di Arturo Bianco
La rappresentanza del comune in giudizio può dal regolamento dell’ente essere assegnata al dirigente del settore competente e non deve essere necessariamente assegnata al dirigente del settore tributi. Lo stesso principio si applica negli enti privi di dirigente relativamente al responsabile di posizione organizzativa, che come noto svolge i compiti assegnati al dirigente nelle amministrazioni locali che ne sono prive. Tali attribuzioni vanno coniugate con la previsione per cui la rappresentanza dell’ente spetta in linea ordinaria al sindaco. Sono queste le conclusioni contenute nella sentenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione n. 577/2017.
Nel caso specifico è stato ritenuto legittimo che un comune fossa rappresentato nel giudizio dinanzi alla commissione tributaria da parte del dirigente del settore affissioni e non da quello tributario. Il giudizio verteva sulla irrogazione da parte dell’ente di una sanzione per violazioni delle disposizioni impartite dal comune che si sono registrate nelle affissioni.
LE ATTRIBUZIONI DEL SINDACO
Leggiamo nella sentenza che: “fermo restando che il Sindaco ha sempre la potestà rappresentativa dell'ente comunale, tale potestà può legittimamente individuarsi - se previsto dallo statuto o dal regolamento da quest'ultimo richiamato - anche in persona del dirigente del settore di competenza”.
Occorre quindi ricordare, in primo luogo, che in capo al primo cittadino è posto il compito di rappresentanza in giudizio dell’ente. Trattasi di una previsione di carattere generale che noi troviamo disciplinata nell’articolo 50 del citato D.Lgs. n. 267/2000, testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, che ai commi 1 e 2 così recita espressamente: “Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente..”
Tali previsioni di carattere generale vanno inoltre coniugate con le indicazioni dettate dallo stesso provvedimento e, per tutte le pubbliche amministrazioni, dal D.Lgs. n. 165/2001, che stabiliscono il principio della distinzione delle competenze tra gli organi di governo ed i dirigenti, attribuendo ai secondi le attribuzioni gestionali e ferme restando gli specifici compiti assegnati ai sindaci direttamente da parte del legislatore. In questa materia uno spazio importante è assegnato all’autonomia normativa delle singole amministrazioni.
LA NORMATIVA DELL’AMMINISTRAZIONE
L’ampiezza dell’autonomia assegnata alle amministrazioni nella individuazione del soggetto competente a rappresentare l’ente nei procedimenti tributari non costituisce un principio innovativo. Viene infatti citata la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 12868/2005. Anche sulla base di questo precedente viene affermato che: "nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune - ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico - amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il Sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell'art. 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (...)".
Di conseguenza, l’autonomia normativa delle singole amministrazioni è chiamata a disciplinare la possibilità per gli enti di disporre che la rappresentanza in giudizio possa non spettare al sindaco e ad individuare i soggetti cui la stessa possa essere assegnata.
LA INDIVIDUAZIONE DEL DIRIGENTE
La sentenza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, ci ricorda inoltre le previsioni dettate dal D.Lgs. n. 546/1992, art. 11, comma 3, per come sostituito dal D.L. n. 44/2005, per il quale “l'ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche tramite il dirigente dell'ufficio-tributi ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio”. Dal che non ne deve però essere tratta la conseguenza che siamo in presenza di una attribuzione che può essere svolta esclusivamente dal dirigente dell’ufficio tributi, trattandosi di una attribuzione che può essere assegnata ad un altro dirigente.
Ed inoltre leggiamo nella sentenza della Corte di Cassazione che stiamo commentando che, “a seguito della riforma del Titolo 5 della Costituzione e del regime delle autonomie degli enti locali di cui al D.Lgs. n. 267/2000, i regolamenti comunali possono legittimamente prevedere che, nel contenzioso avanti alle commissioni tributarie, a rappresentare in giudizio l'ente sia un dirigente del servizio di competenza, ancorchè diverso da quello dell'ufficio-tributi; e ciò senza necessità di specifica delibera autorizzativa della giunta comunale”.
Per cui, conclusivamente, la sentenza fissa il seguente principio: il “potere di rappresentanza processuale dei dirigenti deve intendersi, dunque, assolutamente pacifico riguardo ai giudizi davanti alle commissioni tributarie". Lo stesso principio si deve applicare, lo ricordiamo, anche alle posizioni organizzative nelle amministrazioni locali che sono prive di dirigenti.