvedimento di impegno, a valere sulla competenza, avviene nel momento in cui l’impegno è giuridicamente perfezionato, con imputazione agli esercizi finanziari in cui le singole obbligazioni passive risultano esigibili.

Osservano i magistrati contabili che, rispetto al caso in commento, se l’obbligazione si attualizza con la richiesta di rimborso avanzata dall’amministratore e trovando la sua fonte nella legge e nella sentenza favorevole, prima della richiesta di rimborso il vincolo contabile cui è subordinato l’obbligo di registrazione dell’impegno ex art. 183 TUEL non può sorgere, non configurandosi nemmeno una violazione delle regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese di cui all’art. 191 del TUEL (a fondamento della procedura di riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio di cui al successivo art. 194).

Da ultimo, viene evidenziato che la possibilità far ricorso all’istituto del riconoscimento del debito fuori bilancio non risulta compatibile con la disciplina introdotta dall’articolo 7-bis, c. 1, del d.l. 78/2015, vale a dire l’art 86, c. 5, TUEL, poiché “la possibilità di ricorrere senza limiti temporali al riconoscimento del debito consentirebbe di eludere la clausola di invarianza, derubricando il divieto di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica a formula normativa priva di concreto significato precettivo”. Tuttavia le limitazioni che derivano dall’interpretazione dell’art. 86 sono mitigate dall’art. 1, commi 1015-1022, della l. 178/2020 (legge di bilancio), che ha previsto che all’imputato assolto, con sentenza divenuta irrevocabile successivamente al 1° gennaio 2021, “perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato” è riconosciuto il rimborso delle spese legali nel limite massimo di euro 10.500,00, escluso solo nei casi di assoluzione da uno o più capi di imputazione e condanna per altri reati, estinzione del reato per avvenuta amnistia o prescrizione, sopravvenuta depenalizzazione dei fatti oggetto di imputazione.

 

Leggi la delibera

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