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12/10/2021 - Le diverse pronunce della Corte dei Conti sulla nomina dei dirigenti

tratto da lasettimanagiuridica.it - autore Pasquale Monea

L’incomprensibile diversità di tesi sulla nomina dei dirigenti: è tempo di chiarezza ed uniformità ma soprattutto costituzionalmente orientate, ponte interrotto tra la Sicilia e la Basilicata.

“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.”

Piero Calamandrei

Premessa.

Due notizie recenti, l’una sostanzialmente di cronaca e l’altra più strettamente tecnico giuridica, appaiono tra loro stridenti: da un lato la nomina dei direttori generali della Regione Basilicata priva di alcuna procedura di verifica e valutazione preliminare dei requisiti (nessun avviso pare essere stato fatto) oltre che senza alcun preventivo accertamento delle disponibilità interne;dall’altro, la deliberazione di appello (e quindi definitiva) della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale di Appello per la Regione Siciliana, sentenza n. 150 del 15 settembre 2021, che condanna il Presidente della Regione e altri assessori regionali,per aver affidato l’incarico di segretario generale della RegioneSicilia, conferendolo ad un soggetto esterno, senza aver valutato le professionalità interne. L’essenza della motivazione della Corte è che gli incarichi dirigenziali anche se generali ed apicali generali devono essere conferiti e ricercarsi previamente all’internodell’amministrazione e mediante una valutazione della professionalità e dei requisiti.

Solo nel caso in cui tale “effettiva” ricerca degli interni abbia dato esito negativo è possibile conferire gli incarichi in questione “a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione”, così come prescrive, in modo chiaro, il comma 6 dell’articolo 19 del d.lgs. 165/2001.

La condanna della Corte dei Conti Siciliana.

La sentenza definitiva della Corte dei Conti (con una condanna peraltro importante sotto il profilo sanzionatorio e risarcitorio) è particolarmente interessante nella parte in cui esclude la tesi secondo cui l’incarico di segretario generale avrebbe natura essenzialmente fiduciaria, ponendosi come figura di raccordo tra il potere politico e l’apparato burocratico amministrativo regionale, con la conseguenza che l’atto di nomina sarebbe di contenuto altamente discrezione, scevro da formalismi, assimilabile ad un atto di alta amministrazione.

E la rafforza con il richiamo ad una serie di decisioni della giurisprudenza amministrativa ed ordinaria, tali da ritenere sussistente la colpa grave e la conseguente responsabilità erarialecon un richiamo all’art. 19 del d.lgs. 165/2001 che sarebbe stato sostanzialmente disapplicato dalla Giunta Regionale Siciliana.

L’art. 19 comma 1 disciplina sia la fase di pubblicazione dell’avviso di selezione, sia il momento di valutazione delle candidature. La disposizione, infatti, prescrive all’amministrazione di fondare il giudizio di idoneità per il conferimento dell’incarico sulla valutazione di taluni elementi, e di talune connessioni, la cui natura è prettamente tecnico-professionale. A fortiori, la norma prescrive all’amministrazione il dovere di determinare i criteri di scelta tenendo in considerazione quanto è obbligata a valutare.

All’interno dei limiti indicati, l’amministrazione conserva un’intensa discrezionalità nel conferimento dell’incarico, potendo e dovendo modellare gran parte del procedimento e dei presupposti del giudizio di idoneità.

Lo scopo della norma è di escludere la possibilità di conferimenti meramente fiduciari tramite l’imposizione di una selezione fondata su criteri predeterminati e conoscibili (comma 1 bis), obiettivi e di natura tecnico-professionale (comma 1). I principi costituzionali di cui è espressione la norma sono quelli ex art. 97 Costituzione e di ponderata separazione tra politica e amministrazione.

La predeterminazione e pubblicazione dei criteri sono adempimenti essenziali anche per il rispetto dei principi del giusto procedimento, al cui esito deve essere adottato un atto motivato che consenta comunque un controllo giurisdizionale.

In altri termini, la norma ex art. 19, comma 1 e comma 1 bis, prescrive all’amministrazione il potere-dovere di predeterminare i criteri di scelta ai fini del conferimento di “ciascun” incarico di funzione dirigenziale. e nella predeterminazione l’amministrazione “tiene conto” di quanto indicato nel comma 1.

L’esistenza del dovere di predeterminazione si argomenta logicamente: l’amministrazione deve predeterminare i medesimi criteri di scelta che ha il dovere di rendere conoscibili per mezzo dell’avviso di selezione (art. 19 comma 1 bis). In altri termini, se l’amministrazione deve rendere conoscibili i criteri di scelta ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale allora deve logicamente predeterminare i criteri di scelta per il conferimento di ciascun incarico dirigenziale. Ragionando diversamente il dovere di rendere conoscibili i criteri, ovvero di agire in modo trasparente, sarebbe inutile, se non vuoto.

La predeterminazione dei criteri di scelta consente quindi l’effettivo svolgimento di una selezione trasparente e di natura tecnico-professionale, assicurando il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione nonché il rispetto della buona fede e della correttezza contrattuale.

L’esistenza e la conformazione del dovere di predeterminazione evidenziano di nuovo come lo scopo della norma sia quello di elidere la possibilità di attuare conferimenti meramente fiduciari al fine anche di concretizzare il principio costituzionale di ponderata separazione tra politica e amministrazione, obiettivo delle recenti riforme del pubblico impiego e di numerose pronunce della giurisprudenza costituzionale (ex multis Corte Costituzionale n. 34/2010).

A ribadire le ragioni di quanto sostenuto residua l’art. 22 C.C.N.L. Area II- Regioni – Enti Locali del 10.04.1996, come sostituito dall’art C.C.N.L. 23.12.1999, modificato dall’art. 10 del C.C.N.L. del 22.02.2006, nella parte in cui prevede che l’amministrazione adotti i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali. La conseguenza dell’assenza di una procedura selettiva è quindi l’accertamento della nullità, per violazione della norma imperativa ex art. 19, comma 1 e comma 1 bis, Decreto Legislativo n. 165/2001, del conferimento dell’incarico dirigenziale.

La nomina dei direttori generali in Regione Basilicata: basta un regolamento regionale?

L’atto di nomina dei direttori della regione Basilicata è ampiamente lontano dai principi affermati dalla citata sentenza di condanna e, sia consentito, dalla giurisprudenza ordinaria, contabile ed amministrativa sul tema.

La nomina (che sembrerebbe essere stato proposto con semplice nota del Capo di Gabinetto, “acriticamente” accolta dal dirigente del Settore personale) parrebbe trovare legittimazione in un regolamento regionale, non sottoposto in quanto tale ad un esame preventivo del Governo in ordine alla sua coerenza ed orientamento ai principi costituzionali: interpretazione in evidente contrasto con la decisione della Corte dei Conti Siciliana e con le decisioni in essa riportate.

In altri termini il suddetto regolamento, evidentemente “sfuggito” al controllo del Governo circa il suo orientamento costituzionale, nell’interpretazione della Giunta Regionale, ammetterebbe la nomina diretta, fiduciaria.

Nessun accenno pare esserci alla valutazione di criteri predeterminati e conoscibili agli obiettivi da perseguire e ai conseguenti caratteri di natura tecnico-professionale alla base della nomina: principi costituzionali di cui è espressione l’art. 19 del decreto legislativo 165/2001, in attuazione dell’art. 97 Costituzione (e dello stesso Statuto della Regione Basilicata) oltre che di ponderata separazione tra politica e amministrazione ed ancora la necessaria verifica degli interni.

L’assenza delle opportune valutazioni oggettive che rendano conto del possesso dei requisiti culturali, professionali (ed al conseguente dovere di astensione all’atto di nomina) sembrerebbe portare ad una potenziale responsabilità ed agli effetti non solo contabili ma anche penali.

Dimentica, inoltre, la deliberazione di nomina che il dinamico rinvio del comma 4 dell’art. 5 dello stesso regolamento lucano al “rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 165/2001”consente di considerare i principi sopra delineati come momento di riflessione in ordine alla correttezza del comportamento della Giunta Regionale Lucana.

Peraltro il dinamico rinvio alla normativa statale è valorizzato dalla stessa sentenza della Corte dei Conti Sicilia ed è consideratoelemento dirimente per giungere ad una condanna erariale, in ossequio al canone “in clari non fit interpretatio”.

Oltre a citare l’art. 19, comma 5 del d.lgs. 165 del 2001 quale limite generale al conferimento degli incarichi è la stessa sentenza della Corte dei Conti più volte citata a richiamare i più generali principi sul tema (in evidente contrasto con la tesi interpretativa del regolamento regionale lucano).

Nel particolare la Corte dei Conti siciliana ritiene che tutta la normativa di riferimento ed il dato letterale del comma 6 dell’art. 19 del decreto legislativo nr. 165 del 2001 non lasciano “alcun margine di dubbio” (cit. sentenza citata) sul fatto che la nomina di personale esterno sia condizionata alla “riscontrata mancanza di quello interno”, elemento del tutto carente nella decisione della decisione lucana in commento.

Una scelta esclusivamente fiduciaria contrasta altresì con l’art. 97 della Costituzione che pone il conferimento di incarichi dirigenziali esterni, senza preventivamente valorizzare i dirigenti interni, quale svilimento del ruolo di questi ultimi, con evidenti ripercussioni sul corretto funzionamento dell’apparato amministrativo in termini di efficienza e di efficacia, nonché un ingiustificato aumento della spesa pubblica.

Aggiunge la Corte Siciliana che una scelta del genere è in contrasto “qualsiasi canone di logica comune, ancor prima che giuridica”!

Infine, pare importante precisare che l’incarico conferito ai direttori lucani abbia una durata triennale: quindi, da un lato la fiduciarietà e dall’altro la durata minima e ciò a prescindere dalla durata dell’organo nominante.

Questa appare una palese contraddizione ed un vantaggio per i nominati, in palese contraddizione con lo spirito dei principi del testo unico del pubblico impiego che il regolamento regionale lucano richiama espressamente.

In altri termini, come oramai chiaro, al fine di applicare ad un dirigente pubblico lo spoils system occorre che lo stesso contribuisca in modo attivo alla formazione dell’indirizzo politico, oppure (ma anche congiuntamente) faccia parte dello staff del politico di turno (da ultimo Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, ad adottare l’ordinanza 19 novembre 2019) in questi unici casi l’incaricato può essere scelto fiduciariamente, pur tuttavia decade con il politico che lo ha nominato, per un’evidente ragione di corretta applicazione del principio di separazione tra politica e gestione.

Tutto questo in Basilicata è lasciato ad un’interpretazione dubbia e lontana dalla logica: il tecnico è scelto “solo” per ragioni fiduciarie, anche fuori dai dirigenti regionali, rimane, a prescindere dalla durata del politico, per un tempo minimo indicato dal più volte citato art. 19 peraltro espressamente richiamato nel regolamento lucano, e questa non pare una scelta quanto meno costituzionalmente orientata.

Un poco di chiarezza normativa ed interpretativa farebbe comodo,non solo agli operatori ma anche alla stessa Corte dei Conti, la cui unicità di vedute dovrebbe rappresentare un valore per i Cittadini,questo al netto del contenuto dei curricula dei prescelti.

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