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25/01/2018 - I poteri di ANAC: brevi riflessioni a margine di una recente sentenza del Consiglio di Stato

un intervento del collega Vito Antonio Bonanno tratto dalla pagina FB "newsdelgaudens2"

I poteri di ANAC: brevi riflessioni a margine di una recente sentenza del Consiglio di Stato.

 

Più volte si è discusso, anche su questo gruppo, delle disinvolte modalità con cui Anac esercita i suoi poteri, “invadendo” l’autonomia organizzativa e amministrativa degli enti pubblici. All’indomani della sentenza del TAR Lazio 11270/2016, che annullava alcuni atti di ordine adottati dall’Anac nei confronti di un consorzio e del suo RPC, si levarono grida di giubilo; ma tutto continuo’ come prima: da parte nostra e da parte di Anac. L’11 gennaio scorso, il Consiglio di Stato ha depositato la pregevole sentenza con la quale ha deciso gli appelli avverso quella sentenza, facendo autorevolmente chiarezza sulla natura del potere di accertamento che l’art 16 del dlgs 39/2013 attribuisce ad Anac, e sulla insussistenza -come invece ha da sempre ritenuto l’Autorità- di un generalizzato potere di ordine fondato sul comma 3 dell’art 1 della legge 190/2012 finalizzato a contrastare condotte inerti o elusive da parte dei RPC relativamente a tutto l’apparato normativo in materia anticorruzione. Il Consiglio di Stato, nella sentenza 126/2018, escludendo con condivisibile ragionamento che un tale potere possa essere individuato implicitamente in ragione della finalità della legge, ha chiarito che “nel silenzio della legge non è’ dato all’interprete creare in surroga la norma, commisurando l’efficacia delle disposizioni date rispetto alle finalità perseguite; e giungere in ipotesi ad innovare all’assetto normativo affinché ne siamo realizzati gli obiettivi di massima. In base al principio di legalità -scrive il massimo consesso della giustizia amministrativa- cardine irrinunciabile dello Stato di diritto, compete soltanto alla legge di porre nuove norme restrittive delle libertà o modificative delle competenze da essa stabilite”. Nemmeno di fronte alla preoccupazione espressa da Anac circa il rischio che i propri provvedimenti di accertamento “provvedimentale” di violazioni delle norme su inconferibilita’/incompatibilità restino inattuati dal RPC -cui la legge assegna il potere sanzionatorio- il CdS ha ceduto ad interpretazioni “ultra legem”, evidenziando che i poteri di ordine, riconducibili al più generale potere di indirizzo e vigilanza, sono predicabili solo in presenza di un rapporto di sovraordinazione gerarchica o para-gerarchica tra enti, che evidentemente manca tra Anac e le pubbliche amministrazioni , essendo la prima una Autorità indipendente che non ha le medesime finalità delle altre pubbliche amministrazioni (circostanza che giustifica la relazione gerarchica) ma è’ preposta “a verificare nell’interesse generale il rispetto delle regole in rapporto al settore di competenza da parte di operatori pubblici e privati. Si tratta di un potere coerente -conclude il Consiglio di Stato- con il potere di regolazione ed in posizione accessoria al potere sanzionatorio”. 
In buona sostanza, Anac se ritiene che il RPC non abbia ben esercitato i suoi poteri, impugni l’inerzia o l’atto innanzi al giudice amministrativo e la smetta di farsi giustizia da se. 
Non e’ poco, allo stato -anche confusionale- in cui siamo.

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