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20/12/2018 - Pubblico impiego: compenso per svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali

tratto da self-entilocli.it

Pubblico impiego: compenso per svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali

Pubblicato il 19 dicembre 2018


 

Se l’ente ha provveduto ad istituire la posizione dirigenziale, il funzionario non dirigente a cui sono state assegnate di fatto funzioni dirigenziali ha diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori qualora dimostri di averle svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni.

Tale diritto non può essere escluso valorizzando l’assenza di un atto formale e la mancata assegnazione degli obiettivi che assume rilievo, eventualmente, per escludere il diritto a percepire anche la retribuzione di risultato.

Il diritto va escluso solo qualora l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione civile, Sezione lavoro, con l’ordinanza n. 30811 del 28 novembre 2018, con la quale è stato ribadito che in materia di pubblico impiego contrattualizzato l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., che deve trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere (Cass. S.U. n. 25837/2007; Cass. 23 febbraio 2009, n. 4367).

Tale principio opera anche in relazione allo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali: in assenza di un atto formale, affinché si possa configurare esercizio di fatto delle mansioni dirigenziali è necessario che le stesse vengano svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni (Cass. n. 752/2018 e Cass. n. 18712/2016).

L’accertamento deve essere condotto nel rispetto del cosiddetto procedimento trifasico, e, quindi, il giudice del merito è tenuto ad accertare le attività svolte in concreto, ad individuare la professionalità caratterizzante le qualifiche rilevanti (quella posseduta e quella della quale si domanda il riconoscimento o, nell’impiego pubblico contrattualizzato, il corrispondente trattamento retributivo), a porre a raffronto i risultati delle due indagini.

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