05/01/2018 - In claris non fit interpretatio
In claris non fit interpretatio
Il titolo sopra riportato “In claris non fit interpretatio” ed il sommario “La certezza del diritto è garantita dalla precisione del linguaggio e dalla univocità della relazione tra il significante ed il significato” li ho elaborati estrapolandoli dalla massima contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2017nella quale si evidenzia l’importanza del linguaggio con il quale le regole vengono scritte, affermazione quest’ultima che, oggi più che mai, dovrebbe essere un monito per il legislatore il quale, nella stesura dei testi normativi, dovrebbe utilizzare un linguaggio semplice, diretto e logico al fine di assicurare l’univocità interpretativa della norma e, quindi, la certezza del diritto.
In particolare, nella sentenza della Terza Sezione si legge espressamente che “Tanto l’interpretazione delle fonti normative, quanto quelle di un bando che di esse costituisce applicazione, sono governate in primo luogo dall’interpretazione letterale, come si evince proprio dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile.
Il primato dell’interpretazione testuale è un principio pacifico (incontestabile, ndr), che esprime l’assiomatica verità per cui l’ordinamento giuridico è costruito attraverso proposizioni formali, i cui enunciati sono espressi in formulazioni linguistiche, con lo scopo di rendere chiaro e intellegibile il significato delle regole poste. La certezza del diritto è garantita innanzitutto dalla precisione del linguaggio e dalla univocità della relazione tra il significante ed il significato. Ciò non implica la neutralizzazione degli altri canoni ermeneutici, che però vengono in rilievo solo se l’interpretazione testuale è ambigua (in claris non fit interpretatio)”.
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Fonte: Massimario G.A.R.I.
La Direzione
(4 gennaio 2018)