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17/02/2022 - Le velleità inefficaci di assumere donne, giovani e disabili negli appalti pubblici

Dal sito luigioliveri.blogspot.it

L’articolo 47, e in particolare i commi 4 e seguenti, del d.l. 77/2021, convertito in legge 108/2021, è una norma velleitaria, che introduce una burocrazia parossistica negli appalti e priva di sostanziale efficacia.

L’intento, nobilissimo, sarebbe quello di favorire l’occupazione di giovani e donne, pungolando le imprese appaltatrici delle pubbliche amministrazioni.

Ma, a parte la circostanza che il comparto dell’edilizia malissimo si presta all’incentivazione dell’occupazione delle donne in particolare per una sua strutturazione organizzativa storica, gli adempimenti richiesti alle imprese sono una corsa ad ostacoli nel mare della burocrazia.

Non è un caso che il Ministero delle infrastrutture geli gli entusiasmi per la norma, col parere 1133affermando che “la quota del 30% dei neoassunti destinati a nuova occupazione giovanile e femminile (art. 47, comma 4, del DL n. 77/2021), deve essere riferito unicamente alle assunzioni “necessarie per l'esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali”, da determinarsi avendo riguardo all’intero arco temporale di esecuzione del contratto ed applicando un criterio di funzionalità di dette nuove assunzioni rispetto all’esecuzione del contratto aggiudicato nei tempi e secondo le modalità previste”.

Insomma, l’appaltatore assume giovani, donne o disabili esclusivamente se tali assunzioni risultino necessarie all’esecuzione del contratto.

Come dire, quindi, che la velleità normativa di inserire nei bandi “clausole dirette all’inserimento come  requisiti  necessari  e  come  ulteriori   requisiti   premiali dell'offerta, di criteri orientati a  promuovere  l'imprenditoria giovanile, l'inclusione lavorativa  delle  persone  disabili, la parità di genere e l'assunzione di giovani, con età  inferiore  a trentasei anni, e donne” non può ovviamente condizionare la libertà organizzativa delle imprese ed è stata utile solo a qualche forza politica, per issare la propria bandierina sul testo normativo, facendolo passare come strumento di spinta alla crescita occupazionale di categorie di lavoratori svantaggiate nel mercato del lavoro.

 

 

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