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25/08/2018 - Spigolature su alcune fattispecie disciplinari

riceviamo dal collega Vito Antonio Bonanno

Spigolature su alcune fattispecie disciplinari

di Vito Antonio Bonanno
 
 
Ho messo in fila le riflessioni scaturite da una piacevole discussione su News del Gaudens e dagli approfondimenti che ne sono conseguiti. Spero di fare cosa utile e mi auguro ulteriori riflessioni e approfondimenti sul punto. Lancio l’idea di un osservatorio di prassi e giurisprudenza.
L’art. 55- quater, del d.lgs. 165/2001 e smi, dispone che si applica la sanzione disciplinare del licenziamento, fra l’altro, nei seguenti casi:
  1. falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente;
  2. assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio.
Nel primo caso, il comma 3 dell’art. 55-quater prevede il licenziamento senza preavviso, nel secondo caso il licenziamento con preavviso.
Anche il CCNL 21 maggio 2018 prevede fattispecie disciplinari afferenti la violazione delle regole sull’orario di lavoro, le assenze ingiustificate dal servizio o l’arbitrario abbandono dello stesso; tali fattispecie, fanno riferimento agli obblighi di cui all’art. 57, comma 3, lett. e) ed o) del nuovo contratto. In particolare, l’art. 59 contempla le seguenti fattispecie:
  1. inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro, ove non ricorrono le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a) del d.lgs. 165/2001 ( comma 3 , lett. a) sanzione fino a 4 ore di multa);
  2. assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso, ove non ricorra  la fattispecie considerata nell’art. 55-quater, comma 1, lett. b) del d.lgs. 165/2001 ( comma 4, lett. c, sanzione sospensione dal servizio fino a 10 giorni);
  3. fino a due assenze ingiustificate dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale ( comma 8, lett. f), sanzione della sospensione dal servizio da 11 giorni a 6 mesi).
Il nuovo CCNL ha assicurato un maggiore coordinamento tra le disposizioni normative e quelle contrattuali, superando le criticità emerse in sede attuativa con riguardo alla previsione di cui all’art. 3, comma 5, lett. c) del precedente codice disciplinare che –a fronte della previsione normativa del licenziamento nell’ipotesi di assenza ingiustificata oltre 3 giorni nel biennio- prevedeva la sanzione conservativa della sospensione fino a 10 giorni nel caso di assenze ingiustificate fino a 10 giorni, e quella della sospensione da 11 giorni a 6 mesi per assenze superiori a 10 giorni. La giurisprudenza  -precisato che la novella introdotta dall’art. 68 del d.lgs. 150/2009 aveva puntualizzato che le disposizioni contenute negli art. da 55 a 55 octies del dlgs 165/2001 costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo comma del codice civile- ha affermato che “l’art. 55 quater ha introdotto fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo, aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva, le cui clausole, ove difformi, ai sensi dell’art. 55, comma 1, sono sostituite di diritto ai sensi degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.” ( cfr. ex multis, Cass. Sez. Lav. 1.12.2016, n.24574).
Tuttavia, pur in presenza delle indicate fattispecie disciplinari in relazione alle quali il legislatore ha previsto la sanzione espulsiva (con o senza preavviso), la giurisprudenza della Sezione Lavoro della Suprema Corte –richiamando i principi espressi dalla Corte Costituzionale[1] sull’illegittimità costituzionale di norme che prevedono automatismi disciplinari per la destituzione dal rapporto di pubblico impiego- ha pacificamente e reiteratamente affermato che “deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato. La proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi e, infatti, regola valida per tutto il diritto punitivo e risulta trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione eccessiva, proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo, in definitiva, possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente conseguenziali ad illeciti disciplinari” ( così, Cass. 23.8.2016, n.17259, 26.1.2016, n.1351,  25.8.2016, n.17335).  Tale concetto è stato meglio esplicitato da Cass. Sez. Lav. 1.12.2016, n.24574 secondo cui “la preminenza della disciplina legale rispetto a quella di fonte contrattuale collettiva, induce, inoltre, a ritenere che, ai sensi dell’art. 55 quater, il giudizio di adeguatezza delle sanzioni alle condotte ex lege tipizzate non è rimesso alla contrattazione collettiva ma compete soltanto al giudice in sede di giudizio di proporzionalità ai sensi dell’art. 2106 c.c.”.
L’operatore, pertanto, pur laddove ritiene che il fatto concreto oggetto di contestazione dell’addebito e risultato provato nel contraddittorio con l’incolpato rientri in una delle fattispecie di cui all’art. 55-quater del d.lgs 165/2001 non può procedere all’automatica irrogazione della sanzione espulsiva, pur prevista dalla legge, ma deve fare applicazione dei criteri ordinari di graduazione della sanzione di cui all’art. 59, comma 1 del CCNL 21 maggio 2018, valutando in particolare –alla luce della posizione del dipendente nella struttura organizzativa e del tipo di disservizio causato- l’incidenza della condotta disciplinare sul rapporto di fiducia in prospettiva futura.
Ciò posto in termini generali, si evidenziano alcune criticità relative alla concreta configurabilità delle fattispecie di licenziamento di fonte legale, anche in rapporto alla nuova disciplina contrattuale.
In merito alla falsa attestazione della presenza in servizio, fatta eccezione per le ipotesi di accertamento in flagranza o mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione di accessi e presenze in cui si applicano il rito speciale e le speciali sanzioni di cui ai commi da 3-bis a 3-quinquies dell’art. 55- quater,  deve segnalarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale la previsione di cui alla lett. a) della norma, alla luce della ratio dell’obiettivo evincibile dal comma 1 dell’art. 67 del d.lgs 150/2009 di potenziamento del livello di efficienza degli uffici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo, va letta nel senso che “ la registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita” ( cfr. Cass. 14.12.2016, n.25750). Secondo tale orientamento, la fattispecie disciplinare di fonte legale si realizza, dunque, non solo nel caso di alterazione/manomissione del sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura, o altro sistema di registrazione della presenza in ufficio, miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l’intervallo temporale compreso tra le timbrature/registrazioni in entrata e in uscita ( cfr. Cass., sez. lav, 1.12.2016, n.24574, Cass. sez. lav., 6.9.2016, n.17637, Cass. sez. lav. 9.3.2017, n.6099). Tale granitico orientamento giurisprudenziale implica la necessità, da un lato, di contestare al dipendente sempre la violazione dell’art. 55-quater lett. a) anche nell’ipotesi in cui lo stesso si sia allontanato dal servizio senza aver timbrato, dall’altro, implica la necessità di coordinare la fattispecie disciplinare di fonte legale con le due fattispecie di fonte contrattuale che sanzionano la violazione delle disposizioni in materia di orario di lavoro ( comma 3, lett a) e l’assenza ingiustificata dal servizio o l’arbitrario abbandono dello stesso ( comma 4, lett. c).  La prima fattispecie, punita con il rimprovero scritto o la multa, è configurabile nelle ipotesi in cui, ad esempio, sono violate le norme in materia di orario di lavoro, senza sconfinare in ipotesi di induzione in errore dell’amministrazione circa la sua presenza in servizio in contrasto con la reale situazione (esempio, arrivo in ritardo o oltre il limite della fascia di flessibilità); la seconda fattispecie, punita con la sospensione fino a 10 giorni, si configura nei casi in cui il lavoratore è assente senza fornire giustificazione o fornendo giustificazione non adeguata (ovviamente per un tempo inferiore a 3 giorni nel biennio e, comunque, non in giornate che si pongono in continuità con giornate festive[2] ), oppure nelle ipotesi in cui pur timbrando –e quindi non inducendo in errore il datore di lavoro circa la sua effettiva presenza in servizio- si allontani senza l’autorizzazione del dirigente/responsabile dell’unità operativa: cioè, in tutte le ipotesi in cui, di fatto, il dipendente usufruisca di permessi brevi ( art. 33-bis del nuovo ccnl) senza l’autorizzazione del dirigente.
Da un punto di vista operativo, laddove in fase di avvio del procedimento i fatti oggetto di contestazione non sono chiari, è consigliabile, comunque, contestare l’assenza dal servizio o l’arbitrario abbandono dello stesso, ipotizzando che all’esito del procedimento potrà essere irrogata la sanzione del licenziamento senza preavviso o quella diversa che si riterrà adeguata all’esito dell’accertamento dei fatti e dell’applicazione del principio di proporzionalità di cui all’art. 2106 c.c.
In merito alla fattispecie dell’assenza priva di valida giustificazione di cui alla lett. b) dell’art. 55-quater, mette conto segnalare l’orientamento giurisprudenziale che, sulla base di una lettura coordinata di tale norma con l’art. 55-septies circa le forme di giustificazione delle assenze per malattia e le modalità esclusivamente telematiche per l’invio dei certificati, ha affermato che “l’assenza per malattia è priva di rilievo disciplinare non quando è solo “esistente”, né quando è (anche) comunicata ma quando è “giustificata” nelle forme, inderogabili, previste dall’art. 55-septies, comma 1 e pertanto quando sia stata attestata da certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, il quale è tenuto ad inviarla con la modalità telematica all’INPS che provvede all’inoltro, sempre per via telematica, all’amministrazione datrice di lavoro” ( Cfr. Cass. sez. lav. 25.8.2016, n.1733, Cass. sez. lav. 19.9.2016, n.18326). Quindi, la giurisprudenza considera ingiustificata l’assenza per malattia laddove la certificazione non provenga da medici convenzionati o da strutture pubbliche, quella la cui certificazione è inoltrata in forma cartacea, quella che contiene una mera prognosi clinica e non anche una prognosi sulla incidenza della malattia sua capacità lavorativa.   Particolarmente interessante è la questione della giustificazione dell’assenza per malattia attraverso la produzione di referti e/o verbali del pronto soccorso. Nonostante la chiara previsione del DM del ministro della salute 18.4.2012 che obbliga le strutture di pronto soccorso alla trasmissione telematica dei certificati di malattia/ricovero, l’INPS con messaggio 1074 del 9.3.2018, confermando il precedente messaggio n. 968 del 7.11.2003, ha ammesso che le strutture di pronto soccorso possano ancora rilasciare in forma cartacea i referti i quali, tuttavia, per essere idonei a certificare lo stato di malattia idoneo a giustificare l’assenza  dal lavoro, debbono contenere tutti gli elementi obbligatori previsti dalla legge con particolare riguardo alla diagnosi e alla prognosi; quest’ultima, in particolare, non può essere limitata alla situazione clinica salvo complicazioni ma deve essere integrata con quella prevista dalla legge di “prognosi riferita all’incapacità lavorativa”. Non è, infatti, sufficiente che il lavoratore abbia necessità di alcuni giorni per conseguire la guarigione clinica (si pensi ad esempio ad una banale escoriazione; ad una crisi ipertensiva transitoria; ad una colica addominale non complicata), ma il suo stato di salute deve essere tale da compromettere la sua capacità lavorativa.
Chiudo con un interrogativo. Il comma 8 lett. f) dell’art. 59 prevede la sospensione dal servizio da 11 giorni a 6 mesi nei casi “fino a due assenze ingiustificate dal servizio in continuità con le giornate festive”. Tale sanzione conservativa è quella massima prevista prima della sanzione espulsiva. L’art. 55-quater lett. b) nel caso di assenze ingiustificate prevede la sanzione del licenziamento ( con preavviso) quando esse siano oltre 3 nell’arco di un biennio. E se il dipendente si assenta ingiustificatamente per 3 giorni in continuità con giornate festive, quid iuris?  Non è licenziabile ex art. 55 quater perché non si è assentato oltre 3 giorni; non può essere punito con la sospensione fino a 6 mesi perchè risulta assente per più di 2 giorni. Che ne direste del licenziamento con preavviso ex art. 9, punto 1 lett. g) ?
 

[1] Si richiama per tutte la recente sentenza 15.12.2016, n. 268 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di alcune norme dell’ordinamento militare nella parte in cui non prevedono l’instaurarsi di un procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio per perdita del grado conseguente alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. La Consulta, rimarcando la necessità di pervenire alla destituzione da un pubblico impiego con la mediazione del procedimento disciplinare nell’ambito del quale valutare il contenuto della condanna penale secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza, ha segnalato che eventuali automatismi espulsivi possono essere giustificati in via eccezionale, laddove si configurino come effetto indiretto della pena definitivamente inflitta in sede penale, come nelle ipotesi di cui all’art. 32 quinquies del codice penale, in cui la cessazione automatica del rapporto di pubblico impiego è prevista come pena accessoria e non come sanzione disciplinare.
[2] Nel primo caso si applica il 55-quater, lett. b) e nel secondo caso la più grave sanzione della sospensione fino a 6 mesi di cui al comma 8 lett. f) dell’art. 59 del CCNL).
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