04/04/2018 - Omessa pubblicazione dei dati sugli incarichi: danni erariali per dirigenti e sindaco
Omessa pubblicazione dei dati sugli incarichi: danni erariali per dirigenti e sindaco
La Corte dei Conti, sezione regionale per la Puglia, con la sentenza n. 185 del 5 marzo 2018, ha condannato il sindaco e alcuni dirigente di un Comune pugliese per aver violato gli obblighi di trasparenza in merito alla mancata pubblicazione dei dati sugli incarichi.
Il fatto
La Procura Regionale della Corte dei conti, aveva notificato al sindaco e ad alcuni dirigenti un atto finalizzato alla condanna al pagamento in favore del Comune pugliese, della somma complessiva pari quasi 93mila euro, oltre interessi e rivalutazione monetaria. A tal riguardo, premette di essere stata notiziata in data 8 febbraio 2013 dall'Ispettorato del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri degli esiti dell'attività ispettiva effettuata presso il Comune per la verifica dell'osservanza delle norme in materia di pubblicità degli incarichi, la quale ha evidenziato la mancata pubblicazione di tutti gli incarichi, esterni ed interni, sulla specifica sezione del sito web della stessa, denominato "Trasparenza, valutazione e merito", conferiti dal Comune negli anni 2010-2011, in evidente violazione delle disposizioni in materia di trasparenza vigenti, in particolare dell'art. 11, comma 9, D.Lgs. n. 150 del 2009 (in vigore dal 15 novembre 2009), il quale prevedeva espressamente che, nel caso di mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione, fosse vietata l'erogazione dell'indennità di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti.
L'Organo requirente evidenzia che dagli atti istruttori è emerso che nessun dirigente comunale, nei due sopra indicati anni di riferimento, abbia mai proceduto a trasmettere i dati degli incarichi affidati all'ufficio competente per la relativa pubblicazione ovvero a sollevare il problema dell'obbligo in parola, atteso che la specifica sezione del sito internet denominata "Trasparenza, valutazione e merito", è stata istituita solo nel mese di dicembre 2013.
Non essendo stato pubblicato sul sito internet del Comune alcun incarico, come rilevato dalla Guardia di Finanza, ad avviso del pubblico attore la violazione della disciplina in materia di trasparenza avrebbe dovuto condurre l'Ente a non erogare, ai dirigenti competenti, l'indennità di risultato, stante l'esplicito divieto sopra indicato.
Al contrario, con distinti provvedimenti sindacali emessi a seguito di positivi apprezzamenti effettuati dal Nucleo di Valutazione per gli anni 2010 e 2011, sono state regolarmente riconosciute le indennità di risultato ai dirigenti dell'ente, pur avendo i medesimi nel corso del riferito biennio, proceduto all'affidamento di incarichi soggetti all'obbligo di pubblicazione in argomento.
Al riguardo, il P.M. contabile ritiene che la predetta somma, pari a quasi 93mila euro costituisca un danno ingiusto e risarcibile patito dal Comune, stante la chiara e precisa prescrizione normativa sopra riportata, la quale nonostante fissasse un perentorio divieto, non ha impedito l'erogazione dell'indennità di risultato ai citati dirigenti, evidentemente condotta senza le previe e doverose verifiche circa il rispetto degli obblighi previsti dalla legge.
L'analisi della Corte dei Conti
I giudici contabili evidenziano preliminarmente che è necessario svolgere una breve ricostruzione normativa per meglio comprendere il significato e la portata delle disposizioni violate, posta alla base dell'azione di responsabilità, e costituite dall'art. 11, commi 8 e 9, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che recitano per la parte che qui occupa :«8. Ogni amministrazione ha l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale in apposita sezione di facile accesso e consultazione, e denominata: "Trasparenza, valutazione e merito": lettera a) omissis; lettera i) gli incarichi, retribuiti e non retribuiti, conferiti ai dipendenti pubblici e a soggetti privati.
9. In caso di… mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui ai commi 5 e 8 è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti» (la disposizione in esame è rimasta in vigore sino alla sua abrogazione, intervenuta per effetto dell'art. 53, comma 1, lett. b, D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, contestualmente sostituita, con modificazioni, dall'art. 15 dello stesso decreto).
Va premesso, sul punto, che già la L. 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1 (vigente ratione temporis) aveva stabilito che l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge, principio di legalità-indirizzo, in attuazione dell'art. 1 Cost., ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla stessa legge e dai principi dell'ordinamento comunitario.
La legge sul procedimento amministrativo dunque già postulava - all'epoca dei fatti contestati - che tra i principi guida dell'azione amministrativa vi fossero quelli di trasparenza e di pubblicità, quali corollari della regola costituzionale dell'imparzialità e del buon andamento di cui all'art. 97 Cost., in quanto tali finalizzati a consentire il controllo sulla regolarità delle procedure amministrative da parte dei soggetti interessati e/o della collettività, e a garantire l'esercizio del diritto di difesa consacrato nell'art. 113 Cost.
Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, nell'operare una riforma organica del rapporto di lavoro pubblico nell'ottica dell'incremento della sua produttività, efficienza e trasparenza, ha particolarmente ampliato tali principi introducendo il concetto di trasparenza totale della prestazione delle funzioni e dei servizi erogati dalle amministrazioni pubbliche, al fine di consentire un controllo diffuso su di essi del cittadino, anche a garanzia della legalità dell'azione dei pubblici poteri.
In questa prospettiva, la trasparenza è divenuta talmente importante da essere intesa come «accessibilità totale di tutte le informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità».
Il comma 3, dell'art. 11, del decreto ha imposto, poi, a tutte le amministrazioni pubbliche di garantire «la massima trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance» (ossia nell'ambito del percorso di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche), evidentemente allo scopo di consentire forme diffuse di verifica dell'operato di chi agisce in nome e per conto della P.A., aventi per oggetto, a mente del comma 8 sopra citato, anche il controllo dello svolgimento, da parte di tali soggetti, dell'attività di gestione direttamente piuttosto che mediatamente, attraverso il ricorso a collaborazioni esterne (ciò che comporta, evidentemente, ulteriore dispendio di risorse economiche per la stessa P.A.).
In questa prospettiva, la valutazione delle prestazioni svolte dal personale con qualifica dirigenziale non poteva prescindere dalla verifica del raggiungimento del fondamentale obiettivo di trasparenza normativamente imposto, che assumeva carattere assolutamente prioritario rispetto ad altri eventuali obiettivi strategici, attesa la natura e la ratio del decreto Brunetta (che prevedeva uno puntuale divieto in caso di mancato adempimento da parte dei dirigenti coinvolti). I giudici contabili ribadiscono, inoltre, che l'eventuale ricorso a collaborazioni esterne da parte dei dirigenti integra sicuramente un parametro utile ai fini dell'attività di valutazione, perché consente di verificare se il dirigente è stato in grado di raggiungere in autonomia gli obiettivi assegnati, piuttosto che avvalersi della collaborazione di soggetti esterni. Detto in altri termini, la verifica del raggiungimento di tale risultato di trasparenza costituiva un atto dovuto non solo ai fini della liquidazione in parola, ma anche ai fini della intrinseca valutazione dell'attività gestionale, che non poteva assolutamente essere obliterato dall'organo a tanto preposto, specie ove si consideri che, a termini di regolamento il Nucleo di valutazione aveva anche il compito di supportare sia gli organi di governo che gestionali in merito alla programmazione strategica, alla valutazione del personale dirigenziale, all'attivazione delle azioni correttive ai fini dell'attuazione degli obiettivi e dei comportamenti direzionali, tra i quali assumono rilievo, come detto, quelli finalizzati ad attuare gli obblighi di trasparenza.
Le conclusioni
Per i giudici di legittimità, di conseguenza, ai predetti dirigenti può imputarsi certamente il mancato adempimento dell'obbligo di comunicazione dei dati inerenti agli incarichi de quibus, e dunque del mancato raggiungimento di un fondamentale obiettivo strategico, normativamente imposto; ma tale comportamento non può porsi in causale dipendenza con l'erogazione percepita e dunque con il danno per cui è causa. Il quale può ricollegarsi solo alle condotte tenute dai soggetti preposti alla valutazione dei dirigenti e alla liquidazione della indennità in questione, i quali erano tenuti a rilevare, in sede di verifica della sussistenza dei presupposti per la corretta liquidazione della retribuzione di risultato, che tale obiettivo fosse stato raggiunto (e quindi adempiuto il sottostante obbligo di trasparenza); e tali soggetti sono stati, secondo i giudici contabili, correttamente evocati in giudizio dalla Procura Regionale.
Di tale fatto, per la Corte dei Conti pugliese, ne risponde anche il Sindaco nella sua qualità di organo apicale della medesima, tenuto a sovrintendere al regolare funzionamento dei servizi dell'ente.
Corte dei conti-Puglia, sentenza 5 marzo 2018, n. 185