14/10/2017 - L'Aran punta su organi di revisione e controlli
L'Aran punta su organi di revisione e controlli
Indirizzi per la contrattazione collettiva del comparto regioni enti locali in chiaroscuro. L'atto con cui l'Aran definisce gli ambiti e gli obiettivi generali della contrattazione, se cerca di affrontare alcuni dei nodi principali che affliggono la contrattazione, per molti versi rimane lacunoso ed eccessivamente generico.
Controlli. Uno dei punti maggiormente dolenti del processo della contrattazione è quello dei controlli sull'ammontare dei fondi e la corretta loro destinazione. La scarsa efficacia dei controlli è una delle molte cause degli esiti negativi e conflittuali delle ispezioni del Mef. Non si è scelto, come sarebbe apparso necessario, di assegnare alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti il compito di validare i contratti. L'atto di indirizzo dell'Aran prevede pallide modalità di collaborazione con gli organi di revisione e i servizi di controllo interno per semplificare interventi correttivi derivanti da eventuali rilievi formalizzati dagli organi stessi, prima che si renda necessario procedere alla riapertura delle trattative, anche mediante forme di validazione dei fondi prima dell'avvio della contrattazione integrativa.
Semplificazione della determinazione dei fondi. È uno dei passaggi fondamentali, richiesto anche dal dlgs 75/2017, sempre allo scopo di eliminare il contenzioso sulla gestione dei contratti e consentire di avere dati certi per quantificare i fondi e prevederne la destinazione.
L'atto parla sì di riordino dei fondi, ma senza fornire alcuna indicazione su come effettuare il riordino. Si intuisce la volontà di semplificare l'alimentazione delle risorse aventi carattere di certezza e stabilità, ma l'atto di indirizzo stesso fa ancora riferimento al concetto di «monte salari» per quantificare le risorse, concetto privo di alcuna definizione giuridica o contrattuale e al quale non si connette un algoritmo di calcolo fisso per determinarlo.
Inoltre, l'atto di indirizzo prevede che il fondo possa essere alimentato annualmente, se esista la relativa capacità di spesa, con importi aventi caratteristiche di eventualità e di variabilità, ma nel rispetto del limite di cui all'articolo 23, comma 2, del dlgs n. 75/2017, cioè il tetto complessivo del 2016. Il che ingessa qualsiasi azione di incremento anche della parte variabile.
Posizioni organizzative. Poteva essere l'occasione per chiarire che il finanziamento dei «quadri», negli enti con dirigenza, vada cercato nel bilancio e non sottraendo risorse al fondo, ma l'atto la manca.
Si prevede un opportuno accorpamento tra posizioni organizzative e alta professionalità, l'innalzamento della retribuzione di posizione, la rinuncia al risultato in percentuale per flessibilizzare gli esiti della valutazione. Ancor più opportuna è l'indicazione di segmentare maggiormente le fasce in relazione alle responsabilità. L'atto indica anche di chiarire le modalità delle deleghe di funzione che i dirigenti potranno assegnare ai «quadri».
Progressioni orizzontali. Si tratta di un altro tasto dolente della contrattazione decentrata. Spesso le ispezioni rilavano incrementi retributivi a pioggia, senza valorizzazione del merito, rivolti indistintamente a tutti.
Per questo, si pone l'obiettivo di una «radicale revisione» dei criteri per le progressioni e delle procedure connesse, per valorizzare lo scopo selettivo e premiale imposto dall'articolo 23, comma 2, del dlgs 150/2009.
Categorie di inquadramento. Finalmente, dopo anni, si prende atto che la distinzione delle categorie B e D in distinte categorie di ingresso (B1 e B3 e D1 e D3), non ha alcun senso. L'atto di indirizzo indica un'unica futura posizione di ingresso (la prima) e di lasciare ad esaurimento gli inquadramenti avvenuti inizialmente nella posizione 3.
Indennità. L'Aran pare intenzionata a semplificare le varie, forse troppe, indennità oggi esistenti e parla di un attualmente non meglio comprensibile «accorpamento», cui connettere eventuali trattamenti «compensativi».
Di rilievo è l'idea di creare fasce retributive delle indennità accessorie diversificate, nel minimo e nel massimo, in funzione delle caratteristiche istituzionali, dimensionali, sociali e ambientali delle amministrazioni interessate.