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16/07/2017 - Comuni, in 5 anni triplicati i dissesti. Il record nelle piccole città del Sud

tratto da corriere.it

Comuni, in 5 anni triplicati i dissesti. Il record nelle piccole città del Sud

De Caro (Anci): sempre meno risorse dallo Stato. L’allarme della Fondazione commercialisti
 
 
 

Fine crisi mai. I Comuni italiani non vedono la luce in fondo al tunnel e da 27 anni vivono sull’orlo del baratro economico. A certificarlo è un’indagine della Fondazione nazionale dei commercialisti che ha raccolto i dati dal 1989 al 2016: ne viene fuori un’istantanea sconfortante di un’Italia a due velocità in cui dei 556 dissesti complessivi, 450 si sono verificati nel Meridione. In pratica, più del 70 % dei fallimenti registrati dagli enti locali si registra al Sud, con un numero di default dichiarati negli anni 2011-2015 quasi triplicato rispetto agli anni precedenti. «Uno scenario inevitabile – commenta Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci –, il Meridione da anni è dotato di minori risorse, ha meno gettito fiscale e quindi meno Irpef e adesso ha una percentuale altissima di morosi che non pagano le tasse locali. Come se non bastasse, i Comuni del Sud hanno fatto da ammortizzatori sociali assumendo precari e Lsu che hanno pesato sui bilanci. Abbiamo subìto i tagli dello Stato e non siamo in condizione di riscuotere abbastanza dai nostri cittadini».

Qualcuno potrebbe obiettare che, se esiste tanta differenza tra Nord e Sud, è anche perché c’è stato qualcuno più virtuoso e qualche altro meno. «Ma ormai parliamo di danni procurati venti o trent’anni fa – protesta il presidente dell’Associazione dei Comuni italiani –, con i controlli attuali nessuno potrebbe tornare agli sprechi del passato, pensi che io, in un Comune come Bari, ho a bilancio un’unica consulenza da 25 mila euro l’anno. Adesso la missione è portar fuori dal pantano i Comuni in difficoltà per non penalizzare i cittadini a cui si tagliano i servizi. Lo Stato dovrebbe concedere tassi praticabili ai Comuni che chiedono mutui per uscire dalla crisi».

 

 

 

L’identikit dei commercialisti va più nello specifico e rileva che più del 60%degli enti in situazioni di deficitarietà è concentrato dove la popolazione è inferiore a 5.000 abitanti, si tratta dunque per la maggioranza di Comuni di piccole dimensioni (di cui circa il 40% sono enti con popolazione fino a 2.000 abitanti). Il restante 40% è concentrato nelle classi demografiche tra i 5.000 e 60.000 abitanti. «In questo caso – continua De Caro – bisognerebbe chiedersi il perché dei tagli dei fondi anche a Comuni così piccoli: si tratta di realtà che incidono in maniera infinitesimale sulla spesa pubblica ma che sono finiti subito in difficoltà a causa di un gettito ridotto che non riescono più a compensare, specie se si trovano su un tessuto sociale impoverito».

E allora come vedere la fine del tunnel? Secondo i commercialisti (che svolgono funzione di revisori dei conti) servirebbero controlli più stringenti e un monitoraggio più efficace sulle realtà più a rischio e già in regime di sofferenza o predissesto. «Non credo serva altro controllo – obietta il sindaco di Bari –, servirebbero strumenti più efficaci: il nuovo ordinamento contabile risulta troppo complesso e poco incisivo. Sarebbe auspicabile una riforma della riscossione locale: noi sindaci fronteggiamo una morosità crescente e non abbiamo gli strumenti adatti per riscuotere il dovuto. Non si può pensare a fare solo perequazione orizzontale, così lo scenario può solo peggiorare». E infatti la Fondazione dei commercialisti segnala che la curva dei dissesti è di nuovo in crescita. «Alle Regioni - ricorda De Caro - sono state concesse condizioni economiche favorevoli per sanare bilanci altrettanto disastrati, i Comuni devono fronteggiare la crisi senza poter aumentare le tasse, per effetto del blocco della leva fiscale, senza condizioni di credito favorevoli. Come scalare una montagna a mani nude».

15 luglio 2017 (modifica il 15 luglio 2017 | 21:42)
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