25/10/2021 - Presentate ai sindacati le Linee guida sulle attività a distanza della Funzione pubblica
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Resta il fatto che l’attenzione nel pubblico impiego, esclusi ovviamente infermieri, medici, insegnanti, forze dell’ordine e gli altri settori che possono lavorare solo in presenza, si concentra ora su quale Smart Working tornerà in gioco dopo il ritorno in presenza sancito dal 15 ottobre. Perché l’assenza di una disciplina transitoria rende oggi di fatto chiusa per tutti la strada dello Smart Working. Ma lo stesso ministro per la Pa Renato Brunetta, primo autore della chiamata in ufficio, ieri ha spiegato che l’esperienza «con luci e ombre» maturata durante la crisi pandemica non può essere archiviata con un semplice salto nel passato.
Sul piano operativo, la prima conseguenza arriverà oggi alle 12 con la presentazione ai sindacati delle nuove Linee guida sullo Smart Working nel pubblico impiego. Il testo, che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare, richiama i principi in discussione in queste settimane sui tavoli del rinnovo contrattuale. Ma indica anche in modo più puntuale i presupposti indispensabili alla concessione dello Smart Working. Presupposti giudicati indispensabili soprattutto per garantire la sicurezza dei dati trattati nel lavoro. Ma non facili da organizzare per molte amministrazioni.
Il secondo capitolo delle Linee guida, intitolato alle «condizioni per l’accesso alla prestazione lavorativa in forma agile», spiega che «si deve fornire il lavoratore di idonea dotazione tecnologica», e che «per accedere alle applicazioni del proprio ente può essere utilizzata esclusivamente la connessione Internet fornita dal datore di lavoro». L’amministrazione deve poi «prevedere apposite modalità per consentire la raggiungibilità delle proprie applicazioni da remoto». Sempre per assicurare la tutela dei dati, le Linee guida specificano che «in nessun caso può essere utilizzato un’utenza personale o domestica del dipendente per le ordinarie attività di servizio». L’indicazione è chiara. Ma il punto resta controverso perché, come ricorda l’Anci in un Quaderno operativo appena pubblicato sul ritorno in presenza dei dipendenti dei Comuni, il primo decreto Covid, ancora in vigore, prevede la possibilità che lo Smart Working si svolga «attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione» (articolo 87 del Dl 18/2020). Ma è tutta la disciplina che sta piovendo sulla riorganizzazione della Pa a costruire incroci piuttosto complessi fra norme primarie, Dpcm e documenti di indirizzo.
Le Linee guida, si diceva, «anticipano» il contenuto dei contratti che, come Brunetta è tornato a indicare ieri, il governo punta a firmare entro la fine dell’anno. Anche perché i testi in discussione riguardano il 2019/21, per cui l’anno prossimo si dovrà ricominciare. L’intesa su ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici (le «Funzioni centrali») è alla vigilia della fase decisiva, e sulla parte ordinamentale, come appunto quella che riguarda il lavoro agile, fisserà le regole generali che saranno riprese anche negli altri comparti.
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