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13/09/2018 - Limiti alla vendita di alloggio di edilizia residenziale pubblica introdotti con la Convenzione comunale

tratto da giustizia-amministrativa.it

Limiti alla vendita di alloggio di edilizia residenziale pubblica introdotti con la Convenzione comunale

 

Edilizia residenziale pubblica - Alloggi - Alienazione – Dopo 5 anni dal rilascio della licenza di abitabilità – Limiti introdotti dal Comune con la convenzione ex art. 35, l. n. 865 del 1971 - Possibilità.

     Anche se l’art. 35, l. 22 ottobre 1971, n. 865, nel testo modificato l. 17 febbraio 1992, n. 179, ha ridotto da 20 a 5 anni - decorrenti dalla data del rilascio della licenza di abitabilità - i limiti inderogabili all'alienazione successiva dell'immobile di edilizia residenziale pubblica sovvenzionato, con la convenzione il comune, potendo pattuire che dopo i 5 anni l'immobile sia venduto solo a chi ha i requisiti per ottenere un alloggio agevolato, può di fatto introdurre limiti convenzionali alla successiva alienazione da parte dell'assegnatario (1).

(1) Ha chiarito la Sezione che la convenzione di edilizia residenziale pubblica, ex art. 35, l. 22 ottobre 1971, n. 865, avente ad oggetto il diritto di proprietà, è uno strumento di regolazione urbanistica di lunga durata esteso anche alla fissazione, con modalità normativamente predeterminate, dell’iniziale prezzo di cessione i vincoli all’alienazione contenuti nelle convenzioni ex art. 35, l. n. 865 del 1971 stipulate anteriormente all’entrata in vigore della l. 17 febbraio 1992, n. 179 hanno piena efficacia nel primo quinquennio; nel prosieguo, possono essere rimossi, a titolo oneroso, previa stipula di un’ulteriore convenzione con il Comune, cui peraltro spetta di individuare gli elementi di calcolo della misura del corrispettivo che l’interessato deve versare; i vincoli all’alienazione contenuti nelle convenzioni ex art. 35 l. n. 865 stipulate posteriormente all’entrata in vigore della l. n. 179 del 1992 hanno efficacia limitata solamente al primo quinquennio e, comunque, sono superabili “previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi, sopravvenuti e documentati motivi”.

A tale alleggerimento dei vincoli normativi, tuttavia, non si accompagna la previsione della nullità di pattuizioni convenzionali che introducano, in varia forma, vincoli ulteriori a quelli contemplati dalla legislazione vigente. In altri termini, il tessuto ordinamentale ha registrato sì un oggettivo arretramento dei vincoli imposti ex lege, come tali imperativi ed assoluti, ma non ha contestualmente recato il divieto della previsione convenzionale di limiti all’alienazione diversi e ulteriori rispetto allo standard vincolistico attualmente stabilito.

Ha aggiunto la Sezione che la ratio legis non deve essere individuata nella volontà di impedire tout court vincoli alla disponibilità degli alloggi diversi da quelli imposti per legge: se così fosse stato, infatti, vi sarebbe stata l’apposita previsione della nullità di clausole convenzionali recanti vincoli ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla legge. Al contrario, la finalità delle modifiche succedutesi nel tempo è con ogni ragionevolezza rappresentata dall’enucleazione di un più ampio margine di libertà operativa per lo strumento convenzionale: l’eliminazione del pesante apparato vincolistico in precedenza stabilito dalla legge, invero, rende l’istituto oggettivamente più agile, duttile e modulabile in base alle varie esigenze proprie dei diversi contesti urbani del Paese.

Del resto, la convenzione ex art. 35, l. n. 865 non può avere durata inferiore ai vent’anni e deve prevedere, tra l’altro, “la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi, sulla base del costo delle aree”: vale, in proposito, il richiamo operato dal novellato comma 13 all’art. 8, comma 1, l. n. 10 del 1977 (oggi confluito nell’art. 18, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2011).

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