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25/10/2022 - IRAP - Base imponibile - Differenze retributive versate ai dipendenti all'esito di un contenzioso - Sentenza del 20/09/2022 n. 27432 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

tratto da def.finanze.it

Sentenza del 20/09/2022 n. 27432 - Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5

Intitolazione:

IRAP - Base imponibile - Differenze retributive versate ai dipendenti all'esito di un contenzioso.

Massima:

In tema di imposta sull'attività produttiva, le differenze retributive versate ai dipendenti di una pubblica amministrazione all'esito di un contenzioso che ne abbia riconosciuto il diritto con riferimento ad annualità pregresse, non concorrono alla formazione della base imponibile, come previsto dall'art. 10 bis, comma I, del d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, qualora le suddette annualità siano precedenti alla introduzione del tributo, per non assumere rilevanza il requisito dell'autonoma organizzazione dell'attività della pubblica amministrazione, identificato nell'art. 2 della normativa quale presupposto d'imposta. Nel caso di specie, in seguito ad un lungo contenzioso, un Ente pubblico corrispondeva ad alcuni dipendenti importi a titoli di differenze retributive afferenti ad annualità pregresse provvedendo contestualmente al versamento dell'IRAP e successivamente presentava all'Agenzia delle entrate istanza per il rimborso dell'imposta motivando la richiesta sul presupposto di averne erroneamente calcolato il versamento sull'intera somma relativamente ad alcuni periodi temporali. Per ogni tributo, quale garanzia al principio della capacità contributiva ex art. 53 della Costituzione, l'assoggettabilità all'imposta deve rispondere, prima ancora che alla concreta identificazione della base imponibile, alla verifica dell'esistenza del presupposto d'imposta, requisito della capacità contributiva. Con riferimento alla fattispecie, per le differenze retributive riconosciute e versate per le annualità precedenti all'introduzione dell'imposta sull'attività produttiva risultava insussistente, e quindi irrilevante, il presupposto dell'imposta, ossia l'autonoma organizzazione dell'attività diretta, quanto alle pubbliche amministrazioni, alla prestazione di servizi e, in conclusione, mancando il presupposto d'imposta, qualunque fosse stato il momento di corresponsione delle differenze retributive, mancava l'assoggettabilità delle stesse al tributo.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Testo:

Fatti di causa

l'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI (------) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 1208/64/2014, depositata il 4.03.2014 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato l'impugnazione del diniego opposto dall'Agenzia delle entrate alla richiesta di rimborso della maggiore Irap, versata e non dovuta, relativa ai versamenti effettuati negli anni 2001 e 2008.

Ha premesso che era stato introdotto un lungo contenzioso dai lettori di lingua straniera per l'adeguamento della retribuzione percepita per il lavoro svolto. Le ragioni dei dipendenti erano state riconosciute prima in parte dalla Corte d'appello di Brescia con sentenza n. 443 del 2001, e poi integralmente - sino all'equiparazione del loro trattamento retributivo alla posizione di ricercatore confermato - con sentenza n. 195 del 2008 dalla stessa Corte d'appello, quale giudice di rinvio, a seguito del ricorso per cassazione proposto dai lavoratori avverso la prima pronuncia. Negli anni 2001 e 2008 l'ente, unitamente alla corresponsione delle differenze retributive ai lavoratori, aveva provveduto al versamento dell'Irap per le annualità corrispondenti.

Successivamente l'Università aveva presentato all'Agenzia delle entrate istanza per il rimborso dell'Irap che riteneva indebitamente versata nel 2008, così come nel 2001. Aveva motivato la richiesta evidenziando che erroneamente era stato calcolato il versamento dell'imposta sull'intera somma corrisposta ai dipendenti, e ciò tanto relativamente ai periodi anteriori al 1998 (a partire cioè dal 1968), anno di introduzione dell'Irap, quanto, per gli anni successivi, in questo secondo caso per aver corrisposto il Contributo al Servizio sanitario nazionale sull'intera somma erogata ai dipendenti.

Al diniego di rimborso dell'Amministrazione finanziaria era seguito il contenzioso dinanzi al giudice tributario, esitato con la sentenza n. 140/05/2011 della Commissione tributaria provinciale di Bergamo e poi con la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, ora al vaglio della Corte, entrambe di rigetto delle ragioni dell'Università. Il giudice regionale ha motivato la pronuncia sull'assunto che gli importi versati ai dipendenti sono soggetti a tassazione separata ed ai fini Irap occorre fare riferimento all'anno di erogazione al dipendente, che nel caso di specie era successivo alla introduzione dell'imposta sulle attività produttive. Ha inoltre ritenuto che i versamenti eseguiti nel 2001 non potevano configurarsi come un acconto, ma quale imposta interamente dovuta al momento, sicchè il termine di 48 mesi previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, per la presentazione dell'istanza di rimborso era ampiamente decorso nel 2009. Infine, mancava la prova che i versamenti a titolo di Irap avessero coperto anche quanto già versato a titolo di contributo al servizio sanitario nazionale.

La ricorrente ha censurato la pronuncia con tre motivi, cui ha resistito con controricorso l'Agenzia delle entrate.

Nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2022 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

Ragioni della decisione

La ricorrente ha denunciato:

con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, e art. 10 bis, comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè l'introduzione dell'imposta a partire dal 1998, e il suo calcolo con metodo retributivo per i soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lett. e-bis, della medesima legge, impediva l'emersione di obblighi fiscali per prestazioni lavorative anteriori alla sua stessa introduzione;

con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la natura provvisoria del pagamento eseguito ai lavoratori nel 2001, dovendosi invece individuare nei versamenti definitivi eseguiti nel 2008 l'inizio della decorrenza del termine di quarantotto mesi;

con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1998, art. 36, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l'illegittima contestuale corresponsione dell'Irap e del Contributo del SSN. Il primo motivo trova accoglimento nei termini e limiti appresso chiariti.

Va chiarito che, a fronte di un tributo introdotto nel sistema fiscale nel 1998, gli importi corrisposti nel 2001 e nel 2008 dall'Università di (------) ai lettori di lingua straniera, a titolo di differenze retributive - all'esito di un lungo contenzioso - afferivano ad annualità decorrenti dal 1968. Dunque in gran parte riguardavano differenze retributive relative ad un periodo ben anteriore (tre decenni) all'epoca di introduzione dell'Irap. Ciò premesso, per l'assoggettamento al tributo delle pubbliche amministrazioni - individuate tra i soggetti passivi dell'imposta ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1998, art. 3, comma 1, lett. e bis), che richiama il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, comma 2, (ratione temporis vigente), includendo dunque anche le istituzioni universitarie - il valore della produzione netta, ai fini della determinazione della base imponibile, corrisponde alla sommatoria delle retribuzioni erogate al personale dipendente, come prescritto dall'art. 10 bis, comma 1, della medesima disciplina (oltre che all'ammontare dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e alle altre voci dettagliatamente riportate nell'art. 10 cit.).

L'identificazione e determinazione della base imponibile richiede tuttavia la sussistenza del presupposto dell'imposta sulle attività produttive, che l'art. 2, comma 1, della disciplina identifica nell'"esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L'attività esercitata dalle società o dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto d'imposta" (D.Lgs. n. 446 del 1998, art. 2, comma 1). Si è a tal fine affermato che il tributo colpisce una entità economica, o una pubblica amministrazione, che sotto un profilo soggettivo ha riguardo non solo all'arricchimento del soggetto passivo, ma anche alla copertura dei costi, e, per altro verso, sotto un profilo generale, considera del soggetto passivo l'autonomia organizzativa, quale espressione di una capacità contributiva oggettiva.

Ebbene, poichè nella fattispecie ora al vaglio di questa Corte i pagamenti eseguiti dall'Università nel 2001 e 2008 afferivano a differenze retributive riconosciute per annualità pregresse, ancorchè per gli enti pubblici gli obblighi fiscali ai fini Irap seguano, con alcune eccezioni, il criterio di cassa, costituisce dato ineludibile che l'assoggettabilità all'imposta - così come d'altronde per ogni tributo - deve rispondere, prima ancora che alla concreta identificazione della base imponibile, alla verifica dell'esistenza del presupposto d'imposta.

E' lo stesso principio della capacità contributiva, garantito dall'art. 53 della Costituzione quale limes entro cui al soggetto d'imposta si impone l'obbligo del concorso alle spese pubbliche, ad esigere prioritariamente la necessità della emersione del presupposto dell'imposta, e questo dunque prima ancora che si proceda alla identificazione dei criteri di determinazione della base imponibile. Uno dei requisiti della capacità contributiva è infatti quello della sua "attualità", quale sub-specie della effettività. Si afferma infatti che il tributo deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non passata o futura, il che involge (salvo alcune deroghe) una generale irretroattività dei tributi (Corte Cost., 4 aprile 1990, n. 155).

Posto dunque che nel caso ora all'attenzione di questa Corte le differenze retributive, riconosciute e versate ai lettori di lingua straniera all'esito del lungo contenzioso, avevano anche investito annualità - dal 1968 al 1997 - precedenti l'introduzione dell'imposta sull'attività produttiva, si palesa, quanto meno sul piano astratto e salvo quanto si chiarirà con riferimento agli altri motivi di ricorso, che quell'elemento di ricchezza, pur rilevante ai fini dell'insorgenza degli obblighi fiscali ai fini Irap, riguardava tuttavia in gran parte un lasso temporale in cui il tributo non era stato neppure introdotto. Era dunque insussistente, e pertanto irrilevante, il presupposto dell'imposta, ossia l'autonoma organizzazione dell'attività diretta (quanto alle pubbliche amministrazioni) alla prestazione di servizi. Mancando il presupposto d'imposta, qualunque fosse stato il momento di corresponsione delle differenze retributive, mancava l'assoggettabilità stessa delle retribuzioni all'imposta per tutto il periodo antecedente alla sua introduzione.

Viceversa, introdotto il tributo (nel 1998), l'assoggettamento all'Irap delle differenze retributive versate ai dipendenti era coerente con il presupposto dell'imposta, secondo i criteri di determinazione della base imponibile.

Il motivo trova dunque accoglimento nei termini chiariti, dovendo affermarsi il principio secondo cui "in tema di imposta sull'attività produttiva, le differenze retributive versate ai dipendenti di una pubblica amministrazione all'esito di un contenzioso che ne abbia riconosciuto il diritto con riferimento ad annualità pregresse, non concorrono alla formazione della base imponibile, come previsto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 10 bis, comma 1, qualora le suddette annualità siano precedenti alla introduzione del tributo, per non assumere rilevanza il requisito dell'autonoma organizzazione dell'attività della pubblica amministrazione, identificato nell'art. 2 della normativa quale presupposto d'imposta".

Non è invece fondato il secondo motivo, con cui l'Università denuncia l'erronea applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, assumendo che il primo versamento Irap eseguito nel 2001, all'esito della prima sentenza emessa dalla Corte d'appello di Brescia, n. 443 del 2001, in favore dei lettori di lingua straniera, avesse natura provvisoria, dovendosi invece individuare nei versamenti definitivi eseguiti nel 2008 l'inizio della decorrenza del termine di quarantotto mesi ai fini della decadenza dal diritto al rimborso.

Sulla questione è sufficiente evidenziare che in tema di rimborsi, con riferimento alla individuazione del momento da cui deve decorrere il termine per attivare l'istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, questa Corte ha affermato che il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dalla suddetta norma, decorrente dalla "data del versamento" o da quella in cui "la ritenuta è stata operata", opera anche nel caso in cui l'imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima, atteso che l'efficacia retroattiva di detta pronuncia incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche (Cass., 24 luglio 2018, n. 19606). Il principio è confermato anche per le ipotesi in cui l'imposta sia stata dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione Europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l'efficacia retroattiva di detta pronuncia - come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale - incontra sempre il limite dei rapporti esauriti.

Si è più nello specifico affermato che, versata l'imposta sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione Europea, neppure i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di "overruling" sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di giustizia, piuttosto che da quella del versamento o dall'operata ritenuta, sempre per la prevalenza delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti (Sez. U, 16 giugno 2014, n. 13676; cfr. inoltre 17 febbraio 2015, n. 3150; 13 settembre 2018, n. 22345). Il principio costituisce orientamento ormai consolidato.

D'altronde, sia pur nella diversa ipotesi di versamenti eseguiti dal contribuente antecedentemente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, si è anche chiarito che il termine di decadenza per la presentazione dell'istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti decorre, nell'ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un'eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all'ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell'an e del quantum dell'obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all'atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poichè in questa ipotesi l'interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale momento (Cass., 12 marzo 2014, n. 5653; 20 luglio 2016, n. 14868).

Il principio di diritto enucleabile dall'illustrato orientamento è che la decorrenza del termine deve coincidere con la consapevolezza di un versamento non dovuto, il che può verificarsi al momento del pagamento di un acconto, oppure del saldo, e comunque al momento della presentazione della dichiarazione fiscale, momento ultimo dal quale risulta chiaro al contribuente se i versamenti effettuati siano stati maggiori di quanto dovuto.

Tornando alla questione oggetto di causa, le esigenze di certezza e stabilità sostanziale dei rapporti fiscali sono tanto più evidenti quando si consideri che l'ente eseguì il primo versamento Irap all'esito della decisione assunta dalla Corte d'appello di Brescia nel 2001, che era solo parzialmente favorevole ai lettori di lingua straniera. Quella sentenza fu impugnata in Corte di cassazione solo dai dipendenti, per quanto non accolto delle loro originarie ragioni, mentre l'Università fece acquiescenza rispetto alle statuizioni del giudice d'appello, così che almeno nei limiti della parte favorevole ai lavoratori la decisione d'appello divenne definitiva. Affermare dunque che i versamenti ai fini Irap, eseguiti dall'ente relativamente alle differenze stipendiali, ormai definitivamente accertate e passate in cosa giudicata, fossero stati eseguiti solo in via provvisoria, in attesa della decisione del giudice di legittimità, è affermazione priva di pregio, contraddetta dallo sviluppo processuale della vicenda e dai dati obiettivi riportati.

Ne deriva che, eseguito nel 2001 il primo versamento, con il decorso dei quarantotto mesi l'ente contribuente era ormai decaduto dal diritto alla istanza di rimborso.

Il motivo va pertanto rigettato.

Merita rigetto anche il terzo motivo, con il quale l'ente si è doluto dell'errore di diritto, in riferimento al D.Lgs. n. 446 del 1998, art. 36, in cui sarebbe incorso il giudice regionale per non aver considerato l'illegittima contestuale corresponsione dell'Irap e del Contributo del SSN per il periodo compreso tra il settembre 1995 e il dicembre 1997.

E' qui sufficiente rilevare che manca la prova del versamento contestuale anche del Contributo SSN. In definitiva la sentenza va cassata nei limiti e termini d'accoglimento del primo motivo e il processo va rinviato alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che in diversa composizione, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, provvederà al riesame dell'appello, facendo applicazione del principio di diritto dispensato da questa Corte.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, rigetta il secondo ed il terzo; cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2022.

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