04/07/2018 - Sulla storia infinita dei diritti di rogito chiamata ad esprimersi la sezione delle autonomie
Sulla storia infinita dei diritti di rogito chiamata ad esprimersi la sezione delle autonomie
di Amedeo Di Filippo - Dirigente comunale
La vicenda
L'annosa questione concerne la corretta applicazione dell'art. 10, comma 2-bis, D.L. n. 90 del 2014, che ha riconosciuto una quota del provento annuale dei diritti di segreteria (di rogito) ai segretari degli enti privi di dipendenti con qualifica dirigenziale e comunque a tutti quelli che non hanno qualifica dirigenziale. Disposizione letta in modo contrastante dalla giurisprudenza contabile: un primo orientamento ha riconosciuto i diritti ai soli segretari appartenenti alla categoria C, non agli altri; un secondo li ha invece riconosciuti ai segretari di qualunque fascia, purché prestino servizio in enti senza dirigenti.
A seguito di diverse interpretazioni proposte dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, è intervenuta la sezione delle autonomie con la deliberazione n. 21 del 24 giugno 2015, che ha pronunciato il principio di diritto in base al quale i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C che, a differenza dei colleghi classificati nelle classi A e B, non hanno qualifica dirigenziale.
Ha inoltre precisato che, in difetto di specifica regolamentazione nell'ambito del CCNL di categoria successivo alla novella normativa, i predetti proventi sono attribuiti integralmente ai segretari comunali, laddove gli importi riscossi dal Comune, nel corso dell'esercizio, non eccedano i limiti della quota del quinto della retribuzione in godimento del segretario. Le somme destinate al pagamento dell'emolumento in parola devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all'erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti.
L'interpretazione dei magistrati contabili non ha però convinto i colleghi di quella ordinaria. E' infatti intervenuto sulla materia il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, che con la sentenza n. 1539 del 18 maggio 2016 ha esaminato il ricorso mediante il quale un segretario di fascia A ha chiesto l'accertamento del diritto alla corresponsione dei diritti liquidati ed accantonati dal Comune, la cui corresponsione era stata interrotta proprio a seguito della deliberazione n. 24/2015 della sezione delle autonomie, che riserva tali diritti ai soli segretari di fascia C a prescindere dalla presenza o assenza di figure dirigenziali dell'organico del singolo ente.
Il giudice ha accolto il ricorso, partendo dalla evidenza che l'art. 10, comma 2-bis, sembra chiaro nell'individuare, quali destinatari del beneficio, due categorie di segretari: quelli che operano presso enti locali privi di dirigenti con qualifica dirigenziale e quelli che non hanno qualifica dirigenziale. E il segretario ricorrente lavorava proprio in un Comune privo in organico della figura dirigenziale.
Quindi, ancorché inquadrato in fascia A, e quindi avente qualifica dirigenziale, a questi spettano i diritti di segretaria, proprio perché la condizione che pone la norma è la mancanza nell'ente locale di appartenenza di dirigenti, con conseguente estensione dell'emolumento anche ai segretari delle altre due fasce superiori (A e B).
Chiara, secondo il giudice del lavoro, la ratio della norma: mentre il riconoscimento ai segretari di fascia C è funzionale a sopperire una situazione stipendiale che, rispetto ai colleghi appartenenti alle altre due categorie, è meno favorevole e garantista, agli altri segretari il riconoscimento trova ragione nel fatto che i medesimi operano all'interno di un ente in cui non vi sono dipendenti con funzioni dirigenziali.
Ed è una norma, per giunta, ritenuta "perfettamente aderente al disposto dell'art. 37 CCNL dei segretari comunali che, nel novero delle voci che compongono la retribuzione, inserisce anche i diritti di segreteria".
La partita è stata riaperta dalla sezione regionale di controllo per l'Emilia-Romagna con la deliberazione n. 74 del 15 settembre 2016, secondo cui l'interpretazione della norma presupposta fornita dal Tribunale di Milano "non appare convincente", confermando l'orientamento secondo i principi stabiliti in sede nomofilattica dalla sezione delle autonomie.
Partono i giudici emiliani dalla constatazione che la ratio evidente dell'art. 10, D.L. n. 90 del 2014 è quella di attribuire al Comune l'intero ammontare del gettito da diritto di rogito, abrogando la regola di riservarne una quota ai segretari. Il precetto ha poi trovato un temperamento nel comma 2-bis, che introduce le note posizioni di favore per i segretari che si trovano ad operare negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale e che non abbiano qualifica dirigenziale.
Richiama poi la nota classificazione in fasce dei segretari, operata dall'art. 31 del CCNL di categoria, cui corrisponde l'idoneità degli stessi alla titolarità di enti differenziati a seconda della popolazione (fino a 3mila abitanti; fino a 65mila, purché non capoluoghi di Provincia; oltre 65mila abitanti o capoluoghi di Provincia e Province).
Fasce a cui corrisponde un differente trattamento retributivo, con inquadramento dirigenziale per i segretari di fascia A e B e con la previsione del c.d. "galleggiamento" (art. 41, comma 5, CCNL), in base al quale l'indennità di posizione del segretario non deve essere inferiore a quella stabilita per la posizione dirigenziale più elevata nell'ente.
Da questo quadro normativo i giudici contabili traggono l'evidenza di una particolare tutela per i segretari di fascia C: mentre gli altri sono comunque equiparati ai dirigenti, questi ultimi lo sono solo qualora operino in enti in cui siano presenti dirigenti rispetto ai quali commisurare il galleggiamento. In caso contrario questo non è possibile, per cui si trovano ad avere un livello stipendiale inferiore.
Sulla questione è quindi intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza 7 aprile 2016, n. 75, che si è espressa sulla legittimità delle disposizioni della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 11/2014 che riconosce una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al Comune al segretario rogante in misura pari al 75% e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento, a prescindere dall'inquadramento professionale.
La Consulta ha ritenuto le questioni non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11 ed estinto il processo relativamente all'art. 16. Per quanto concerne la parte più interessante della pronuncia - quella relativa ai diritti di rogito dei segretari comunali - i giudici non rilevano contrasto delle norme regionali con l'art. 117, comma 3, Cost., a motivo del peculiare assetto della finanza locale nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Afferma la Corte che in Trentino l'applicazione della norma regionale sui diritti di rogito risulta estesa anche ai Comuni con segretari dirigenti (12 su 333), riconoscendo però ad essi solo il 75% dei diritti stessi; al contrario, la norma statale si applica ai soli segretari dei Comuni senza dirigenti (321), tuttavia attribuendo loro l'intero importo.
Ergo, l'applicazione dell'art. 10, comma 2-bis, D.L. n. 90 del 2014 nell'ordinamento regionale comporterebbe in ogni caso per le finanze comunali un onere maggiore di quello ad esse derivante dall'applicazione della norma regionale impugnata. "Quest'ultima - conclude la sentenza - non può considerarsi in contrasto con la disposizione statale, ma ne costituisce un appropriato adeguamento all'ordinamento regionale", con riferimento all'art. 2, D.Lgs. n. 266 del 1992 - le norme di attuazione dello statuto speciale - trovando la sua giustificazione nelle peculiari caratteristiche demografiche dei Comuni della Regione.
Ma non è finita. Il Tribunale di Taranto, sezione lavoro, con la sentenza n. 3269 del 17 ottobre 2016 ha riaffermato a chiare lettere le tesi sostenute dal giudice ordinario, opposte a quelle del giudice contabile. Esamina il ricorso presentato da un segretario che aveva richiesto la liquidazione dei diritti di segreteria, riscontrata negativamente dal Comune a motivo del fatto che tali diritti competerebbero ai soli segretari di fascia C.
Ricorso dichiarato fondato attraverso una interpretazione letterale del testo di legge, ribadendo l'originaria tesi secondo cui in base alla normativa di riferimento l'eccezione del riconoscimento dei diritti di rogito riguarda due categorie di segretari: quelli che operano in enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, a prescindere dal loro inquadramento e, dunque, anche se inquadrati nelle fasce A e B; e quelli non in possesso di qualifica dirigenziale (ovvero i segretari il cui trattamento stipendiale non è equiparato a quello dei dirigenti), ossia tutti quelli collocati in fascia C (anche se operativi in enti locali dotati di personale con qualifica dirigenziale).
Numerosi Tribunali ordinari hanno seguito le orme di quelli di Milano e Taranto per tutto il 2017, consolidando la giurisprudenza con cui spesso si è giunti non solo alla condanna dell'ente a liquidare al segretario i diritti di rogito (accantonati o, talvolta, nemmeno accantonati e liquidati, quindi, solo successivamente al riconoscimento del debito fuori bilancio), ma, addirittura, ad una condanna dell'ente locale al pagamento delle spese di liti, oltre che alla corresponsione di importi per rivalutazione e interessi.
L'epilogo (rinviato)
Le difficoltà del giudice contabile in questa contesa sono state raccolte dalla sezione plenaria della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia con deliberazione n. 15/2018 con cui, preso atto delle diverse opinioni ed evidenziando come questo contrasto insanabile abbia comportato la condanna di numerosi enti al pagamento delle spese legali per la soccombenza in giudizio, ha suggerito l'interpretazione della norma in senso letterale.
Questo lascito viene ora raccolto dalla sezione Veneto, che con la deliberazione in commento rompe gli indugi e pone una questione di massima alla sezione delle autonomie, ai sensi dell'art. 6, comma 4, D.L. n. 174 del 2012, o alle sezioni riunite, ai sensi dell'art. 17, comma 31, D.L. n. 78 del 2009, così formulata: "si chiede se, alla luce della recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, della più recente giurisprudenza contabile e della consolidata giurisprudenza dei Tribunali Ordinari, che interpreta l'art. 10, comma 2-bis, D.L. n. 90 del 2014 in modo letterale, in modo tale da prevedere la spettanza dei diritti di rogito sia ai Segretari privi di qualifica dirigenziale (ovvero quelli di fascia C) sia ai Segretari delle altre due fasce superiori (A e B) operanti in enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, risulti ancora attuale il principio di diritto enunciato dalla Sezione Autonomie con deliberazione n. 21/SEZAUT/2015/QMIG, secondo cui alla luce della previsione di cui all'art. 10, comma 2-bis, D.L. 24 giugno 2014 n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014 n. 114, i diritti di rogito competano ai soli Segretari Comunali di fascia C".
Non resta che attendere il verdetto, il cui contenuto sembra per la verità del tutto scontato.
Corte dei conti-Veneto, Sez. contr., Delib., 18 giugno 2018, n. 192