15/06/2021 - Capacità tecnica e professionale: differenza tra appalti di servizi e di lavori
Consiglio di Stato, sez. V, 07.06.2021 n. 4298
Nell’appalto di servizi, quale è quello oggetto di giudizio, di norma rileva, ai fini del possesso del requisito di capacità tecnica e professionale, l’avvenuto svolgimento di servizi analoghi nell’arco temporale di riferimento, non anche il possesso della documentazione che attesti il requisito. Questa è richiesta ai fini della comprova ai sensi dell’art. 32, comma 7, e 85, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
La giurisprudenza richiamata dall’appellante, sia nel ricorso che nelle memorie del grado di appello, non è pertinente perché riguarda, per la gran parte, gli appalti di lavori.
Per questa tipologia di appalti, vigendo il sistema unico di qualificazione dell’art. 84 del Codice dei contratti pubblici, l’esecuzione dei lavori non è solo documentata dal certificato di esecuzione dei lavori (CEL), ma è anche accertata con tale documento, in forza di poteri certificativi riconosciuti alle stazioni appaltanti.
In ragione dell’esercizio di tali poteri certificativi, si è affermato in giurisprudenza che il certificato di esecuzione dei lavori è “un atto rientrante nella categoria dei c.d. accertamenti costitutivi, poiché l’effetto dell’accertamento è quello di costituire il requisito in capo all’impresa che richiede il certificato” (così testualmente Cons. Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1320, citata dall’appellante).
Pubblicato il 07/06/2021
N. 04298/2021REG.PROV.COLL.
N. 10163/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 10163 del 2020, proposto da
Del Bo spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Orazio Abbamonte e Maria Filosa, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Azienda Trasporti Milanesi spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marcello Cardi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Gruppo Millepiani spa, non costituita in giudizio;
Tk Elevator Italia S.p.A. (già Thyssenkrupp Elevator Italia S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Simone Cadeddu, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione Prima, n. 02396/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Trasporti Milanesi spa e di TK Elevator Italia S.p.A. (già Thyssenkrupp Elevator Italia S.p.A.);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 20 maggio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 44 del 2021, il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Abbamonte, Cardi e Cadeddu, in collegamento da remoto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla Del Bo s.p.a., terza classificata, contro l’Azienda Trasporti Milanesi s.p.a. (d’ora innanzi ATM) e nei confronti della Thyssenkrupp Elevator Italia s.p.a., prima classificata, per l’annullamento dell’aggiudicazione a quest’ultima del lotto n. 1 della gara, suddivisa in due lotti (da aggiudicare separatamente col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non cumulabili in capo al medesimo concorrente), per l’affidamento del servizio di manutenzione degli impianti di trasporto verticale (scale e tappeti mobili, ascensori – Settori Speciali) presenti nelle stazioni delle linee metropolitane, nei depositi, negli uffici e nei parcheggi in gestione alla stessa. Il ricorso è stato proposto anche nei confronti della società Gruppo Millepiani s.p.a., seconda classificata, per l’impugnazione, nei limiti dell’interesse, dell’aggiudicazione a quest’ultima del lotto n. 2, e non del lotto n. 1.
1.1. Il primo giudice – dopo aver premesso che il giudizio aveva ad oggetto la dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione da parte della controinteressata Thyssenkrupp, e specificamente del requisito previsto dal punto 6.1.3 del disciplinare, secondo cui i concorrenti dovevano dichiarare “di aver eseguito, nel triennio antecedente la data di pubblicazione della procedura, [1] servizi di manutenzione di scale e o tappeti mobili ed ascensori, per un importo complessivo, suddiviso in massimo 4 contratti, almeno pari a € 4.500.000,00 (IVA esclusa), [2] di cui almeno € 1.500.000 relativi a servizi di manutenzione scale e o tappeti mobili (suddivisi in massimo 2 contratti) e [3] almeno € 500.000 relativi a servizi di manutenzione ascensori (suddivisi in massimo 2 contratti)”, ha trattato unitariamente i motivi primo, secondo, quarto, quinto e sesto, riguardanti la dichiarazione della controinteressata di aver prestato uno dei detti servizi in regime di subappalto, in favore di Stazioni Nord Facility S.c.a.r.l. (S.N.F.).
A detta della ricorrente, l’attestazione di buon esito rilasciata da quest’ultima avrebbe violato la legge speciale perché proveniente da società privata (consortile di scopo costituita dal r.t.i. Siram spa, Italiana Costruzioni spa, Eugenio Ciotola spa e CN Costruzioni Generali, appaltatore dei lavori) e non dalla società committente Grandi Stazioni e sarebbe stata perciò inattendibile; inoltre riportava l’importo complessivo dei lavori non ripartito nelle quote per manutenzione scale e tappeti mobili e per manutenzione ascensori; non sarebbe stato consentito il soccorso istruttorio per colmare le relative lacune; l’importo dichiarato per la manutenzione ascensori di € 828.617,00 sarebbe rimasto comunque indimostrato, poiché il contratto di subappalto e le fatture riportavano unicamente gli importi cumulativi.
I motivi sono stati disattesi, osservando che, a prescindere dalla fondatezza delle censure, la controinteressata aveva “comunque dimostrato di possedere il requisiti in questione, e pertanto, di aver eseguito servizi di manutenzione ascensori, per un importo di almeno € 500.000, in favore di A.T.M. e di Grandi Stazioni Rail”, ciò che garantiva alla stessa il possesso dei requisiti di partecipazione.
1.2. Il Tribunale amministrativo regionale ha quindi trattato i motivi con i quali la ricorrente aveva contestato che tali ultimi servizi per Grandi Stazioni Rail potessero essere utilmente considerati da parte della stazione appaltante. In proposito ha deciso come segue:
- sul terzo motivo, col quale era stato dedotto che i certificati di esecuzione di Grandi Stazioni Rail non erano utili perché privi di data, ha ritenuto il motivo infondato, poiché “l’attestazione resa da Grandi Stazioni Rail riporta gli estremi del contratto oggetto di esecuzione da parte della controinteressata, ciò che, dimostrando la correlazione tra i due documenti, rende irrilevante, se non da un punto di vista meramente formale, il fatto che la stessa sia priva di data”;
- sempre sul terzo motivo, col quale era stato dedotto, in via subordinata, che l’importo dei lavori riferito al periodo 1.10.2017/31.12.2018 sarebbe rimasto inferiore alla soglia richiesta dalla legge di gara di € 4.500.000 (perché si sarebbe dovuto scomputare l’importo di € 426.732,84, riferito a servizi non assimilabili a quelli oggetto di appalto) e sull’ottavo motivo (presentato come “motivi aggiunti”), col quale era stato dedotto che la stazione appaltante non avrebbe potuto fare ricorso al soccorso istruttorio per colmare tale carenza (consentendo a Thyssenkrupp di presentare una seconda attestazione rilasciata da Grandi Stazioni Rail che indicava l’importo ulteriore di € 726.373,91 realizzato per servizi nell’anno 2019 e la quota per manutenzione di soli ascensori di € 796.451,14 per tutto il periodo 2017-2019), ha ritenuto ammissibile il soccorso istruttorio perché la richiesta era “finalizzata alla sanatoria di una documentazione incompleta”;
- sul settimo motivo, col quale era stata dedotta la falsità della dichiarazione resa dal legale rappresentante dell’aggiudicataria di non poter presentare una nuova attestazione di S.N.F. (richiesta dalla stazione appaltante ad integrazione e chiarimento della prima) perché la società “non è più attiva”, mentre risultava ancora iscritta al registro delle imprese (falsa dichiarazione, per la quale, secondo la ricorrente, la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f- bis, del d.lgs. n. 50 del 2016), ha escluso che fosse configurabile una falsa dichiarazione e comunque l’ha ritenuta sovrabbondante, avendo la controinteressata altrimenti dimostrato di possedere il requisito.
1.3. Il ricorso è stato pertanto respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti costituite.
2. Avverso la sentenza la società Del Bo s.p.a. ha avanzato appello con cinque motivi.
2.1. ATM e TK Elevator Italia, già Thyssenkrupp Elevator Italia, s.p.a. (d’ora innanzi TKEI) si sono costituite in giudizio per resistere al gravame.
2.2. Alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2021, preceduta dal deposito di memorie, l’appellante ha rinunciato all’istanza cautelare e, sull’accordo delle parti, è stata fissata l’udienza pubblica del 20 maggio 2021.
2.3. A quest’ultima udienza la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie di tutte le parti e di repliche dell’appellante e dell’ATM, nonché di note di passaggio in decisione di TKEI.
3. Col primo motivo la Del Bo ripropone, con qualche modificazione, la censura di cui al terzo motivo del ricorso introduttivo, sostenendo che la TKEI avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per non aver comprovato il possesso, sin dalla data di presentazione dell’offerta, del primo dei tre requisiti di capacità tecnico professionale richiesti al punto 6.1.3 del disciplinare.
Secondo l’appellante, non sarebbero idonei allo scopo i due certificati rilasciati da Grandi Stazioni Rail perché non recano la data di emissione, sicché non è possibile accertare che siano stati emessi prima della data del 21 ottobre 2019 di presentazione della domanda e che dunque la controinteressata possedesse il requisito sin dall’inizio della gara.
L’appellante critica quindi la sentenza che ha respinto la censura con la motivazione, sopra riportata, che fosse dirimente la circostanza che la certificazione di Grandi Stazioni Rail riportava gli estremi del contratto oggetto di esecuzione da parte della controinteressata.
Ad avviso della Del Bo, tale argomento non sarebbe pertinente avuto riguardo al tenore della censura svolta e il motivo di ricorso sarebbe fondato alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato che richiede che la certificazione della regolare esecuzione dei lavori debba esistere al momento della presentazione della domanda (come affermato da Cons. Stato, V, n. 8025/2020, n. 1320/2020, n. 6135/2017 e dall’ANAC nei pareri n. 35/2020 e n. 681/2019; nonché da Cons. Stato, V, 10 dicembre 2020, n. 7911, indicata nella memoria conclusiva).
3.1. Il motivo è infondato, sicché si può prescindere dall’esaminare i profili di inammissibilità per (parziale) novità della censura prospettati dalla difesa di ATM.
La seconda delle due dichiarazioni di esecuzione rilasciate da Grandi Stazioni Rail (doc. 33 e 37 della produzione Del Bo nel giudizio di primo grado) è specificamente riferita ai servizi svolti e contabilizzati dal 1° ottobre 2017 al 30 settembre 2019, quindi in un arco temporale precedente il 21 ottobre 2019, data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Pertanto, essendo stato attestato dalla committenza il buon esito dell’esecuzione dei servizi, è parimenti attestato che al momento di presentazione della domanda di partecipazione la TKEI aveva maturato il requisito richiesto dalla lex specialis concernente l’esecuzione dei servizi di manutenzione specificati al punto 6.1.3 del disciplinare.
Tale situazione è stata presupposta anche dal primo giudice, quando ha constatato che l’attestazione rilasciata da Grandi Stazioni Rail è riferita ai servizi dichiarati, dato che riporta gli estremi del contratto oggetto di esecuzione da parte della controinteressata.
Ciò chiarito, è priva di fondamento la censura - sviluppata in appello - che, facendo leva sulla mancanza di data di entrambi i certificati, assume che, dovendosi perciò ritenere che essi siano stati formati dopo la data di presentazione della domanda, a tale data sarebbe mancato il possesso del requisito.
Nell’appalto di servizi, quale è quello oggetto di giudizio, di norma rileva, ai fini del possesso del requisito di capacità tecnica e professionale, l’avvenuto svolgimento di servizi analoghi nell’arco temporale di riferimento, non anche il possesso della documentazione che attesti il requisito. Questa è richiesta ai fini della comprova ai sensi dell’art. 32, comma 7, e 85, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
3.1.1. La giurisprudenza richiamata dall’appellante, sia nel ricorso che nelle memorie del grado di appello, non è pertinente perché riguarda, per la gran parte, gli appalti di lavori.
Per questa tipologia di appalti, vigendo il sistema unico di qualificazione dell’art. 84 del Codice dei contratti pubblici, l’esecuzione dei lavori non è solo documentata dal certificato di esecuzione dei lavori (CEL), ma è anche accertata con tale documento, in forza di poteri certificativi riconosciuti alle stazioni appaltanti.
In ragione dell’esercizio di tali poteri certificativi, si è affermato in giurisprudenza che il certificato di esecuzione dei lavori è “un atto rientrante nella categoria dei c.d. accertamenti costitutivi, poiché l’effetto dell’accertamento è quello di costituire il requisito in capo all’impresa che richiede il certificato” (così testualmente Cons. Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1320, citata dall’appellante).
Sistematicamente il riconoscimento di poteri certificativi ha ragion d’essere per gli appalti di lavori perché i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro provano il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all’art. 83 del Codice dei contratti pubblici mediante attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato autorizzati (SOA).
Quest’ultima norma, contenuta nell’art. 84, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, è espressione di una disciplina tradizionalmente tenuta distinta da quella degli appalti di forniture e servizi.
Si tratta, per restare all’antecedente normativo immediato, della disciplina dettata dall’art. 40 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, completata dalle disposizioni di cui alla parte II, titolo III, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
Pur essendo stato abrogato il d.lgs. n. 163 del 2006, le disposizioni regolamentari sul sistema di qualificazione degli esecutori di lavori appena richiamate sono tuttora in vigore, in forza dell’art. 216, comma 14, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che ne prevede l’ultrattività fino all’adozione del Regolamento unico di cui all’art. 216, comma 27 octies, secondo quanto da ultimo previsto con il d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, non ancora adottato).
Orbene, per come efficacemente riassunto nei precedenti di questa Sezione richiamati dall’appellante (in specie da Cons. Stato, V, n. 6135/2017 e n. 1320/2020), le norme di interesse sono: l’art. 79, comma 6, d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 210 (“L’esecuzione dei lavori è documentata dai certificati di esecuzione dei lavori previsti dagli articoli 83, comma 4 e 84, indicati dall’impresa e acquisiti dalla SOA ai sensi dell’articolo 40, comma 3, lettera b), del codice, nonché secondo quanto previsto dall’articolo 86”); l’art. 83, comma 4, d.p.r. cit. che cita il certificato di esecuzione lavori tra i documenti che consentono di provare la sussistenza dei requisiti tecnico – organizzativi ovvero economico – finanziari necessari per l’emissione delle attestazioni SOA; il comma 2 del medesimo articolo che precisa che, ai fini del rilascio delle attestazioni richieste, “I lavori da valutare sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito …”; il 4°comma, il quale specifica che: “I certificati di esecuzione lavori sono redatti in conformità allo schema di cui all’allegato B e contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito”.
I poteri certificativi delle stazioni appaltanti sono funzionali all’acquisizione delle certificazioni da parte delle SOA, dal momento che a queste è demandato di attestare il possesso dei requisiti di capacità tecniche e professionali, sulla base appunto dei certificati rilasciati dalle stazioni appaltanti, anche nella vigenza dell’attuale Codice dei contratti pubblici, per come previsto dal comma 4 (in particolare, lett. b) del già citato art. 84.
Ai lavori pubblici di importo inferiore a 150.000 euro, esclusi dall’ambito di applicazione di tale ultima disposizione, si applica tuttora la previsione dell’art. 90 del d.P.R. n. 207 del 2010.
A quest’ultima tipologia di lavori pubblici, ma anche a quelli di importo pari o superiore a 150.000 euro si applica, infine, l’art. 86, comma 5 bis, del Codice dei contratti pubblici (introdotto col c.d. correttivo di cui al d.lgs. n. 56 del 2017), a norma del quale “l’esecuzione dei lavori è documentata dal certificato di esecuzione dei lavori”; questo deve avere il contenuto in parte già delineato nella stessa disposizione del Codice e, quando sarà adottato il Regolamento unico di cui al già citato art. 216, comma 27 octies, dovrà essere conforme ad uno schema con questo predisposto; nelle more, resta operante la già richiamata disposizione regolamentare dell’art. 83, comma 4, del d.P.R. n. 207 del 2010.
Quest’ultima, come detto, riguarda i lavori da attestare mediante SOA, ma è riferibile anche ai lavori di importo inferiore a 150.000 euro, secondo quanto previsto dall’art. 90, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010.
Il sistema si completa con le previsioni dell’art.83, comma 7, e 86, comma 5, dell’attuale Codice dei contratti pubblici riguardanti la dimostrazione dei requisiti.
Fermo restando perciò il sistema di qualificazione di cui all’art. 84, che non richiede ulteriore dimostrazione circa il possesso dei requisiti alle imprese già in possesso dell’attestazione SOA, per quelle che ne sono prive (e che possono accedere alle gare per lavori di importo inferiore) l’art. 86 (Mezzi di prova), comma 5, rinvia all’allegato XVII (Mezzi di prova dei criteri di selezione), parte II (Capacità tecnica), che, alla lett. a), punto i), richiede, per gli elenchi dei lavori, la produzione contestuale dei “certificati di corretta esecuzione e buon esito dei lavori più importanti”.
In sintesi, il certificato di esecuzione lavori (CEL), propedeutico al regolare funzionamento del sistema di qualificazione tramite le SOA, risulta infine, allo stato attuale della normativa legislativa e regolamentare, elemento essenziale di qualificazione per tutti gli appalti di lavori.
Dato ciò, all’esito della lettura combinata delle richiamate disposizioni e della considerazione della disciplina che ne risulta, si giustifica l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “l’impresa acquisisce il requisito tecnico organizzativo, costituito dall’aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria, col rilascio del Certificato di esecuzione lavori poiché in esso si dà atto dell’avvenuta esecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché del risultato delle contestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all’esecuzione dei lavori”, con la conseguenza che “solamente l’impresa che sia in possesso, al momento della presentazione della domanda, del CEL può dichiarare il possesso del requisito, poiché solo quell’impresa è in grado di comprovarlo. In ultimo, allora, il requisito dell’esecuzione dei lavori coincide con quello del possesso del Certificato di esecuzione dei lavori” (così testualmente, Cons. Stato, V, n. 6135/17, sostanzialmente nello stesso senso Cons. Stato, V, n. 1320/20 e id. nn. 8024 e 8025 del 15 dicembre 2020).
3.1.2. Contrariamente a quanto sostiene l’appellante la disciplina prevista per l’appalto dei lavori, la cui superiore esposizione ne evidenzia i tratti di specialità (coerenti col maggior rigore che ha tradizionalmente connotato le disposizioni applicabili a tale tipologia di appalti), non è applicabile, né in via diretta, né in via analogica, agli appalti di servizi e forniture, sia perché le ragioni di detta specialità (fondate sul sistema unico di qualificazione) non sono comuni a tale settore degli appalti pubblici, sia perché in quest’ultimo i requisiti di partecipazione e la relativa dimostrazione sono diversamente regolati.
Quanto ai criteri di selezione, la stazione appaltante gode di un ampio margine di discrezionalità, pur nel rispetto del limite di attinenza e proporzionalità all’oggetto dell’appalto, fissato dall’art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, , al fine di favorire la partecipazione degli operatori economici “nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”; i comma 6 e 8 della stessa disposizione confermano siffatta discrezionalità che la stazione appaltante esercita nel predeterminare, nel bando o nella lex specialis, le qualità e i requisiti speciali dei concorrenti, ma anche gli “idonei mezzi di prova” (arg. ex art. 83, comma 8, cit.).
Lo stesso art. 83, comma 7, disciplina poi questi ultimi, collegando la (modalità della) dimostrazione dei requisiti speciali a natura, quantità, importanza e uso delle forniture e dei servizi; per l’individuazione dei mezzi di prova utilizzabili, rinvia all’art. 86, comma 4 e 5, i quali rinviano, a loro volta, all’allegato XVII (Mezzi di prova dei criteri di selezione).
Per quanto di interesse, l’allegato XVII, nella parte II, dedicata alla capacità tecnica, lett. a), distinguendo gli elenchi dei lavori eseguiti (punto i, sopra richiamato) dagli elenchi delle forniture e servizi, richiede per questi ultimi la sola indicazione “dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati” (punto ii, in cui non vi è menzione di certificazioni della committenza).
Tali disposizioni consentono di concludere nel senso che, fermo restando che non è possibile maturare il possesso del requisito esperienziale in corso di procedura, per gli appalti di servizi e forniture è di regola sufficiente, fatte salve diverse disposizioni del bando o della lex specialis, che l’ esecuzione in tutto o in parte (in specie nel caso di servizi con prestazioni continuative, come nell’appalto in oggetto) effettuata fino alla data di pubblicazione del bando consenta di conseguire il requisito esperienziale richiesto, essendo indifferente che la documentazione a comprova sia formata successivamente.
Chiarito che a tale conclusione non osta la giurisprudenza formatasi in tema di certificato di esecuzione lavori (CEL), va precisato che non è pertinente nemmeno l’art. 102 del Codice dei contratti pubblici, richiamato nell’ultima memoria della parte appellante. Si tratta infatti di disposizione che prevede il collaudo (e, a date condizioni, il certificato di regolare esecuzione) per i lavori e la verifica di conformità (e, a date condizioni, il certificato di regolare esecuzione) per i servizi e forniture, cioè documenti che, pur attenendo all’esecuzione dei contratti, non sono finalizzati a darne dimostrazione a terzi, distinguendosi perciò dal certificato di esecuzione lavori, avente tale specifica finalità nel contesto legislativo e regolamentare sopra delineato.
3.2. Nemmeno è decisivo, in senso contrario alla conclusione raggiunta in tema di mezzi di prova dei requisiti speciali, il precedente, richiamato dall’appellante, di cui a Cons. Stato, V, 10 dicembre 2020, n. 7911. Esso è riferito alla particolare tipologia di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, per i quali le Linee Guida n. 1 dispongono che il requisito esperienziale venga riferito ai contratti “eseguiti” e per i quali, nel caso ivi esaminato, il disciplinare indicava quali spendibili quelli “espletati” e dimostrati a mezzo di certificazioni attestanti la regolare esecuzione delle attività svolte.
La lex specialis della gara oggetto del presente contenzioso non è interpretabile nei medesimi stringenti termini.
Il disciplinare prevede, al punto 6 (modalità di partecipazione), per quanto qui di interesse, che, con la domanda di partecipazione alla gara telematica, le imprese avrebbe dovuto “rendere una dichiarazione sostitutiva, con facoltà di utilizzare l’allegato DGUE, attestante il possesso dei seguenti requisiti prescritti a pena di esclusione […]”, tra i quali quello di cui al contestato, su riportato, punto 6.1.3.
Il punto 10 (adempimenti successivi alla proposta di aggiudicazione) del disciplinare prevede che, successivamente all’espletamento delle operazioni di gara, l’impresa prima in graduatoria, ai fini dell’aggiudicazione, avrebbe dovuto produrre “tutta la documentazione attestante il possesso dei requisiti tecnici ed economici dichiarati, ove non già presentata in sede di gara e fornire: …d) elenco dei contratti eseguiti nel triennio antecedente la data di pubblicazione della procedura, con l’indicazione dell’importo, della data, dell’oggetto, del committente, unitamente alle attestazioni di buon esito rilasciate in originale o copia dichiarata conforme dai committenti, relativi ai servizi di cui al precedente punto 6.1.3.”.
All’evidenza le “attestazioni di buon esito” sono previste come documenti a comprova del possesso dei requisiti dichiarati, i quali avrebbero potuto essere presentati in sede di gara ovvero anche dopo la proposta di aggiudicazione, in sede di verifica dei requisiti.
Siffatta alternativa e la lettera delle clausole del disciplinare su riportate ne impone l’interpretazione come assolutamente conformi al dato normativo sopra ricostruito (richiamato dall’art. 133, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 per gli appalti nei settori speciali quale il presente), non implicanti cioè oneri di maggior rigore per le imprese concorrenti, sia quanto al possesso del requisito esperienziale (consistente soltanto nell’aver eseguito i servizi aventi tipologia e importi specificati al punto 6.3.1), sia quanto alla sua dimostrazione (da fornire mediante attestazione della committenza, ma senza necessità che fosse stata rilasciata prima della gara, purché riguardante prestazioni eseguite in data anteriore alla partecipazione alla gara).
In sintesi, la data di maturazione del requisito non avrebbe dovuto essere coincidente con la data di rilascio dell’attestazione di buon esito.
3.3. Di qui la portata meramente formale della mancanza di data sulle attestazioni rilasciate da Grandi Stazioni Rail, come ritenuto al primo giudice.
Il primo motivo di appello va respinto.
4. Col secondo motivo la Del Bo richiama i motivi quarto, quinto e ottavo del ricorso introduttivo (e motivi aggiunti) riguardanti il soccorso istruttorio attivato dalla stazione appaltante per consentire a TKEI di comprovare i servizi per Grandi Stazioni Rail, per l’importo di € 726.373,91 contabilizzato nell’anno 2019 per manutenzione di scale e/o tappeti mobili ed ascensori e per l’importo di € 796.451,14 per manutenzione di soli ascensori nel periodo 2017-2019.
L’appellante sostiene che i servizi non sarebbero stati dichiarati nel DGUE e quindi sarebbe errata la sentenza che ha ritenuto ammissibile il soccorso istruttorio (motivando nel senso che la richiesta era finalizzata alla “sanatoria di una documentazione incompleta”). Ad avviso dell’appellante si tratterebbe di decisione contraria alla giurisprudenza che esclude che il soccorso istruttorio possa essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, attraverso una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara (come da precedente di cui a Cons. Stato, V, 4 maggio 2020, n. 2836, richiamato in ricorso).
Seguono l’esposizione delle principali affermazioni giurisprudenziali in tema di soccorso istruttorio e di comprova dei requisiti di partecipazione, nonché il richiamo dell’art. 10 del disciplinare di gara, nella parte in cui riservava la comprova dei requisiti a quelli dichiarati al momento della partecipazione.
4.1. Il motivo è infondato perché è errato il presupposto di fatto da cui prende le mosse.
Il DGUE di TKEI contiene la dichiarazione dei servizi forniti a Grandi Stazioni Rail con la seguente dicitura “Espletamento dei servizi di conduzione e manutenzione degli impianti fissi speciali nei complessi immobiliari delle grandi stazioni ferroviarie italiane – Lotto 1: [omissis] CIG: 65796112C3 Periodo dal 01/10/2017 al 30/09/2020. Importo contabilizzato dal 01/10/2017 al 31/12/2018 per i servizi di manutenzione ordinaria € 1.470.786,42”.
4.1.1. L’appellante sembra attribuire decisiva portata alla precisazione dell’importo contabilizzato nel periodo fino al 31 dicembre 2018.
Tuttavia le su richiamate disposizioni del disciplinare di gara in tema di dichiarazione e di comprova del possesso del requisito di capacità tecnica e professionale non si prestano ad una tale rigorosa interpretazione, dal momento che sarebbe stato sufficiente, ai fini dell’ammissione, la sola dichiarazione di servizi riconducibili alla previsione del punto 6.1.3.
Orbene è dimostrato per tabulas che i servizi prestati per Grandi Stazioni Rail sono stati dichiarati per intero, cioè per un periodo che comprendeva anche l’anno 2019, e per “conduzione e manutenzione degli impianti fissi speciali”, cioè per servizi che riguardavano anche gli ascensori.
Pertanto, la richiesta di integrazione documentale da parte di ATM rientra paradigmaticamente non solo nella previsione dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, in tema di soccorso istruttorio, ma anche in quella dell’art. 85, comma 5, ultimo inciso (che consente alla stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione, di “invitare gli operatori economici ad integrare i certificati richiesti ai sensi degli articoli 86 e 87”).
4.1.2. La stazione appaltante non ha consentito all’aggiudicataria di introdurre un requisito mai dichiarato o di sostituire un requisito dichiarato con uno diverso, bensì, come rilevato in sentenza, ha permesso alla controinteressata di integrare la documentazione incompleta, indicando il dettaglio dei servizi già dichiarati, mediante la produzione degli attestati della committenza (che, come fanno notare le difese delle appellate, recano il medesimo CIG oggetto della dichiarazione contenuta nel DGUE: cfr. doc. 37 produzione Del Bo).
La vicenda procedimentale è diversa da quelle oggetto delle pronunce sul soccorso istruttorio in fase di comprova dei requisiti indicate da parte appellante, ivi compresa, da ultimo, la sentenza di questa sezione, 17 marzo 2021, n. 2291, citata nella memoria di replica.
Concernendo quest’ultima un caso in cui l’impresa aveva sostituito il servizio indicato nel DGUE con altro servizio prestato a diverso committente, si attaglia l’applicazione del principio per il quale “il rimedio del c.d. soccorso istruttorio non può essere utilizzato nella fase di verifica dei requisiti per sanare radicali omissioni dichiarative”, così come è condivisibile il corollario che la dichiarazione resa (la quale, in base al disciplinare di quella gara, avrebbe dovuto individuare gli enti committenti in modo specifico e non generico) costituiva esplicitazione essenziale del servizio “che non poteva essere immutata né sostituita con l’indicazione di altri e diversi affidamenti contrattuali” (Cons. Stato, V, n. 2291/2021).
All’opposto, nel caso di specie, la dichiarazione della società contestuale alla domanda di partecipazione conteneva le indicazioni essenziali per l’individuazione del servizio prestato e speso in gara, in conformità alle previsioni del disciplinare che non richiedevano di indicare, già nel DGUE, elementi di dettaglio; quindi l’integrazione richiesta dalla stazione appaltante ha consentito di specificare questi ultimi, senza apportare alcuna modifica sostanziale al contenuto della dichiarazione (cfr., per un caso analogo, tra le altre, Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019, n. 69, punto 21.2).
Fermi restando infatti i servizi dichiarati per la committente Grandi Stazioni Rail, ne sono stati precisati gli importi riferiti all’intero contratto nel periodo gennaio - settembre 2019 e quelli riferiti al servizio di manutenzione degli ascensori nel triennio di interesse.
4.2. Il secondo motivo di appello va respinto.
5. Col terzo motivo vengono denunciati il vizio di omessa pronuncia e l’erroneità della decisione di primo grado in merito ai motivi primo, secondo, terzo (secondo profilo) e sesto del ricorso, cui il primo giudice è pervenuto ritenendo l’irrilevanza dell’attestazione di buon esito rilasciata dalla S.N.F. e l’irrilevanza dell’importo di € 426.732,84 che, ad avviso della Del Bo, avrebbe dovuto essere detratto dall’importo complessivo di € 1.470.786,42 dichiarato come contabilizzato nel periodo 1/10/2017 - 31/12/2018 da Grandi Stazioni Rail.
L’appellante ripropone quindi testualmente i motivi primo, secondo e sesto, nonché terzo (secondo profilo) del ricorso introduttivo.
5.1. Questi ultimi sono inammissibili per carenza di interesse, come sostanzialmente ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale (laddove ne ha trascurato l’esame per avere dato per dimostrato comunque il possesso del requisito in contestazione) di modo che non merita accoglimento il terzo motivo di appello.
5.1.1. La carenza di interesse dei motivi primo, secondo e sesto consegue al fatto che l’attestazione rilasciata da S.N.F. atteneva all’esecuzione di servizi di manutenzione ascensori per un importo di almeno € 500.000,00 (con un massimo di due contratti). Il possesso del requisito per siffatta tipologia di servizi, per un importo maggiore di € 500.000,00 e con due contratti, è stato dimostrato da TKEI mediante l’attestazione del buon esito da parte di ATM (per € 255.750,00), nonché, come detto sopra, da parte di Grandi Stazioni Rail (per € 796.451,14). Di qui il carattere sovrabbondante della dichiarazione riferita alla quota di servizi svolta per Grandi Stazioni e comprovata con l’attestazione di S.N.F., per la quale TKEI ha dichiarato di aver lavorato in subappalto.
5.1.2. La carenza di interesse del motivo terzo (secondo profilo) consegue al rigetto dei motivi di gravame sopra esaminati. Con questi si è ritenuta valida la comprova dell’intero servizio dichiarato da TKEI come prestato per Grandi Stazioni Rail, mediante le attestazioni rilasciate da quest’ultima (documenti 33 e 37 di Del Bo), per un importo non contestato (€ 1.770.427,49) che, sommato a quello dei servizi eseguiti per ATM (€ 3.146.337,62), è complessivamente superiore a quello richiesto di € 4.500.000 (cioè € 4.916.765,11), ottenuto senza tenere conto della quota di € 426.732,84 (contestata perché relativa a servizi svolti su argani, cancelli, sbarre etc.).
5.2. Correttamente pertanto il primo giudice non ha esaminato nel merito i motivi per i quali vi era carenza di interesse della ricorrente, per le ragioni appena esposte.
Il terzo motivo di appello va respinto.
6. Il quarto e il quinto motivo di appello censurano la sentenza nella parte in cui ha escluso la falsa dichiarazione di TKEI in merito allo status di impresa “non più attiva” di Stazioni Nord Facility (S.N.F.).
6.1. Col quarto motivo si censura l’affermazione del primo giudice circa l’<<atecnicità della dichiarazione, ciò che, di per sé, non consente di affermarne la falsità […]>>.
Si obietta da parte appellante che: anche a voler ammettere la “pluralità di significati” della terminologia adoperata, si tratterebbe quanto meno di dichiarazione fuorviante; comunque, l’unica ragione impeditiva del rilascio di una nuova dichiarazione avrebbe potuto essere la cessazione d’attività risultante dal registro delle imprese, mentre la S.N.F. era ancora operante (come riconosciuto in sentenza); l’amministratore di quest’ultima è la stessa persona fisica che amministra la Siram s.p.a., con il quale TKEI intratterrebbe tuttora rapporti correnti.
6.1.1. Col quinto motivo si censura l’affermazione della sovrabbondanza della dichiarazione del servizio per Grandi Stazioni in subappalto per S.N.F.
Si obietta da parte appellante che, per un verso, non si sarebbe trattato di dichiarazione sovrabbondante; per altro verso, la giurisprudenza ha ritenuto lesiva degli interessi considerati dalla normativa una dichiarazione falsa o incompleta, a prescindere dal fatto che l’impresa in sostanza avesse i requisiti di partecipazione.
6.2. I motivi, da trattarsi unitariamente per evidenti ragioni di connessione, non meritano favorevole apprezzamento.
6.2.1. La dichiarazione resa sullo stato di “inattività” di S.N.F. è indubbiamente polisensa e riferibile alla situazione che in sentenza viene descritta - senza contestazione - come quella di una società che “fin dal 2017 ha avviato le procedure di licenziamento collettivo, riducendo il costo annuo del personale da oltre 3 milioni di Euro, a circa 200.000”.
Pertanto, disattendendo quanto sostenuto col quarto motivo, va decisamente esclusa la qualifica di falsità della dichiarazione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, precisandosi che questa è l’unica disposizione la cui applicazione è stata invocata da parte ricorrente (mentre esula dall’oggetto del giudizio la fattispecie della lettera c bis dello stesso comma, sulla dichiarazione “fuorviante”, cui si fa inammissibile cenno in appello).
In tema di mendacio ex art. 80, comma 5, lett. f bis) va dato seguito alla oramai prevalente giurisprudenza che riferisce la falsa dichiarazione ad un dato di realtà, cioè ad una situazione di fatto per la quale si possa porre l’alternativa logica vero/falso (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16). Un’alternativa siffatta non è predicabile nel caso di specie, anche soltanto a voler considerare la pluralità di significati ascrivibili alla dichiarazione contestata e la sua tendenziale corrispondenza al vero (senza che possa in alcun modo rilevare la circostanza dei rapporti intrattenuti da TKEI, a diverso titolo, con lo stesso soggetto persona fisica che rivestiva la qualità di amministratore di S.N.F.).
6.2.2. Il quinto motivo, poi, è infondato per la parte in cui contesta la portata sovrabbondante della dichiarazione, essendo questa desumibile dal rigetto dei precedenti motivi di gravame.
Esso è inammissibile per la parte in cui assume la rilevanza della dichiarazione falsa, anche se sovrabbondante, non essendo la dichiarazione qui contestata riconducibile alla fattispecie di mendacio contemplata dall’art. 80, comma 5, lett. f bis), del d.lgs. n. 50 del 2016.
7. In conclusione, l’appello va respinto.
7.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore di ciascuna delle controparti costituite, nell’importo di € 5.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 44 del 2021, con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Angela Rotondano, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Elena Quadri, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Giuseppina Luciana Barreca | Carlo Saltelli |
IL SEGRETARIO