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Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
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30/01/2018 - Incompatibilità di un consigliere comunale per lite pendente.

tratto da autonomielocali.regione.fvg.it
Estremi nota parere
     Protocollo 1019
     Data 26/01/2018
Estremi quesito
     Anno 2018
     trimestre 1
Ambito Ordinamento generale
Materia Amministratori
Oggetto

Incompatibilità di un consigliere comunale per lite pendente.

Massima

1) Affinché possa ravvisarsi la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, co. 2, n. 4, TUEL per lite pendente, l’ amministratore locale deve essere parte, in senso processuale, in un procedimento civile o amministrativo con il comune, con la conseguenza che l’intervenuta rinuncia alla lite, non oggetto di opposizione da parte del comune, fa venir meno la sussistenza dell’indicata causa di incompatibilità. 2) Affinché possa ravvisarsi la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, co. 2, n. 6, TUEL l’amministratore locale deve avere un debito liquido ed esigibile verso il comune e da questi deve essere stato messo legalmente in mora per la medesima fattispecie debitoria.

Funzionario istruttore BARBARA RIBIS

barbara.ribis@regione.fvg.it
Parere espresso da Servizio affari istituzionali e locali, polizia locale e sicurezza

Testo completo del parere

Il Comune chiede un parere in materia di incompatibilità degli amministratori locali per lite pendente. Più in particolare, desidera sapere se possa essere contestata la sussistenza dell’indicata causa di incompatibilità ad un consigliere comunale in relazione ad una articolata vicenda che lo vede coinvolto nei confronti dell’amministrazione comunale. 

Di seguito, si riportano alcuni elementi della fattispecie in essere, descritti nel quesito, che pare possano fornire indicazioni utili ai fini della disamina della questione posta. 

La vicenda trae origine dall’emissione, nei confronti dell’attuale consigliere comunale[1], di una ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi per deposito incontrollato di rifiuti, da questi impugnata nelle competenti sedi giurisdizionali. A seguito di rinuncia al ricorso, alla quale il Comune non ha fatto opposizione, il giudice ha dichiarato estinto il giudizio. 

L’Ente, attesa la sussistenza di “spese rinvenienti dai giudizi ed alle quali è stato fornito solo parziale ristoro” ha provveduto a mettere in mora il soggetto in riferimento per la somma ancora da rifondere all’Ente. 

Successivamente alla chiusura del procedimento giudiziario, all’ordinanza del sindaco non risulta essere stata data attuazione nonostante i diversi solleciti ed istanze in tal senso promossi dall’Ente, gli ultimi dei quali contenenti l’avviso che il Comune avrebbe proceduto alle opere di rimozione e di ripristino dello stato dei luoghi , in danno del soggetto obbligato, in conformità alle disposizioni di legge vigenti in materia. 

Nelle more dell’indizione della gara volta all’individuazione della ditta cui affidare i predetti lavori si sono tenute le elezioni amministrative comunali, all’esito delle quali il soggetto in riferimento ha assunto la qualità di consigliere comunale. 

Tutto ciò premesso si osserva quanto segue. 

L’articolo 63, comma 1, num. 4) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo con il comune. 

La giurisprudenza[2] ha chiarito che “la ratio dell'incompatibilità risiede nell'esigenza che il consigliere dell'ente territoriale eserciti sempre le funzioni pubbliche in modo trasparente ed imparziale, senza prestare il fianco al sospetto che la sua condotta possa essere, in qualche modo, orientata dall'intento di tutelare il suo interesse contrapposto a quello dell'ente che è stato chiamato ad amministrare”. 

Nello stesso senso, il Ministero dell’Interno, ha rilevato che: “In siffatte ipotesi, l'incompatibilità trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto di interessi determinativo della lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare, all'esterno, sospetti al riguardo; donde risponde ad una scelta del legislatore di sacrificio del diritto alla carica a fronte di detta eventualità.”[3]. 

L’articolo 63, comma 1, num. 4), TUEL esplicita il concetto di “lite pendente” che consiste nell’essere “parte in un procedimento civile o amministrativo con la regione, la provincia o il comune”', con la conseguenza che per potersi ravvisare l'incompatibilità di che trattasi occorre che i soggetti in conflitto di interessi siano divenuti parti contrapposte in un procedimento, e cioè abbiano assunto la qualità di parti in senso processuale[4]. 

Con riferimento alla questione in esame, la lite insorta tra le parti (che indubbiamente rientra nella nozione di lite fatta propria dal legislatore) è stata oggetto di rinuncia[5] e il giudizio è stato dichiarato estinto dal giudice, ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104[6], tra l’altro, prima ancora che il soggetto in questione assumesse la carica di amministratore locale. 

Segue che nessuna lite può dirsi pendente tra l’amministrazione comunale e il consigliere, con conseguente insussistenza della causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, num. 4), TUEL. 

Per completezza espositiva si segnala, altresì, la norma di cui all’articolo 63, comma 1, num. 6, del D.Lgs. 267/2000 ai sensi della quale non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che, avendo un debito liquido ed esigibile verso il comune è stato legalmente messo in mora. 

Come rilevato anche dal Ministero dell’Interno, la liquidità esprime “la certezza del debito e del suo ammontare”, l’esigibilità “che lo stesso debito non sia soggetto a termini o condizioni e, quindi, la disponibilità immediata del denaro”[7]. Circa, invece, la definizione di “legale messa in mora” si rileva che l’articolo 1219 del c.c. stabilisce che: “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”[8]. 

Con riferimento alla fattispecie in essere, se la sussistenza del debito relativamente ai lavori che dovessero essere eseguiti dalla ditta assegnataria degli stessi verrà ad esistenza solo all’esito del loro compimento, nel momento in cui il Comune si rivarrà sul soggetto obbligato mediante messa in mora, a diverse conclusioni potrebbe addivenirsi circa le somme di cui il consigliere risulti eventualmente debitore nei confronti del Comune per “spese rinvenienti dai giudizi”. A tale ultimo riguardo il consiglio comunale[9], qualora ricorrano tutti i requisiti richiesti dall’articolo 63, comma 2, num. 6) TUEL per l’insorgenza della causa di incompatibilità e consistenti nella certezza, liquidità del debito e nell’avvenuta legale messa in mora del debitore relativamente alle somme dovute, dovrà procedere alla relativa contestazione, ai sensi dell’articolo 69 TUEL. 





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[1] Si precisa che al tempo dell’instaurazione del procedimento amministrativo a suo carico il soggetto in riferimento non rivestiva alcuna carica politica all’interno del comune. 

[2] Corte di Cassazione, sez. I, sentenza del 4 maggio 2002, n. 6426. 

[3] Ministero dell’Interno, parere del 9 ottobre 2009. 

[4] In questo senso si veda Ministero dell’Interno, parere del 24 aprile 2015. 

[5] L’articolo 84 del D.Lgs. 104/2010 al comma 1 recita: “La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale”. Il successivo comma 3 prevede, poi, che: “La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue”. 

[6] L’articolo 35, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 104/2010 recita: “Il giudice dichiara estinto il giudizio: omissis; c) per rinuncia”. 

[7] Ministero dell’Interno, parere del 16 marzo 2007. 

[8] Il secondo comma dell’articolo 1219 c.c. stabilisce, poi, che: “Non è necessaria la costituzione in mora: 1) quando il debito deriva da fatto illecito; 2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione; 3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. […]”. 

[9] Si ricorda, al riguardo, che la valutazione della sussistenza delle cause di ineleggibilità o di incompatibilità dei componenti di un organo elettivo amministrativo è attribuita dalla legge all’organo medesimo. È, infatti, principio di carattere generale del nostro ordinamento che gli organi elettivi debbano esaminare i titoli di ammissione dei propri componenti. Così come, in sede di esame della condizione degli eletti (art. 41 del D.Lgs. 267/2000), è attribuito al consiglio comunale il potere-dovere di controllare se nei confronti dei propri membri esistano condizioni ostative all’esercizio delle funzioni, qualora venga successivamente attivato il procedimento di contestazione di una causa di incompatibilità, a norma dell’art. 69 del D.Lgs. 267/2000, spetta al consiglio, al fine di valutare la sussistenza di detta causa, esaminare le osservazioni difensive formulate dall’amministratore e, di conseguenza, adottare gli atti che siano ritenuti necessari.
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