Salta ai contenuti. | Salta alla navigazione

Strumenti personali

Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
Tu sei qui: Home / Archivio News / Anno 2021 / Maggio / 26/05/2021 - La presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche

26/05/2021 - La presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche

tratto da giurisprudenzappalti.it

Tar Veneto, Sez. I, 20/ 05/ 2021, n. 682

Impresa in concordato preventivo con continuità aziendale viene esclusa dalla gara di cui era risultata aggiudicataria per “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse”.

L’esclusione viene adottata nonostante in sede di contraddittorio procedimentale essa avesse ribadito quanto già dichiarato nel documento di gara unico europeo, circa la regolarità della propria posizione in quanto i debiti tributari erano maturati prima dell’accesso alla procedura di concordato preventivo.

Pertanto, proprio in ragione di tale circostanza – ha evidenziato la società ricorrente – i certificati dei carichi pendenti risultanti dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria attestano l’insussistenza di irregolarità fiscali.

La stazione appaltante ha revocato l’aggiudicazione e disposto l’esclusione dell’impresa dalla gara.

L’esclusione è stata determinata da un duplice ordine di motivi. Prima di tutto perché – trattandosi di accertamenti definitivi, non impugnati, ed inoltre non dichiarati nel documento di gara unico europeo – doveva ritenersi che la ricorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016, avesse commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse”. Sotto il secondo ordine di motivi, l’esclusione è stata disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c bis), del medesimo decreto legislativo, perché la ricorrente avrebbe fornito informazioni fuorvianti suscettibili di influenzare la decisione su un’eventuale esclusione, facendo emergere rilevanti dubbi circa la propria affidabilità, integrità ed idoneità ad eseguire l’appalto.

Tar Veneto, Sez. I, 20/ 05/ 2021, n. 682 accoglie il ricorso ed annulla l’esclusione:

Con il nuovo codice degli appalti il legislatore ha inteso armonizzare e ricondurre a sistema i rapporti di interferenza tra la disciplina degli appalti e quella delle procedure concorsuali chiarendo all’art. 80, comma 1, lett. b), e all’art. 110 del D.lgs. n. 50 del 2016, i presupposti e le condizioni a cui è subordinata la possibilità di partecipare alle gare pubbliche da parte delle imprese in crisi.

Su un piano generale va osservato che frequentemente le possibilità di successo delle procedure di soluzione delle crisi d’impresa tramite concordato preventivo sono condizionate, specie per gli operatori che come ………. abbiano il proprio core business in attività economiche svolte in favore di soggetti pubblici (la ricorrente svolge prevalentemente l’attività di outsourcing per multiutility del settore energetico – metering e il servizio di lettura di contatori), dalla possibilità di poter continuare a contrarre con la pubblica amministrazione.

Tuttavia altrettanto frequentemente tali operatori hanno consistenti debiti di carattere fiscale e previdenziale i quali, se dovesse trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016 nei termini indicati dalla stazione appaltante, impedirebbero la partecipazione alle gare pubbliche dell’impresa, così pregiudicandone la stessa sopravvivenza e, in definitiva, la possibilità di pagamento concorsuale dei creditori e del fisco.

Rispetto a situazioni di difficoltà economica non così gravi da compromettere irreversibilmente l’operatività dell’azienda, verrebbe in tal modo a crearsi una sorta di cortocircuito normativo, perché diverrebbe impossibile perseguire la finalità di salvaguardia dell’azienda e del suo patrimonio nell’interesse dei creditori – finalità cui è preordinato il concordato preventivo con continuità aziendale – dato che tali imprese incontrano sovente un problema insormontabile a soddisfare immediatamente e regolarmente i creditori anteriori, tra i quali vi è il fisco.

Come è stato osservato, ove si riconoscesse un’incidenza negativa alle situazioni debitorie sorte antecedentemente all’apertura della procedura, verrebbe disattesa la ratio della procedura concorsuale finalizzata ad assicurare la prosecuzione dell’attività aziendale e a garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali (cfr. Tribunale Pavia, 20 dicembre 2014).

E’ necessario pertanto comprendere in che modo la peculiare disciplina relativa alle procedure concorsuali può accordarsi con le normative comuni di diritto amministrativo e, in particolare, con la disposizione di cui al citato art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.

La materia delle procedure concorsuali è tradizionalmente connotata da una disciplina speciale che prevale sulle disposizioni ordinarie astrattamente applicabili alla medesima fattispecie. Si pensi, ad esempio, al regime dei rapporti contrattuali pendenti, che sono sottoposti ad una disciplina diversa da quella applicabile ai contraenti in base al diritto comune.

L’art. 168 del R.D. n. 267 del 1942 dispone che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.

Questa norma vieta l’esercizio di azioni esecutive fin dalla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. La giurisprudenza ne ricava il corollario che dalla medesima data è vietato per il debitore l’adempimento volontario dei debiti anteriori. Sarebbe infatti incongruo che il creditore potesse conseguire in virtù di un adempimento spontaneo ciò che non può ottenere in via di esecuzione forzata, dato che in entrambi i casi verrebbe violato il principio di parità di trattamento dei creditori.

Tale fenomeno, che comporta la cristallizzazione o sospensione ex lege dei debiti anteriori, implica che dal loro mancato pagamento non possano conseguire effetti di tipo sanzionatorio o penalizzazioni per il debitore anche qualora queste siano previste da norme di diritto pubblico, in quanto si tratta di un inadempimento non intenzionale, correlato ad un credito inesigibile e ad una prestazione non eseguibile al di fuori del piano concordatario.

Dal momento in cui è stata presentata una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 161 del R.D. n. 267 del 1942, il pagamento dei crediti pregressi può pertanto avvenire solamente con riferimento ai creditori concordatari, nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione e in presenza di una valutazione di vantaggiosità dell’atto da autorizzare rispetto a tutti i creditori concordatari.

Il concetto è ben espresso nel paragrafo 38 della sentenza delle Corte di Giustizia dell’Unione Europea resa nella causa C-101/18 del 28 marzo 2019, laddove si osserva che “nel caso di specie, come emerge dalla legislazione nazionale, in particolare dall’articolo 168 della legge fallimentare, la presentazione di un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo ha segnatamente come conseguenza quella d’impedire ai creditori, durante un periodo determinato dalla legge fallimentare, di agire nei confronti del patrimonio del debitore e di limitare i diritti di cui dispone il ricorrente sul suo patrimonio, nei limiti in cui, a partire dalla presentazione del ricorso, esso non può da solo, ossia senza l’autorizzazione di un tribunale, compiere atti di straordinaria amministrazione su tale patrimonio. Pertanto, la presentazione di un siffatto ricorso produce effetti giuridici sui diritti e sugli obblighi sia del ricorrente sia dei creditori”.

Il divieto di pagamento volontario dei debiti anteriori che deriva dalla presentazione di una domanda di concordato preventivo – divieto che si estende anche alla regolarizzare volontaria della posizione fiscale e contributiva – costituisce un elemento di differenziazione rispetto alla posizione di tutti gli altri operatori economici i quali versino in una condizione di piena e regolare solvibilità dei propri debiti, che implica la prevalenza delle disposizioni speciali sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alla disposizione di carattere generale di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.

Nel caso in esame …….. in data 13 maggio 2019 ha presentato domanda di concordato.

In data 6 dicembre 2019, successivamente alla proposizione della domanda, alla ricorrente sono state notificate due cartelle relative a debiti antecedenti maturati nel 2017 e nel 2018, che, non impugnate, sono divenute definitive il 4 febbraio 2020, ma che non avrebbero potuto essere saldate in conseguenza del divieto di pagamento previsto dall’art. 168, primo comma, del R.D. n. 267 del 1942.

In data 1 aprile 2020, antecedentemente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte fissata al 21 aprile 2020, …………è stata ammessa al concordato preventivo in continuità aziendale.

Pertanto, in forza della specialità delle norme sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alle norme generali in materia di appalti, analogamente a quanto avviene per i debiti previdenziali, la presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche. E questo vale anche con riguardo a debiti fiscali che, come nella specie, risultino definitivamente accertati perché non impugnati (d’altra parte, l’operatore ammesso al concordato non avrebbe alcun interesse ad impugnare tali debiti dato che sono destinati ad essere soddisfatti solo all’interno della procedura concorsuale).

Ne discende che deve ritenersi corretta la dichiarazione resa dalla ricorrente nel documento di gara unico europeo secondo cui “gli obblighi relativi al pagamento di imposte/tasse sono soddisfatti regolarmente nei limiti della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale ex art. 186 bis L. F. presso ………. I debiti antecedenti che non è possibile pagare ex lege saranno regolati nell’ambito del piano concordatario depositato nel rispetto delle regole del concorso e della par condicio creditorum”.

È pertanto illegittima l’esclusione di ……….. dalla procedura di gara in quanto alla stessa non può essere addebitato di aver reso dichiarazioni false o intese ad influenzare il procedimento decisionale della stazione appaltante in capo alla quale non residuava alcun margine di discrezionalità circa l’ammissione della ricorrente sotto il profilo della regolarità fiscale. Infatti, come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate nella nota del 20 ottobre 2020 “con riguardo ai debiti sorti anteriormente alla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, la regolarità fiscale dell’operatore economico sussiste a decorrere dalla data della suddetta pubblicazione per l’intero arco temporale di durata della procedura – indipendentemente dal fatto che nel piano concordatario ne sia previsto l’integrale pagamento – e persiste sino alla completa esecuzione degli impegni di pagamento assunti dall’impresa con la proposta omologata o alla eventuale risoluzione”.

 

Pubblicato il 20/05/2021

N. 00682/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00999/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 999 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Athena s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluca Maria Esposito e Valeria Ciervo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia, n. 11;

contro

Viveracqua s.c. a r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Marta Bassanese e Giovanni Sala, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Linea Verde Società Cooperativa, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Farina, Angelica Maria Nicotina e Giovanbattista Carnibella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Padova, via Berchet, 11;
M.B.S. Group s.c. a r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Napoli, Laura Pelizzo e Maurizio Zoppolato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Dante n. 16;

nei confronti

ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

per l'annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della determina di Viveracqua s.c. a r.l., n. 33/20 del 2 ottobre 2020 avente ad oggetto: “gara a procedura aperta per l'affidamento del servizio per la lettura massiva dei contatori di utenza con fotolettura, per attività di apertura/chiusura contatori con lettura, variazioni contrattuali e morosità- codice gara VAG20S1521//REVOCA AGGIUDICAZIONE LOTTI 1, 2, 3, 8, 9 e 10 e NUOVA AGGIUDICAZIONE”, con la quale la stazione appaltante ha determinato “di escludere dalla procedura la società ricorrente e di revocare l'aggiudicazione disposta con determinazione del Presidente del Consiglio di Amministrazione di Viveracqua del 13 agosto 2020, n. 25, a favore di Athena s.r.l. di disporre l'escussione della garanzia provvisoria presentata da Athena s.r.l. e di comunicare l'esclusione ad ANAC [..] di aggiudicare, salve le verifiche di cui all'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, il lotto n. 9 al RTI Linea Verde Società Cooperativa - M.B.S. Group s.c. a r.l., il quale ha offerto un importo complessivo pari ad euro 368.330,00 ed ottenuto un punteggio complessivo pari a 85,339 punti; di dichiarare deserti i lotti n. 3 e n. 10; di riservarsi in merito ai lotti n. 1, 2, 8, all'esito della verifica dell'anomalia”;

- del provvedimento in data 8 ottobre 2020 con il quale il RUP ha disposto l'interruzione del servizio in danno della ricorrente;

- della determina, ove adottata e allo stato pertanto non conosciuta, con cui l'Amministrazione ha disposto darsi avvio d'urgenza all'esecuzione del servizio in favore dei controinteressati;

- della eventuale comunicazione alla Società di assicurazione per l'escussione della garanzia, non conosciuta;

- della segnalazione inviata ad ANAC, non conosciuta;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, allo stato non conosciuti e con ogni più ampia riserva dell'ulteriore impugnativa nei termini di legge;

nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more con altri aggiudicatari, tra cui il RTI Linea Verde Società Cooperativa - M.B.S. Group s.c. a r.l. e Viveracqua s.c. a r.l.;

nonché per la condanna al risarcimento del danno in forma specifica, con subentro della ricorrente nel contratto eventualmente stipulato con altri aggiudicatari, tra cui il RTI Linea Verde Società Cooperativa - M.B.S. Group s.c. a r.l. e Viveracqua s.c. a r.l. o, in subordine, in forma generica per equivalente pecuniario;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- della determina n. 36 del 21 ottobre 2020 di Viveracqua s.c. a r.l., con la quale, all'esito del procedimento di verifica sulla congruità dell'offerta, è stata disposta l'aggiudicazione in favore di M.B.S. s.c. a r.l. dei Lotti 1, 2 e 8;

- della comunicazione di esito ai sensi degli articoli 29 e 76, comma 5, del D.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 120 del D.lgs. n. 104 del 2010, avente ad oggetto l'aggiudicazione in favore di MBS Group s.c. a r.l. dei Lotti 1, 2 e 8;

- di tutti gli atti ivi richiamati nei sopra indicati provvedimenti, inclusi i verbali di gara, allo stato non conosciuti, in particolare del verbale del 21 ottobre 2020, citato nella determina, avente ad oggetto le operazioni di verifica della congruità dell'offerta di M.B.S. Group s.c. a r.l.;

-di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, allo stato non conosciuti e con ogni più ampia riserva dell'ulteriore impugnativa nei termini di legge;

per la declaratoria di inefficacia

di tutti i contratti nelle more stipulati con Viveracqua s.c. a r.l. o le consorziate;

e per la condanna al risarcimento del danno

in forma specifica, con subentro della ricorrente nei contratti stipulati con M.B.S. Group s.c. a r.l. o, in subordine, in forma generica per equivalente pecuniario.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Viveracqua s.c. a r.l., di Linea Verde Società Cooperativa e di ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione e di M.B.S. Group s.c. a r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2021 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori in modalità videoconferenza come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Viveracqua s.c. a r.l. (d’ora in poi Viveracqua) con bando del 24 febbraio 2020 ha indetto una gara per l’affidamento del “servizio per la lettura massiva dei contatori di utenza con fotolettura, per attività di apertura/chiusura con lettura, variazioni contrattuali e morosità”, per un periodo di 24 mesi, prorogabili di ulteriori 12, quale centrale di committenza per conto di Acquevenete s.p.a., Acque Veronesi s.c. a r.l., Livenza Tagliamento Acque s.p.a., Viacqua s.p.a. e Veritas s.p.a..

L’appalto è suddiviso in dieci lotti autonomi in relazione al territorio di riferimento e al destinatario del servizio (i lotti 1, 2, 3 e 4 sono destinati ad Acquevenete s.p.a.; il lotto 5 ad Acque Veronesi s.c. a r.l.; il lotto 6 a Livenza Tagliamento Acque s.p.a.; i lotti 7 e 8 a Viacqua s.p.a.; i lotti 9 e 10 a Veritas s.p.a.) ed ha per oggetto il servizio di lettura, svolta a mezzo di fotolettura, di contatori idrici ed interventi di apertura e chiusura contatori relativi alle forniture del servizio idrico integrato (contatori acquedotto, pozzi, misuratori di portata), e comprende letture massive, operazioni su variazioni contrattuali ed operazioni per la gestione di eventuali morosità che comportino la chiusura e sigillatura dei contatori.

La ricorrente Athena s.r.l. (d’ora in poi Athena), impresa in concordato preventivo con continuità aziendale, con determina n. 25 del 13 agosto 2020, è risultata aggiudicataria dei lotti 1, 2, 3, 8, 9 e 10, mentre i restanti quattro lotti sono rimasti non aggiudicati per l’esclusione dell’unica partecipante o sono andati deserti.

Con ricorsi r.g. n. 944 del 2020, r.g. n. 945 del 2020 e r.g. n.846 del 2020, M.B.S. Group s.c a r.l. (d’ora in poi M.B.S.) ha impugnato individualmente l’aggiudicazione ad Athena dei lotti 1, 2 e 3, mentre con ricorso r.g. n. 936 del 2020, la medesima M.B.S., in raggruppamento temporaneo di imprese con Linea Verde soc. coop. (d’ora in poi Linea Verde), ha impugnato l’aggiudicazione ad Athena del lotto 9.

In quei ricorsi M.B.S. e Linea Verde sostengono che Athena doveva essere esclusa dalla procedura di gara perché priva dei requisiti di fatturato specifico richiesto dalla lex specialis e perché non ha presentato tutta la documentazione richiesta dall’art. 186 bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, per l’ammissione alle procedure ad evidenza pubblica delle imprese ammesse al concordato preventivo.

Nel documento di gara unico europeo Athena, in merito alla propria condizione di regolarità fiscale ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016, ha indicato il provvedimento con cui è stata ammessa al concordato preventivo, ovvero “Tribunale di Napoli procedura concorsuale 13/2019”, specificando che “gli obblighi relativi al pagamento di imposte/tasse sono soddisfatti regolarmente nei limiti della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale ex art. 186 bis L. F. presso il Tribunale di Napoli n. 13/19. I debiti antecedenti che non è possibile pagare ex lege saranno regolati nell’ambito del piano concordatario depositato nel rispetto delle regole del concorso e della par condicio creditorum”.

Successivamente alla proposizione dei predetti ricorsi proposti avverso l’ammissione di Athena alla procedura, la stazione appaltante - in sede di controllo delle dichiarazioni dalla stessa rese relativamente alla propria posizione di regolarità fiscale - si è rivolta all’Agenzia delle Entrate la quale, con atto prot. 93665 del 25 settembre 2020, ha comunicato che, sulla base del certificato dei carichi pendenti del 24 settembre 2020, risultava l’esistenza di due violazioni definitivamente accertate: la prima, relativa all’atto di recupero crediti n. T63CRBW00018/2019, per l’anno d’imposta 2017, notificato alla parte in data 6 dicembre 2019, contenente un recupero pari ad euro 1.416.970,76; la seconda, relativa all’atto di recupero crediti n. T63CRBW00019/2019, per l’anno d’imposta 2018, notificato alla parte in data 6 dicembre 2019, contenente un recupero pari ad euro 749.288,39.

In sede di contraddittorio procedimentale Athena ha ribadito quanto già dichiarato nel documento di gara unico europeo, circa la regolarità della propria posizione in quanto detti debiti tributari sono maturati prima dell’accesso alla procedura di concordato preventivo la cui domanda di ammissione è stata presentata in data 13 maggio 2019: proprio in ragione di tale circostanza – ha evidenziato la società ricorrente - i certificati dei carichi pendenti risultanti dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria rilasciati il 26 novembre 2019 e il 15 luglio 2020 attestano l’insussistenza di irregolarità fiscali.

In data 2 ottobre 2020, con determina n. 33, Viveracqua ha revocato l’aggiudicazione ad Athena e ne ha disposto l’esclusione dalla gara.

L’esclusione è stata disposta per un duplice ordine di motivi. Prima di tutto perché – trattandosi di accertamenti definitivi, notificati in data 6 dicembre 2019 e non impugnati, ed inoltre non dichiarati nel documento di gara unico europeo – deve ritenersi che la ricorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016, abbia commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse”. Sotto il secondo ordine di motivi, l’esclusione è stata disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c bis), del medesimo decreto legislativo, perché la ricorrente avrebbe fornito informazioni fuorvianti suscettibili di influenzare la decisione su un’eventuale esclusione, facendo emergere rilevanti dubbi circa la propria affidabilità, integrità ed idoneità ad eseguire l’appalto.

Con il medesimo provvedimento la stazione appaltante, oltre a revocare l’aggiudicazione in favore di Athena e disporne l’esclusione dalla procedura, ha avviato la verifica dell’anomalia per i lotti 1, 2 e 8 relativamente alle offerte della seconda classificata M.B.S., ed ha altresì aggiudicato al raggruppamento temporaneo di imprese tra M.B.S. e Linea Verde il lotto 9, dichiarando deserti i lotti 3 e 10.

Con il ricorso in epigrafe tale provvedimento è impugnato da Athena con quattro motivi.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. d), e dell’art. 110 del D.lgs. n. 50 del 2016, l’erroneità dei presupposti e della motivazione e l’erronea valutazione della documentazione esibita dalla ricorrente al momento della gara perché non corrisponde al vero che siano state rese dichiarazioni non veritiere dal momento che, come risulta dai certificati dei carichi pendenti del 26 novembre 2019 e del 15 luglio 2020, non vi sono a carico di Athena debiti definitivamente accertati ostativi alla partecipazione alla gara.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 80, comma 5, lett. d), e 110 del D.lgs. n. 50 del 2016, degli articoli 168 e 184 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e dell’art. 90 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, l’erroneità dei presupposti, il difetto di istruttoria e la contraddittorietà della motivazione, perché il provvedimento impugnato considera i debiti erariali come esigibili ed attuali, senza tener conto che ai sensi del citato art. 168, dalla data della pubblicazione del ricorso volto ad ottenere l’ammissione al concordato preventivo - nel caso di specie avvenuta il 13 maggio 2019 - fino al momento dell’omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, e le prescrizioni che sarebbero state interrotte da tali atti rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

Da tale norma consegue una moratoria generalizzata del soddisfacimento dei crediti, con cristallizzazione degli stessi, per impedire aggressioni all’integrità del patrimonio destinato alla realizzazione delle finalità del piano del concordato preventivo, anche a tutela della par condicio creditorum. Un tale assetto, che si fonda sul presupposto che tutti i debiti anteriori sono sospesi, e possono essere estinti solo in esecuzione del piano di concordato, prosegue la ricorrente, comporta l’inconfigurabilità di debiti ostativi alla partecipazione alle gare pubbliche che è funzionale a consentire all’impresa in concordato con continuità di perseguire lo scopo del risanamento.

Pertanto l’erroneità dell’assunto da cui muove la stazione appaltante con il provvedimento impugnato, consiste nella mancata considerazione che dal momento della presentazione della domanda di concordato l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 90 del D.P.R. n. 602 del 1973, può solo attivarsi per ottenere l’inserimento nella massa passiva dei crediti oggetto delle cartelle, stante il sopra menzionato divieto di pagamento al di fuori della procedura concorsuale.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta in via derivata l’illegittimità del capo del provvedimento che dispone l’escussione della garanzia provvisoria, mentre con il quarto motivo deduce l’illegittimità in via derivata del provvedimento nella parte in cui dispone l’aggiudicazione del lotto 9 al raggruppamento temporaneo di imprese tra Linea Verde e M.B.S..

Successivamente alla proposizione del ricorso, l’Agenzia delle Entrate - alla quale si è rivolta Athena per ottenere la rimozione del certificato dei carichi pendenti del 24 settembre 2020 posto da Viveracqua a fondamento del provvedimento di esclusione - con atto del 19 ottobre 2020 ha revocato e sostituito tale certificato ed ha dichiarato che a carico di Athena non risultano violazioni definitivamente accertate, né violazioni non definitivamente accertate rilevanti ai sensi dell’art. 80 del D.lgs. n. 50 del 2016. Con nota del 20 ottobre 2020, a supporto di quanto dichiarato, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “per effetto del combinato disposto degli artt. 168 co. 1 e 186 bis Legge Fallimentare, nella fattispecie di operatore economico in concordato preventivo in continuità aziendale, non assumono rilevanza i debiti sorti anteriormente alla pubblicazione della domanda di ammissione alla procedura nel registro delle imprese e pertanto inseriti nel piano concordatario, poiché si determina la cristallizzazione dei debiti dell’impresa maturati anteriormente alla predetta pubblicazione, i quali andranno soddisfatti nel rispetto del principio della par condicio creditorum nei tempi e nei modi specificati nel piano concordatarioCon la conseguenza, ha specificato l’Agenzia delle Entrate, che “con riguardo ai debiti sorti anteriormente alla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, la regolarità fiscale dell’operatore economico sussiste a decorrere dalla data della suddetta pubblicazione per l’intero arco temporale di durata della procedura - indipendentemente dal fatto che nel piano concordatario ne sia previsto l’integrale pagamento - e persiste sino alla completa esecuzione degli impegni di pagamento assunti dall’impresa con la proposta omologata o alla eventuale risoluzione”.

Successivamente, con motivi aggiunti, la ricorrente ha impugnato per illegittimità derivata - per gli stessi motivi già proposti con il ricorso introduttivo - la determina n. 36 del 21 ottobre 2020 con la quale Viveracqua, all’esito del procedimento di verifica sulla congruità dell’offerta, ha disposto l’aggiudicazione a favore di M.B.S. dei lotti 1, 2 e 8.

L’ANAC si è costituita in giudizio con atto di mera forma.

Si sono altresì costituiti in giudizio l’intimata Viveracqua e le controinteressate M.B.S. e Linea Verde, eccependo in rito l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili.

Con un prima eccezione le controparti sostengono che il ricorso è inammissibile per carenza di interesse in quanto la fondatezza delle censure proposte con i ricorsi aventi ad oggetto l’ammissione alla gara di Athena per motivi diversi da quelli concernenti la mancanza del requisito della regolarità fiscale rilevante nella controversia in esame (si tratta dei ricorsi r.g. n. 944 del 2020, r.g. n. 945 del 2020 e r.g. n.846 del 2020, r.g. n. 936 del 2020), priva fin dall’origine di interesse la ricorrente alla definizione del ricorso in epigrafe.

Le controparti con una seconda eccezione sostengono che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 120, comma 11 bis, cod. proc. amm., il quale prevede che, nel caso di presentazione di offerte per più lotti, l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto. Sul punto osservano che il provvedimento impugnato, pur formalmente unico, ha natura di atto complesso in quanto contiene un numero di provvedimenti di esclusione corrispondente al numero dei lotti a cui si riferisce.

Con un’ulteriore eccezione M.B.S. afferma che i motivi aggiunti sono inammissibili perché la loro notifica, priva dell’indicazione degli estremi del giudizio (numero e anno di ruolo) prescritta dall’art. 3 bis, comma 6, della legge n. 53 del 1994, per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, è nulla, con la conseguenza che non si è instaurato un contraddittorio completo con i controinteressati sopravvenuti che non erano stati evocati in giudizio fin dal ricorso introduttivo.

Infine Linea Verde, con un’eccezione sollevata nella memoria depositata in giudizio l’8 marzo 2021, sostiene che il ricorso in epigrafe è inammissibile perché avrebbe dovuto essere proposto con motivi aggiunti nell’ambito del ricorso r.g. n. 936 del 2020 pendente tra le medesime parti, per la previsione di cui all’art. 120, comma 7, cod. proc. amm., secondo cui “i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti”.

Nel merito le controparti hanno replicato alle censure proposte, concludendo per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 610 del 2 dicembre 2020, è stata accolta la domanda cautelare.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare in considerazione della “esigenza di non interrompere la continuazione del servizio ad opera del soggetto che lo gestisce attualmente” (Sez. V, ordinanza 25 gennaio 2021, n. 267): in effetti, nelle more della definizione nel merito del ricorso il servizio, con proroghe tecniche o affidamenti temporanei, era stato ed è tutt’ora affidato alle Società controinteressate.

Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza del 24 marzo 2021, nel corso della quale la causa è stata trattenuta in decisione, le controparti hanno chiesto che, in via subordinata al mancato accoglimento delle proprie tesi, venga disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, o che venga sollevata una questione di illegittimità costituzionale per l’ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente lesione al principio della concorrenza tra imprese, che verrebbe a crearsi laddove si consentisse agli operatori economici ammessi al concordato preventivo di partecipare alle gare pubbliche nonostante abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, in violazione della normativa eurounitaria in materia di aiuti di Stato.

Il difensore della parte ricorrente, nella memoria depositata in giudizio il 30 novembre 2021, ha altresì chiesto la cancellazione dalla memoria di Viveracqua del 9 novembre 2020, di alcune espressioni ritenute offensive (laddove viene affermato che “la ricorrente ignora platealmente la previsione dell’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti, sulla base della quale è stata assunta, in primis, la decisione di revocare l’aggiudicazione ed escludere Athena”).

Nella memoria di replica la ricorrente ha reso noto che l’Agenzia delle Entrate, in data 3 febbraio 2021, ha espresso parere favorevole al concordato.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio rileva che non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda con cui Athena ha chiesto la cancellazione di alcune espressioni contenute nella memoria di Viveracqua del 9 novembre 2020: tali espressioni si limitano infatti a sottolineare, con accenti enfatici ma comunque contenuti nei limiti della formale continenza, la diversità di interpretazioni tra le parti delle norme che riguardano punti centrali della controversia.

Ancora in via preliminare devono essere esaminate le eccezioni in rito.

Con la prima eccezione le controparti sostengono che il ricorso in epigrafe è inammissibile perché sono fondati i ricorsi - da considerarsi pregiudiziali in quanto attinenti ad una fase della procedura antecedente a quella oggetto della presente controversia - con i quali M.B.S. e Linea Verde sostengono che Athena avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per motivi diversi dall’irregolarità fiscale oggetto della controversia all’esame.

L’eccezione non è fondata.

Infatti i ricorsi r.g. n. 944 del 2020, r.g. n. 945 del 2020 e r.g. n.846 del 2020, r.g. n. 936 del 2020, chiamati all’odierna udienza per essere decisi congiuntamente, sono stati respinti, e quindi permane l’interesse della ricorrente a veder deciso nel merito il ricorso in epigrafe con il quale è impugnata la sua esclusione dalla procedura per la mancanza del requisito di regolarità fiscale ovvero per aver reso delle dichiarazioni fuorvianti nel documento di gara unico europeo.

La prima eccezione è pertanto infondata.

Parimenti infondata è la seconda eccezione con la quale le controparti sostengono che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 120, comma 11 bis, cod proc. amm., il quale prevede che, nel caso di presentazione di offerte per più lotti, l'impugnazione può essere proposta con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto.

Il comma 11 bis dell’art. 120, cod. proc. amm., introdotto dall'art. 204, comma 1, lett. i), del D.lgs. n. 50 del 2016, prevede che “nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”.

La giurisprudenza ha chiarito che tale norma ha codificato un orientamento già consolidato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 4 febbraio 2016, n. 449; Consiglio di Stato, Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3241), per il quale l'ammissibilità del ricorso cumulativo resta subordinata, per l'annullamento di diverse aggiudicazioni relative a distinti lotti di una procedura di gara originata da un unico bando, alla condizione che ricorrano i requisiti "della identità di situazioni sostanziali e processuali, che le domande siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che identiche siano altresì le censure”.

Pertanto il ricorso cumulativo non è vietato in assoluto, ma è tollerato dall'ordinamento quale eccezione alla regola dei ricorsi separati e distinti nell'ipotesi in cui vi sia l’articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni, che è quanto accade nel caso in esame in cui si verifica una identità di causa petendi ed una articolazione del petitum riferibile solo formalmente ai singoli lotti. Va infatti rilevato, da un lato, che l’esclusione è stata disposta con un unico atto per un segmento procedimentale comune trasversale a tutti i lotti ai quali la ricorrente ha partecipato, dall’altro, che il provvedimento è sorretto da un’unica motivazione. Ne consegue che è unica ed identica per tutti i lotti la ragione fondante la pretesa demolitoria, come è reso evidente dalla circostanza che, rispetto alle aggiudicazioni impugnate, sono state proposte solo censure in via derivata dall’illegittimità dell’esclusione e ciò denota l’unicità del vizio trasversale a tutte le sequenze procedimentali (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 4 dicembre 2018, n. 1115, confermata sul punto da Consiglio di Stato, Sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148).

Nel caso in esame ricorre pertanto il tassativo presupposto della identità di situazioni sostanziali e processuali che giustifica il ricorso cumulativo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 ottobre 2020, n. 6368; id. 22 gennaio 2020, n. 526; T.A.R. Veneto, Sez. III, 15 ottobre 2020, n. 941; Consiglio di Stato, Sez. II, 26 aprile 2018, n. 2550).

Con la terza eccezione M.B.S. sostiene che i motivi aggiunti sono inammissibili perché la loro notifica è priva dell’indicazione degli estremi del giudizio (numero e anno di ruolo) prescritta a pena di nullità dall’art. 3 bis, comma 6, della legge n. 53 del 1994, per le notificazioni effettuate in corso di procedimento.

L’eccezione è infondata.

La ricorrente con i motivi aggiunti lamenta l’illegittimità dell’aggiudicazione dei lotti 1, 2 e 8 a M.B.S. in via derivata dall’illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, riportando per esteso e pedissequamente le censure dedotte nel ricorso introduttivo, con l’indicazione degli estremi dell’atto impugnato in quella sede.

Poiché l’indicazione degli estremi del giudizio che è stata omessa assolve la funzione di consentire l'univoca individuazione del processo al quale si riferisce la notificazione, e nel caso di specie i motivi aggiunti contengono elementi altrettanto univoci, la notificazione non può essere dichiarata nulla dato che i controinteressati sono stati messi nelle condizioni di interloquire pienamente anche rispetto al ricorso originario (cfr. Cassazione civile, Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17022).

Con una quarta eccezione di inammissibilità Linea Verde afferma che – tenuto conto che in relazione alla gara de qua e al lotto n. 9 era nota ad Athena la pendenza del giudizio r.g. n. 936 del 2020 (concernente oltre tutto una fase della procedura successiva a quella de qua) – il ricorso in esame avrebbe dovuto essere proposto con motivi aggiunti nell’ambito di quel giudizio e non già con il presente ricorso autonomo.

L’eccezione non è fondata.

L’art. 43 cod proc. amm., prevede che i “ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte” e l’art. 120, comma 7, cod. proc. amm., dispone che “i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti”.

I motivi aggiunti pertanto presuppongono che sia stata avanzata precedentemente una domanda da parte di chi li propone, sia esso il ricorrente principale o incidentale. Nell’ambito del ricorso r.g. n. 936 del 2020 - con cui Linea Verde sostiene che Athena doveva essere esclusa per la mancanza del requisito del fatturato specifico e perché non ha prodotto la documentazione necessaria a partecipare nella qualità di impresa in concordato preventivo con continuità aziendale - l’odierna ricorrente ricopre solo la posizione di controinteressato, non quella di ricorrente incidentale. Infatti il ricorso incidentale presuppone, ai sensi dell’art. 42 cod. proc. amm., un interesse che sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, mentre il ricorso in epigrafe è sorretto da un interesse autonomo ed indipendente dalla domanda di annullamento avanzata da Linea Verde nel ricorso r.g. n. 936 del 2020.

Le eccezioni in rito sono pertanto infondate.

Nel merito il ricorso deve essere accolto per la fondatezza di tutti e quattro i motivi proposti, che possono essere esaminati congiuntamente.

Nel caso di specie, come correttamente sostenuto nel ricorso e dall’Agenzia delle Entrate con gli atti del 19 e 20 dicembre 2020, le irregolarità fiscali in capo ad Athena non sono ostative alla sua partecipazione alla procedura di gara.

La stazione appaltante e le controinteressate sostengono che la disposizione di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016 - che impedisce la partecipazione alle gare pubbliche degli operatori responsabili di violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali - ha una valenza generale che non può subire deroghe o limitazioni nell’ipotesi di imprese, come Athena, ammesse al concordato preventivo in continuità aziendale.

Tale tesi non è condivisibile.

Non v’è dubbio che secondo la disciplina applicabile fino a che è rimasto in vigore, nel testo originario, il D.lgs. n. 163 del 2006, non era consentito agli operatori economici sottoposti a una procedura concorsuale di continuare nell’esercizio dell’attività con riferimento agli appalti pubblici. Ad essi era preclusa non solo la partecipazione alle gare, e quindi l’acquisizione di nuovi contratti, ma anche il completamento dell’esecuzione di quelli in corso (tale conclusione discende da una lettura congiunta degli articoli 38, 40 e 140 del D.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 78 del D.P.R. n. 207 del 2010).

Tale contesto normativo è stato modificato dalla novella apportata al R.D. n. 267 del 1942, dall’art. 33 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, il quale ha introdotto nell’ordinamento l’istituto del “concordato con continuità aziendale”, al quale può farsi ricorso nel caso in cui i piani concordatari prevedano “la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio, ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione”, piani che possono prevedere anche “la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa”.

La norma di cui all’art. 186 bis, del R.D. n. 267 del 1942, introdotta dal predetto decreto legge, sovvertendo l’impostazione tradizionale, ha previsto che a seguito dell’ammissione al concordato preventivo i contratti in essere alla data del deposito del ricorso non si risolvono anche se la controparte contrattuale sia una pubblica amministrazione. Contestualmente il legislatore del menzionato decreto legge ha modificato anche il testo dell’allora vigente art. 38 del D.lgs. n. 163 del 2006, ed ha consentito agli operatori economici ammessi a concordato con continuità aziendale di partecipare alle gare pubbliche.

Con il nuovo codice degli appalti il legislatore ha inteso armonizzare e ricondurre a sistema i rapporti di interferenza tra la disciplina degli appalti e quella delle procedure concorsuali chiarendo all’art. 80, comma 1, lett. b), e all’art. 110 del D.lgs. n. 50 del 2016, i presupposti e le condizioni a cui è subordinata la possibilità di partecipare alle gare pubbliche da parte delle imprese in crisi.

Su un piano generale va osservato che frequentemente le possibilità di successo delle procedure di soluzione delle crisi d’impresa tramite concordato preventivo sono condizionate, specie per gli operatori che come Athena abbiano il proprio core business in attività economiche svolte in favore di soggetti pubblici (la ricorrente svolge prevalentemente l’attività di outsourcing per multiutility del settore energetico – metering e il servizio di lettura di contatori), dalla possibilità di poter continuare a contrarre con la pubblica amministrazione.

Tuttavia altrettanto frequentemente tali operatori hanno consistenti debiti di carattere fiscale e previdenziale i quali, se dovesse trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016 nei termini indicati dalla stazione appaltante, impedirebbero la partecipazione alle gare pubbliche dell’impresa, così pregiudicandone la stessa sopravvivenza e, in definitiva, la possibilità di pagamento concorsuale dei creditori e del fisco.

Rispetto a situazioni di difficoltà economica non così gravi da compromettere irreversibilmente l’operatività dell’azienda, verrebbe in tal modo a crearsi una sorta di cortocircuito normativo, perché diverrebbe impossibile perseguire la finalità di salvaguardia dell’azienda e del suo patrimonio nell’interesse dei creditori – finalità cui è preordinato il concordato preventivo con continuità aziendale - dato che tali imprese incontrano sovente un problema insormontabile a soddisfare immediatamente e regolarmente i creditori anteriori, tra i quali vi è il fisco.

Come è stato osservato, ove si riconoscesse un’incidenza negativa alle situazioni debitorie sorte antecedentemente all’apertura della procedura, verrebbe disattesa la ratio della procedura concorsuale finalizzata ad assicurare la prosecuzione dell’attività aziendale e a garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali (cfr. Tribunale Pavia, 20 dicembre 2014).

E’ necessario pertanto comprendere in che modo la peculiare disciplina relativa alle procedure concorsuali può accordarsi con le normative comuni di diritto amministrativo e, in particolare, con la disposizione di cui al citato art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.

La materia delle procedure concorsuali è tradizionalmente connotata da una disciplina speciale che prevale sulle disposizioni ordinarie astrattamente applicabili alla medesima fattispecie. Si pensi, ad esempio, al regime dei rapporti contrattuali pendenti, che sono sottoposti ad una disciplina diversa da quella applicabile ai contraenti in base al diritto comune.

L’art. 168 del R.D. n. 267 del 1942 dispone che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.

Questa norma vieta l’esercizio di azioni esecutive fin dalla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. La giurisprudenza ne ricava il corollario che dalla medesima data è vietato per il debitore l’adempimento volontario dei debiti anteriori. Sarebbe infatti incongruo che il creditore potesse conseguire in virtù di un adempimento spontaneo ciò che non può ottenere in via di esecuzione forzata, dato che in entrambi i casi verrebbe violato il principio di parità di trattamento dei creditori.

Tale fenomeno, che comporta la cristallizzazione o sospensione ex lege dei debiti anteriori, implica che dal loro mancato pagamento non possano conseguire effetti di tipo sanzionatorio o penalizzazioni per il debitore anche qualora queste siano previste da norme di diritto pubblico, in quanto si tratta di un inadempimento non intenzionale, correlato ad un credito inesigibile e ad una prestazione non eseguibile al di fuori del piano concordatario.

Dal momento in cui è stata presentata una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 161 del R.D. n. 267 del 1942, il pagamento dei crediti pregressi può pertanto avvenire solamente con riferimento ai creditori concordatari, nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione e in presenza di una valutazione di vantaggiosità dell’atto da autorizzare rispetto a tutti i creditori concordatari.

Il concetto è ben espresso nel paragrafo 38 della sentenza delle Corte di Giustizia dell’Unione Europea resa nella causa C-101/18 del 28 marzo 2019, laddove si osserva che “nel caso di specie, come emerge dalla legislazione nazionale, in particolare dall’articolo 168 della legge fallimentare, la presentazione di un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo ha segnatamente come conseguenza quella d’impedire ai creditori, durante un periodo determinato dalla legge fallimentare, di agire nei confronti del patrimonio del debitore e di limitare i diritti di cui dispone il ricorrente sul suo patrimonio, nei limiti in cui, a partire dalla presentazione del ricorso, esso non può da solo, ossia senza l’autorizzazione di un tribunale, compiere atti di straordinaria amministrazione su tale patrimonio. Pertanto, la presentazione di un siffatto ricorso produce effetti giuridici sui diritti e sugli obblighi sia del ricorrente sia dei creditori”.

Il divieto di pagamento volontario dei debiti anteriori che deriva dalla presentazione di una domanda di concordato preventivo – divieto che si estende anche alla regolarizzare volontaria della posizione fiscale e contributiva - costituisce un elemento di differenziazione rispetto alla posizione di tutti gli altri operatori economici i quali versino in una condizione di piena e regolare solvibilità dei propri debiti, che implica la prevalenza delle disposizioni speciali sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alla disposizione di carattere generale di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 50 del 2016.

Nel caso in esame Athena in data 13 maggio 2019 ha presentato domanda di concordato.

In data 6 dicembre 2019, successivamente alla proposizione della domanda, alla ricorrente sono state notificate due cartelle relative a debiti antecedenti maturati nel 2017 e nel 2018, che, non impugnate, sono divenute definitive il 4 febbraio 2020, ma che non avrebbero potuto essere saldate in conseguenza del divieto di pagamento previsto dall’art. 168, primo comma, del R.D. n. 267 del 1942.

In data 1 aprile 2020, antecedentemente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte fissata al 21 aprile 2020, Athena è stata ammessa al concordato preventivo in continuità aziendale.

Pertanto, in forza della specialità delle norme sul concordato preventivo in continuità aziendale rispetto alle norme generali in materia di appalti, analogamente a quanto avviene per i debiti previdenziali, la presenza di debiti fiscali antecedenti alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo non è ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche. E questo vale anche con riguardo a debiti fiscali che, come nella specie, risultino definitivamente accertati perché non impugnati (d’altra parte, l’operatore ammesso al concordato non avrebbe alcun interesse ad impugnare tali debiti dato che sono destinati ad essere soddisfatti solo all’interno della procedura concorsuale).

Ne discende che deve ritenersi corretta la dichiarazione resa dalla ricorrente nel documento di gara unico europeo secondo cui “gli obblighi relativi al pagamento di imposte/tasse sono soddisfatti regolarmente nei limiti della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale ex art. 186 bis L. F. presso il Tribunale di Napoli n. 13/19. I debiti antecedenti che non è possibile pagare ex lege saranno regolati nell’ambito del piano concordatario depositato nel rispetto delle regole del concorso e della par condicio creditorum”.

È pertanto illegittima l’esclusione di Athena dalla procedura di gara in quanto alla stessa non può essere addebitato di aver reso dichiarazioni false o intese ad influenzare il procedimento decisionale della stazione appaltante in capo alla quale non residuava alcun margine di discrezionalità circa l’ammissione della ricorrente sotto il profilo della regolarità fiscale. Infatti, come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate nella nota del 20 ottobre 2020 “con riguardo ai debiti sorti anteriormente alla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, la regolarità fiscale dell’operatore economico sussiste a decorrere dalla data della suddetta pubblicazione per l’intero arco temporale di durata della procedura - indipendentemente dal fatto che nel piano concordatario ne sia previsto l’integrale pagamento - e persiste sino alla completa esecuzione degli impegni di pagamento assunti dall’impresa con la proposta omologata o alla eventuale risoluzione”.

Ciò premesso si rivela manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalle controparti per l’irragionevole disparità di trattamento che verrebbe in tal modo a crearsi tra la generalità delle imprese soggette al rispetto dei requisiti generali di ammissione alle gare di cui all’art. 80, comma 4, del D.lgs. n. 80 del 2016, e le imprese ammesse al concordato preventivo in continuità aziendale a cui non sonno richiesti gli stessi requisiti. Infatti deve ritenersi ricompreso nella discrezionalità del legislatore un assetto normativo volto a disciplinare in modo differente, rispetto all’ammissione alle gare pubbliche, la condizione dell’impresa solvente, in bonis, rispetto all’impresa in crisi per la quale possono ragionevolmente prevalere gli interessi di carattere generale connessi alla prosecuzione dell’attività aziendale e di salvaguardia dei creditori e dei livelli occupazionali.

La stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 7 maggio 2020, n. 85, ha affermato che le scelte del legislatore in questa materia possono essere considerate opinabili, ma sono comunque il “frutto del complesso bilanciamento operato dal legislatore tra l’interesse della stazione appaltante al corretto e puntuale adempimento della prestazione affidata nella particolare ipotesi del contratto concluso con un RTI, e l’interesse al superamento della crisi dell’impresa in concordato preventivo con continuità aziendale, da perseguire anche attraverso la partecipazione dell’impresa stessa alle procedure di affidamento dei contratti pubblici al fine della migliore soddisfazione dei creditori”, rilevando come si tratti di “una valutazione tipicamente rimessa alla discrezionalità del legislatore, che resta libero di operarla nei limiti della non manifesta irragionevolezza”.

Sicché deve ritenersi che, sotto tale profilo, le scelte del legislatore non siano censurabili.

Allo stesso modo non è ravvisabile il contrasto con la normativa eurounitaria eccepito dalle controparti, posto che la direttiva 2014/23/UE all’art. 38, paragrafo 7, lett. b), secondo periodo, dopo aver previsto in linea generale la possibilità di escludere dalle gare gli operatori economici oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, ammette espressamente che “l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore possono decidere di non escludere oppure gli Stati membri possono esigere che l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore non escludano un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui sopra, qualora abbiano stabilito che l’operatore economico in questione sarà in grado di eseguire la concessione, tenendo conto delle norme e misure nazionali applicabili in relazione alla prosecuzione delle attività in tali situazione”. Una scelta in tal senso del legislatore nazionale di per sé comporta senza dubbio - anche nell’ottica del legislatore comunitario - una diversità di disciplina tra imprese in bonis ed imprese in crisi in corso di risanamento, rispetto all’ammissione alle gare pubbliche, diversità che tuttavia non può essere considerata irragionevole.

Neppure è ravvisabile una violazione delle norme sugli aiuti di Stato o in tema di concorrenza dal punto di vista eurounitario ove si tengano in considerazione le specifiche finalità perseguite dal concordato preventivo valorizzate dalla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza resa nella causa C-546/14 del 7 aprile 2016. Con tale sentenza la Corte di Giustizia ha consentito che in questi casi possa essere ammesso il pagamento in forma solo parziale anche del debito di imposta sul valore aggiunto, imposta come noto oggetto di armonizzazione a livello europeo. Da tale pronuncia si può indirettamente ricavare che, a giudizio della Corte di Giustizia, la speciale disciplina dell’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale – ricondotta all’interno del quadro della soluzione concorsuale della crisi di impresa sotto il controllo di un Tribunale - non comporti inammissibili effetti distorsivi della concorrenza.

Alla luce di tali considerazioni deve essere respinta l’istanza istruttoria formulata dalle controparti di acquisire il piano di concordato, perché tale atto è privo di rilievo ai fini della controversia in esame, e nessuna norma condiziona la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese ammesse al concordato preventivo all’esibizione del piano.

In definitiva il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Non è invece necessario pronunciare l’inefficacia o il subentro nel contratto, in quanto nelle more del giudizio, come anticipato, le consorziate di Viveracqua hanno provveduto ad assicurare la continuità del servizio con delle proroghe tecniche dei contratti già in essere o con affidamenti temporanei in via d’urgenza, senza stipulare il contratto definitivo.

Le peculiarità della controversia, per la novità e la complessità delle questioni trattate, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti in epigrafe indicati, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio tenutasi da remoto il 24 marzo 2021 in modalità videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Stefano Mielli, Consigliere, Estensore

Filippo Dallari, Referendario

     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Stefano Mielli   Maddalena Filippi

IL SEGRETARIO

archiviato sotto:
« gennaio 2025 »
gennaio
lumamegivesado
12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031
Una frase per noi

Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

Walt Whitman