06/06/2017 - Conferma propria ed impropria: alla ricerca della reale linea di demarcazione
Conferma propria ed impropria: alla ricerca della reale linea di demarcazione
Un carabiniere presentava al proprio Comando di Legione una domanda di trasferimento temporaneo, essendo genitore di un figlio di età minore di anni tre, ai sensi dell'art. 42-bis, D.Lgs. n. 151 del 2001. Il Comando rigettava l'istanza. Veniva impugnato il diniego avanti al Tar e si sviluppava un complesso contenzioso, caratterizzato da ricorsi per motivi aggiunti ed ordinanze cautelari. Ad un certo punto, a seguito dell'invito formulato dal Tar, il Comando procede ad una nuova valutazione della domanda di trasferimento. Precisamente, il Comando pone in essere una nuova comparazione delle forze in servizio presso le caserme ubicate nel raggio di 15 km dal luogo di residenza del ricorrente, dando conto delle unità in servizio presso le medesime e procedendo a nuove valutazioni. Ciò, in forza ed in esecuzione dell'ordinanza del Tar. Al termine dell'illustrata istruttoria, il Comando, in data 27 aprile 2017, emette un atto di conferma del precedente rigetto della domanda. Tale atto non viene impugnato ed il processo amministrativo prosegue sulla base dei pregressi atti impugnati. Ma, il nuovo atto (non impugnato) è un provvedimento di conferma propria (che doveva essere impugnato) oppure un atto meramente confermativo?
Per rispondere a tale domanda, necessaria ed imprescindibile per verificare l'ammissibilità del ricorso, occorre procedere ad un importante chiarimento. Come è noto, il dinamismo dell'attività amministrativa, che si esprime nel principio di continuità, e l'esigenza di assicurare in ogni momento che gli interessi pubblici siano correttamente ed adeguatamente curati, impongono alla Pubblica amministrazione di rivedere eventualmente il proprio operato, attraverso una verifica degli atti emanati, sia sotto il profilo della legittimità che sotto quello dell'opportunità. Tali argomentazioni vengono tradizionalmente presentate come giustificazione prima della funzione di riesame, in capo alla Pubblica Amministrazione, quale proiezione dinamica della continuità, necessità ed effettività della funzionalizzazione dell'attività amministrativa. Si tratta di un potere, quello di riesame, che investe l'attività di amministrazione attiva, in quanto ampiamente discrezionale nell'an, nel quid, ed anche nel quando. Il procedimento di riesame presenta, al pari di tutti gli altri procedimenti amministrativi, una precisa articolazione in fasi e può concludersi nei seguenti modi: a) ritiro dell'atto precedentemente emanato (annullamento o revoca); b) convalescenza dell'atto (convalida, ratifica e sanatoria, quali provvedimenti di secondo grado diretti a conservare gli effetti fino a quel momento prodotti attraverso l'eliminazione dei vizi); c) conservazione dell'atto, attraverso le figure della consolidazione per inoppugnabilità, dell'acquiescenza, della conversione e della conferma, la quale costituisce la manifestazione più intensa ed espressa della volontà della Pubblica Amministrazione di conservare l'atto sottoposto a riesame. Dunque, il procedimento di riesame, quale procedimento di secondo grado, può trovare il suo epilogo nella conferma del provvedimento. La dottrina tradizionale ha polarizzato la propria attenzione sul duplice configurarsi dell'istituto della conferma nelle due forme della conferma propria ed impropria. Nel primo caso (conferma propria), la conferma si configura come atto costitutivo di un procedimento, che deve essere svolto secondo proprie regole, e che si risolve in una nuova ponderazione comparativa degli interessi. L'esito di tale procedura di riesame, di carattere discrezionale, è l'adozione di un nuovo atto rispetto a quello confermato, soggetto alle ordinarie regole di impugnazione. La cosiddetta conferma impropria (o atto meramente confermativo) è, invece, un istituto di creazione giurisprudenziale, posto in essere per impedire l'elusione dell'inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi. In altri termini, attraverso la sua elaborazione, si è voluto evitare che un soggetto, leso da un provvedimento divenuto inoppugnabile per decorso del tempo, rivolgesse una domanda di ritiro all'Autorità amministrativa, per poi impugnare la decisione di rigetto della medesima. In tal senso, la giurisprudenza utilizza la denominazione di atto confermativo, o meramente confermativo, per indicare quegli atti, in cui è assente una determinazione volitiva, in cui cioè manchi una valutazione di elementi nuovi od ulteriori rispetto al provvedimento originario.
Il Tar Napoli è pienamente consapevole dell'attuale dibattito giurisprudenziale sul tema e pone chiaramente in luce il fatto che occorre prestare la massima attenzione nel qualificare un atto come meramente confermativo o come conferma propria. Infatti, i giudici amministrativi campani fanno osservare, proprio in relazione all'ultimo atto del Comando dei Carabinieri (conferma del rigetto dell'istanza), emesso in data 27 aprile 2017, "occorre verificare se sia stato adottato o non senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi". In altri termini, l'ultimo atto non impugnato ha, a proprio fondamento, una nuova istruttoria ed una nuova valutazione? Il punto decisivo è proprio questo, in quanto, come rilevano i giudici campani, "non può considerarsi meramente confermativo, rispetto ad un atto precedente, l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco, e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, che caratterizzano la fattispecie considerata, può dare luogo a un atto propriamente di conferma, in grado, come tale, di costituire un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione". Viceversa, si è in presenza di un atto meramente confermativo quando l'Amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame, si limita a dichiararne l'esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere una nuova istruttoria. Nella concreta fattispecie, l'ultimo atto posto in essere può, senza dubbio, essere qualificato come "conferma propria". Ed, infatti, la giurisprudenza ha sinora fondato la qualificazione di un atto come di conferma propria, sulla base dei seguenti elementi: - "riesame dell'atto e dell'assetto di interesse sottostante" (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 7732/2009); - "acquisizione di nuovi elementi di fatto" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, n. 4893/2009); - "avvio di una nuova istruttoria" (ex multis: Cons. di Stato, Sez. IV, n. 3551/2002 e n. 4890/2002); - "autonoma e distinta valutazione" (T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 827/2003); - "presenza di una diversa motivazione", od anche di "nuovi elementi", (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 449/2003); - "apertura di apposito procedimento", (Cons. di Stato, Sez. V, n. 619/2010); - "riponderazione degli interessi coinvolti" (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 6333/2001). Nella concreta vicenda, è ben chiaro che il Comando, con l'atto del 27 aprile 2017, ha posto in essere una nuova istruttoria, all'interno della quale ha effettuato una nuova ponderazione-valutazione degli interessi in gioco con una nuova motivazione. Quindi, un provvedimento distinto ed autonomo: una conferma propria! Tale provvedimento non è stato impugnato e, di conseguenza, l'originario ricorso viene dichiarato improcedibile, in ragione del sopravvenuto provvedimento 27 aprile 2017, maldestramente non impugnato.
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 18 maggio 2017, n. 2672