22/11/2018 - L'inadeguata ed intempestiva pubblicizzazione delle prove orali di una procedura comparativa determina l'illegittimità della stessa
tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
L'inadeguata ed intempestiva pubblicizzazione delle prove orali di una procedura comparativa determina l'illegittimità della stessa
di Marcello Lupoli - Dirigente P.A.
E' illegittima una procedura comparativa per titoli e colloquio orale nel caso in cui la mancata presenza di alcuni candidati nella data indicata dal bando per l'espletamento delle prove orali sia dipesa dal fatto che la medesima data non sia stata pubblicata sul sito ufficiale della P.A. in modo adeguato e tempestivo, e, soprattutto, senza il rispetto del termine di 20 giorni previsto dall'art. 6, D.P.R. n. 487 del 1994.
La procedura, infatti, deve ritenersi esperita in violazione del principio di buon andamento, sotto il profilo della violazione dell'adeguata pubblicità e trasparenza, nonché in violazione dei criteri di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., che costituiscono una specificazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'azione della P.A.
A tanto perviene la sentenza 29 ottobre 2018, n. 6345 resa dalla IV Sezione del T.A.R. Campania, Napoli.
I giudici amministrativi partenopei sono stati chiamati a conoscere una controversia avente ad oggetto una procedura comparativa per titoli e colloquio orale indetta da un'accademia di belle arti, finalizzata al conferimento di un incarico di collaboratore al coordinamento dell'attività editoriale e censurata dal ricorrente in termini di violazione di legge e di eccesso di potere.
In primis, viene acclarata la giurisdizione del giudice amministrativo in base al rilievo che "la controversia non ha ad oggetto l'instaurazione di un rapporto di lavoro privatizzato ma la fase anteriore rappresentata dalla procedura selettiva indetta dall'Accademia, ai sensi dell'art. 7 comma 6 bis, D.Lgs. n. 165 del 2001. Invero la procedura de qua è stata preceduta dalla pubblicazione di un avviso pubblico e dalla previsione di una procedura comparativa per la selezione delle candidature a mezzo di commissione appositamente costituita; sì che va equiparata a quella concorsuale con radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 63comma 4, D.Lgs. n. 165 del 2001".
Tanto premesso, i giudici amministrativi campani scrutinano il merito del ricorso, ritenendo lo stesso fondato alla stregua delle osservazioni che seguono.
In disparte l'accoglimento della censura di eccesso di potere relativamente alla valutazione dei titoli concernenti il curriculum presentato dai candidati, merita soffermarsi sulla parte motiva della pronuncia che ritiene degna di accoglimento la doglianza avanzata dal ricorrente.
Viene evidenziato un patente profilo di violazione di legge, " con ulteriori ricadute in termini di illegittimità dell'azione amministrativa", atteso che "la pubblicazione sul sito web (quand'anche volesse considerarsi tale l' inserimento dell'avviso in una sezione per una procedura totalmente diversa) , integra altresì violazione dell'art. 6, D.P.R. n. 487 del 1994, che prevede un termine necessario di 20 giorni tra la data di ricezione della comunicazione della prova al candidato e la data di svolgimento dei colloqui. Tanto al fine di garantire allo stesso un anticipo tale da rendere effettivo il diritto di partecipazione alle prove. Nel caso di specie tale termine di 20 giorni liberi non è stato affatto osservato [...]".
Al di là di tali osservazioni, prendendo le mosse dalla fattispecie concreta, la sentenza si sofferma su argomentazioni di più ampio respiro concernenti i principi cardine dei rapporti tra cittadino ed autorità pubblica.
Ed infatti, la sentenza - nell'evidenziare che, "costituendo l'unica prova da espletarsi dopo la valutazione dei titoli in un colloquio orale, l'amministrazione avrebbe dovuto applicare ogni opportuno accorgimento e cautela per comunicare detta data ai candidati, con un congruo anticipo", laddove nel caso concreto "non solo la procedura di colloquio è stata svolta in data strettamente a ridosso alla scadenza del termine per la presentazione delle candidature [...], ma non risulta effettuata alcuna comunicazione né individuale né sul sito Internet dell'amministrazione,[...], di guisa che "proprio avendo escluso la forma di comunicazione individuale della data del colloquio, occorreva disporre adeguata pubblicità della stessa sul sito Internet, in special modo per garantire i candidati esterni che ovviamente hanno maggiore difficoltà ad accedere quotidianamente presso i locali dell'Accademia. Tale adeguata pubblicità è mancata, stando alle dichiarazioni contenute nel ricorso che non sono state oggetto di smentita alcuna da parte della amministrazione [...]", a fronte invece di una condotta proattiva del ricorrente, che più volte con richieste inoltrate a mezzo posta elettronica certificata aveva richiesto notizie circa la convocazione per il colloquio orale - perviene alla conclusione che il modus agendi dell'amministrazione banditrice della procedura comparativa in parola abbia integrato "una violazione dei principi di buon andamento sotto il profilo della violazione dell'adeguata pubblicità e trasparenza che deve scandire [...] ogni fase della procedura selettiva, nonché sotto l'ulteriore profilo di violazione dei criteri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., che costituiscono una specificazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità [...]".
Tale approdo - come dianzi anticipato - offre il destro ai giudici amministrativi partenopei per soffermarsi nella parte motiva della pronuncia su interessanti spunti argomentativi.
Ed invero, viene evidenziato come sia emersa "negli ultimi anni una nuova concezione dei rapporti tra cittadini e autorità pubblica (c.d. amministrazione partecipata o condivisa), «in virtù della quale la pretesa alla regolarità dell'azione amministrativa va valutata secondo i canoni contrattuali di correttezza e buona fede: si pensi a quanto normativamente previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), il cui art. 10, comma 1, dispone che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria «sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede»; nonché al nuovo Codice dei contratti pubblici, che include tra i principi normativi dell'azione amministrativa la clausola di correttezza (artt. 2, comma 1, e 6, comma 5), della quale è ormai acquisita la sostanziale equivalenza alla buona fede oggettiva".
A tanto si aggiunga l'ulteriore considerazione che, secondo quanto affermato dall'Adunanza Plenaria del Cons. di Stato n. 5 del 2018, "la responsabilità precontrattuale vi può essere in presenza di comportamenti scorretti tenuti durante tutto l'iter della procedura di evidenza pubblica ( nel presente caso di una assimilabile procedura di concorso) atteso che : "il dovere di correttezza e buona fede rappresenta una manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale che trova il suo principale fondamento nell'art. 2 Cost." e che, nel disegno costituzionale, "il dovere di correttezza è nella maggior parte dei casi, strumentale alla tutela della libertà di autodeterminazione negoziale, cioè di quel diritto ... di autodeterminarsi liberamente nelle proprie scelte negoziali, senza subire interferenze illecite derivanti da condotte di terzi connotate da slealtà e correttezza".. ".
In forza di tanto - osserva la sentenza in disamina - da "questa interpretazione costituzionalmente orientata del dovere di correttezza discende che esso debba ritenersi operante "in un più vasto ambito di casi, in cui, pur mancando una trattativa in senso tecnico-giuridico, venga, comunque, in rilievo una situazione qualificata, capace di generare ragionevoli affidamenti e fondate aspettative".
In nuce, la sentenza, al di là delle puntuali argomentazioni svolte in ordine ai profili di censura mossi dal ricorrente, si segnala per le valutazioni relative all'evoluzione del rapporto tra cittadini e P.A..