07/01/2022 - L’abuso edilizio quale presupposto per la revoca di un’autorizzazione commerciale.
TAR Lecce, sentenza n. 1917 del 28 dicembre 2021
E’ opportuno premettere che nella fattispecie oggetto della sentenza in esame gli abusi edilizi, che hanno dato adito all’ordinanza con cui il SUAP ha ingiunto l’immediata chiusura dell’attività commerciale e la revoca della relativa autorizzazione, consistevano, come accertato da Agenti della Polizia Locale, in “opere che non costituiscono corpi di fabbrica e sono soggetti ad attività edilizia libera o subordinati a Segnalazione certificata di inizio attività”, ossia lievi difformità rispetto ai titoli edilizi rilasciati dal Comune, per i quali il ricorrente aveva presentato, prima dell’impugnato provvedimento ostativo dell’attività, apposita istanza di sanatoria, peraltro previo confronto con i tecnici comunali.
Il giudice adito ha motivato l’accoglimento del ricorso di annullamento dell’ordinanza dirigenziale, innanzi tutto, affermando che “l’Amministrazione avrebbe dovuto, innanzitutto, concludere il procedimento di accertamento di conformità e poi assumere eventualmente gli eventuali e consequenziali provvedimenti sanzionatori. Infatti, costituisce ius receptum che, proprio in materia di abusi edilizi, la motivata conclusione di qualsiasi procedura di sanatoria avviata costituisce presupposto logico e giuridico per la comminatoria o l’esecuzione della sanzione, sicché non può ammettersi la repressione degli interventi abusivi prima che sia positivamente accertata la non sanabilità dei medesimi, ove gli interessati ne facciano richiesta.”
Per maggiore esplicitazione il collegio giudicante ritiene, conformemente ad un condiviso indirizzo giurisprudenziale, che “in pendenza di una procedura di sanatoria non definita si assiste ad un inammissibile “sovvertimento dell’ordine logico di valutazione della fattispecie sottoposta all’esame degli organi competenti, con conseguente vizio di eccesso di potere dell’atto repressivo anticipato”.
La validità di tale assunto è dimostrata dal fatto che a distanza di circa due mesi dall’adozione dell’ordinanza sanzionatoria l’Amministrazione ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.
Il TAR ritiene, inoltre, che il provvedimento impugnato contrasti con i principi di proporzionalità e ragionevolezza con riferimento all’ingiustificato sacrificio imposto all’interesse privato, in quanto “Discende dai principi generali che “non può essere ordinata la chiusura dell’attività commerciale relativamente all’intera struttura, a fronte di un’abusività soltanto parziale dell’immobile, la quale rende sproporzionata l’inibizione totale dell’attività stessa””. Relativamente al secondo vizio di legittimità che inficia l’ordinanza viene chiarito che “devono considerarsi illegittimi i provvedimenti di inibizione dell’attività commerciale o economica per assunte presupposte violazioni alla disciplina urbanistico-edilizia che non si sono tradotte, come nel caso di specie, in provvedimenti sanzionatori edilizi conclusivi e tipici, quali le ordinanze di sospensione e di demolizione.”