21/02/2018 - Il parere del Consiglio di Stato sul restyling delle Linee guida ANAC n. 4
Il parere del Consiglio di Stato sul restyling delle Linee guida ANAC n. 4
Il Consiglio di Stato ha reso il parere (n. 361/2018 in commento) a riguardo della proposta di nuove Linee Guida n. 4, deliberata dal Consiglio dell'ANAC nell'adunanza del 20 dicembre 2017, in esito al D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 che ha modificato profondamente alcune disposizioni recate dal Codice dei contratti pubblici relative agli affidamenti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria.
In primo luogo, il CdS sembra "stoppare" il tentativo dell'ANAC di salvare per via interpretativa la normativa italiana in materia di opere di urbanizzazione dalla prevedibile condanna per incompatibilità con il diritto comunitario e unionale. In proposito giova rammentare che per effetto dell'art. 45, comma 1, D.L. n. 201 del 2011, è stato inserito nell'art. 16, D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territori, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il Codice dei contratti del 2006. Con l'entrata in vigore del nuovo Codice di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016, sub art. 36, commi 3 e 4, era stato inizialmente previsto che la realizzazione di opere di urbanizzazione (sia primaria che secondaria di cui rispettivamente ai commi 7/7bis ed 8 del prefato art. 16 del Testo unico dell'edilizia) di importo inferiore alla soglia comunitaria fosse soggetta a procedura ordinaria di evidenza pubblica (aperta o ristretta) ad eccezione delle cennate opere di urbanizzazione primaria funzionali, di importo inferiore alla soglia comunitaria, che, in continuità con quanto già sancito dal citato comma 2-bis dello stesso art. 16 T.U. edilizia, avrebbero potuto continuare ad essere realizzate direttamente dal titolare del permesso a costruire, senza le procedure previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici.
Prima ancora che entrasse in vigore la novella del 2016, a seguito di una denuncia presentata in relazione alle "Linee guida per la realizzazione da parte dei soggetti attuatori delle opere di urbanizzazione e dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale nell'ambito dei procedimenti urbanistici", approvate con deliberazione n. 1117 in data 10 giugno 2013 della Giunta del Comune di Milano, nelle quali, sub cap. 6, si afferma esplicitamente, in linea con quanto ricavabile dalle disposizioni richiamate del T.U. dell'edilizia, che ai fini della verifica del superamento della soglia comunitaria, dalla determinazione dell'importo globale dell'appalto andavano escluse le opere di urbanizzazioni primaria funzionali sotto-soglia, la Commissione Europea ha avviato la procedura EU Pilot 7994/2015/GROW segnalando alle autorità italiane che "il capitolo 6 delle (predette) Linee Guida, escludendo dal computo globale, ai fini della verifica del superamento della soglia comunitaria, le opere di urbanizzazione primaria che individualmente non superano tale soglia, sembra essere incompatibile con quanto stabilito dalla Corte [si riferisce alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 21 febbraio 2008, Causa C-412-04 par. 73] e dunque sembra essere incompatibile con l'art. 9 comma 5, lett. a, Direttiva n. 2004/18/CE [ora art. 5, par. 8, Direttiva n. 2014/24/UE], il quale stabilisce che quando un'opera prevista o un progetto di acquisto di servizi può dar luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato dalla totalità di tali lotti".
Sennonché in esito all'entrata in vigore del decreto "Correttivo" n. 56 del 2017, i commi 3 e 4 dell'art. 36 del nuovo Codice dei contratti pubblici sono stati emendati prevedendosi, da un lato, che anche alle opere di urbanizzazione a scomputo si applicano le disposizioni del precedente comma 2 attinenti alle procedure negoziate per i lavori sotto-soglia (cioè di importo inferiore, dal 1° gennaio 2018, a 5.548.000 euro, in precedenza invece soggette alle procedure ordinarie); dall'altro precisandosi espressamente che per la determinazione dell'importo delle opere di urbanizzazione funzionali, ai fini della verifica del superamento o meno della soglia comunitaria, si deve fare applicazione delle disposizioni recate dall'art. 35, comma 9, del vigente Codice dei contratti pubblici, che riproduce nella sostanza il disposto dell'art. 5, par. 8, Direttiva n. 2014/24/UE concernente il caso di appalti aggiudicabili in lotti distinti. Una modifica che tuttavia non ha risolto il nodo della questione posta dalla Commissione Europea, come sembrerebbe voler sottintendere il Consiglio di Stato nel parere in commento: i Giudici di Palazzo Spada hanno difatti bloccato il "surrettizio" tentativo dell'ANAC di forzare il senso della modifica al comma 4 dell'art. 36 in esame, attuato dall'Autorità aggiungendo nella proposta di Linee guida n. 4 aggiornate, il seguente periodo, invero alquanto criptico: "La previsione contenuta nell'art. 16, comma 2-bis, D.P.R. n. 380 del 2001 deve essere interpretata con riferimento alla disciplina delle procedure di gara contenuta nel D.Lgs. n. 50 del 2016, trovando applicazione l'art. 5, par. 8, Direttiva n. 2014/24/UE e le norme di cui all'art. 35, D.Lgs. n. 50 del 2016". Il CdS ha difatti rimarcato l'impossibilità che una prescrizione contenuta in una linea guida possa recare una interpretazione autentica di una fonte di rango primario ed il rischio che la riportata indicazione contenuta nella bozza possa alimentare interpretazioni contrastanti con le disposizioni di legge su richiamate ed in particolare con quelle del più volte citato art. 16, comma 2-bis, del T.U. dell'edilizia, vera "pietra d'inciampo", non interessato nel tempo da modifiche; le quali disposizioni parrebbero perciò doversi continuare ad interpretare proprio nel senso stigmatizzato dalla Commissione europea, e cioè che laddove le opere di urbanizzazione abbiano natura "funzionale", siano di importo inferiore alla soglia comunitaria e debbano essere eseguite a cura del titolare del permesso di costruire, nel caso di affidamento a terzi dell'appalto da parte di quest'ultimo non trovano applicazione le disposizioni del Codice dei contratti pubblici e di conseguenza il valore delle stesse opere, ai fini della individuazione del "valore stimato dell'appalto", non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione (non funzionali) eventualmente da realizzarsi.
Passando al capitolo 3 della bozza, intitolato "Principi comuni", il CdS da un lato esorta l'Autorità a non limitarsi, come invece ha fatto, alla mera enunciazione di altra innovazione legislativa che ha riguardato l'art. 16, comma 1, del Codice, integrato dal Correttivo coi richiami ai principi di cui all'art. 34 (criteri di sostenibilità energetica e ambientale) e 42 (prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse), nonché alla circostanza che le stazioni appaltanti possono applicare altresì le disposizioni di cui all'art. 50 del Codice sulle clausole sociali, ma la "sollecita" affinché fornisca indicazioni operative, anche solo di massima, in merito alle modalità di applicazione, nel corso delle procedure, di siffatti principi, onde scongiurare il rischio di lasciare gli operatori delle stazioni appaltanti in una condizione di incertezza comportamentale idonea a provocare conseguenze di rilievo contenzioso. Dall'altro, i Giudici, dopo aver sottolineato che, avuto riguardo al principio di rotazione, l'art. 36 cit. contiene una norma pro-competitiva, che favorisce l'ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati ristretti e che comprime, entro i limiti della proporzionalità, la parità di trattamento non solo del gestore uscente, ma anche dei soggetti invitati nella precedente procedura (si prevede adesso espressamente, difatti, che il principio di rotazione si applica sia agli inviti che agli affidamenti), sostiene la correttezza della specificazione fatta dall'Autorità a proposito: i) del fatto che la rotazione non si applica laddove l'affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici selezionati; ii) della conferma dell'opzione di eccezionalità della consultazione del contraente uscente, con l'ulteriore specificazione che le caratteristiche del mercato, che appunto possono consentire la deroga al principio rivestono valenza prioritaria nell'economia delle decisioni assunte in merito dalla stazione appaltante.
Sul punto, è appena il caso di osservare come a fronte di orientamenti rigidi come quelli evocati anche dal Consiglio di Stato nel parere in commento, in giurisprudenza vi sono anche voci più "moderate": si vedano tra le più recenti le sentenze del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 9 febbraio 2018, n. 145, del T.A.R. Veneto, Sez. I, 9 febbraio 2018, n. 146, del T.A.R. Toscana, Sez. II, 12 giugno 2017, n. 816 e 22 dicembre 2017, n. 1665, secondo cui se è pur vero che l'art. 36, comma 2, lett. b), del Codice, prevede il rispetto, fra gli altri criteri, di un criterio "di rotazione degli inviti", parimenti non sussiste un divieto assoluto di invito del gestore uscente, non assurgendo il principio di rotazione a regola inderogabile: secondo questo "fronte", il principio di rotazione è servente e strumentale a quello di concorrenza, sicché non può disporsi l'estromissione del gestore uscente allorché ciò finisca per ridurre la concorrenza; invero, pur essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, il principio di rotazione non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, sì che, a fronte di una normativa che pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, vanno privilegiati i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare anche il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale (in questi termini: anche Cons. di Stato, Sez. VI, 28 dicembre 2011, n. 6906; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 8 marzo 2017 n. 1336; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 11 marzo 2016, n. 3119). Pertanto, ove il procedimento per l'individuazione del contraente si sia svolto in maniera essenzialmente e realisticamente concorrenziale, con invito a partecipare alla gara rivolto a più imprese, ivi compresa l'affidataria uscente, e risultino rispettati sia il principio di trasparenza che quello di imparzialità nella valutazione delle offerte, potrebbe dirsi sostanzialmente attuato il principio di rotazione, che non ha una valenza precettiva assoluta, per le stazioni appaltanti, nel senso di vietare, sempre e comunque, l'aggiudicazione all'affidatario del servizio uscente. Se, infatti, questa fosse stata la volontà del legislatore, sarebbe stato espresso il divieto in tal senso in modo assoluto.
In ogni caso, il CdS nel parere in esame ha comunque giudicato logica ed equilibrata la previsione di un regime meno rigoroso con riferimento alla posizione dell'operatore economico che, già invitato per una precedente selezione dalla stazione appaltante, non sia risultato aggiudicatario della stessa, attraverso la "possibilità del reinvito" previa "motivazione della stazione appaltante", fondata sulla "ragionevole aspettativa dell'idoneità dell'operatore"; sì che quest'ultima assurge in tal caso ad elemento base della valutazione dell'Amministrazione, laddove, come s'è visto, per il contraente uscente essa resta comunque subordinata alla necessaria, preliminare, considerazione delle caratteristiche del mercato di riferimento. Appare poi altrettanto congruo e razionale, sempre secondo i Giudici di Palazzo Spada, il ripristino, in capo ai soggetti non reinvitati, della posizione paritaria con gli altri operatori alla prima gara successiva a quella "saltata". Se, poi, il principio di rotazione consente di escludere dall'invito coloro che siano risultati aggiudicatari (o meramente invitati a) precedenti procedure dirette alla assegnazione di un appalto, secondo il Collegio, appare più che consona con la natura e la ratio del principio stesso la previsione, recata dalle Linee guida in rassegna, che l'esclusione debba operare con riferimento alle successive aggiudicazioni dello stesso genere (cfr.. Cons. Stato, Sez. V, n. 4142/2017, cit.), o, meglio, aventi lo stesso oggetto, sì da essere applicabile in caso di commessa identica o analoga a quella di cui trattasi ed all'interno di fasce di valore degli affidamenti, la cui completa e dettagliata disciplina viene opportunamente devoluta alla potestà regolamentare delle stazioni appaltanti.
Condivisa dal CdS anche la scelta, riguardo agli affidamenti aventi valore inferiore ai mille euro, della possibilità, per le stazioni appaltanti, di derogare motivatamente, per tali affidamenti, alla rotazione; ferma la necessità, rileva il Collegio, che la motivazione relativa dia esplicitamente conto della non ricorrenza nel singolo caso dell'ipotesi di un arbitrario ed elusivo frazionamento della commessa, assumendo a tal fine come riferimento un periodo pari a tre anni solari.
Semaforo verde inoltre per le indicazioni contenute nel cap. 4 della bozza, avuto riguardo in particolare alle verifiche "semplificate" sull'affidatario scelto in esito ad affidamento diretto ex comma 2, lett. a), dello stesso art. 36 del Codice, consentito per importi inferiori a 40mila euro – ora anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici rappresenta comunque una best practice anche alla luce del principio di concorrenza, come precisato nel par. 4.3.1 della bozza) – ovvero per i lavori in amministrazione diretta. Nello specifico, per gli affidamenti fino a 20mila euro, si è ritenuto di prevedere la semplificazione massima, con ampio ricorso al meccanismo dell'autocertificazione, in forza di quanto stabilito dall'art. 71, D.P.R. n. 445 del 2000. In ogni caso per quelli fino a 5mila euro è prevista la consultazione del casellario ANAC, che si realizza in tempo reale, così come il DURC, la quale consente comunque di avere contezza delle iscrizioni derivanti da qualsivoglia causa di esclusione già oggetto di segnalazione, ritualmente delibata dall'Autorità, così come dei provvedimenti interdittivi emessi dalle Prefetture in tema di prevenzione antimafia (ex art. 91, comma 7-bis, lett. f), D.Lgs. n. 159 del 2011). Per gli affidamenti superiori a 5mila euro e fino a 20mila è stato invece mantenuto l'obbligo dei controlli sui requisiti di carattere penale, fiscale e contributivo, valutato che trattasi dei requisiti previsti dalla Direttiva n. 2014/24/UE come obbligatori. Resta inoltre come obbligatoria la consultazione del casellario ANAC, rilevante anche ai fini di prevenzione antimafia.
Al riguardo la Commissione speciale del CdS ha tuttavia ritenuto necessario precisare tra l'altro che: i) la prevista autodichiarazione resa ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 445 del 2000 deve essere redatta secondo il modello del documento di gara unico europeo (art. 85 del Codice); ii) la risoluzione del contratto e l'incameramento della cauzione (o, in alternativa a quest'ultima, l'applicazione di una apposita penale), da effettuarsi nel caso di risultanze negative della procedura di accertamento dei requisiti oggetto di dichiarazione sostitutiva, debbono essere sempre oggetto di una apposita, specifica, previsione contrattuale, inserita a cura della stazione appaltante.
Da ultimo, con riferimento al capitolo 5 della bozza, il CdS invita invece l'ANAC ad aggiustare il tiro avuto riguardo alle indicazioni applicative sull'art. 97 che, com'è noto, al comma 2, individua cinque diverse metodologie di calcolo per la identificazione delle soglie di anomalia nel caso dell'aggiudicazione con il criterio, recessivo, del prezzo più basso. Nella bozza si prevede tra l'altro che ove il metodo sorteggiato sia uno fra quelli codificati alle lettere a), b) ed e) si accantonino solo quelle offerte necessarie per raggiungere la soglia del 20% (o del 10%), indipendentemente dalla presenza di più offerte con identico ribasso percentuale. L'indicazione contrasta con l'orientamento espresso dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 19 settembre 2017, n. 5, che invece aderisce alla tesi del cd "blocco unitario", secondo il quale, ai fini del comma 1 dell'art. 86, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e del comma 1 dell'art. 121, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, le offerte di identico ammontare devono essere considerate come un'unica offerta e come tali accantonate sia nel caso in cui si collochino al margine delle ali, sia nel caso in cui si collochino all'interno di esse. Sebbene la previsione regolamentare di cui all'art. 121, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 oggetto della pronuncia dell'Adunanza Plenaria non sia stata riprodotta nel nuovo Codice, i criteri da essa indicati sono di perdurante attualità, perché codificano una corretta esegesi di previsioni del Codice del 2006 invece in parte qua riprodotte nel nuovo Codice.
Cons. di Stato, Commissione speciale, parere del 12 febbraio 2018, n. 361
Art. 36, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (G.U. 19 aprile 2016, n. 91, S.O.)