07/02/2017 - Precario risarcito nella P.A. per abuso di contratti a termine
La Corte di Cassazione con l'Ord. n. 1767, del 24 gennaio 2017, ha affermato che nella pubblica amministrazione il precario ha diritto al risarcimento per l'abuso di contratti a tempo reiterati.
Il contenzioso sul lavoro vede coinvolta una azienda sanitaria locale e un suo "precario" che aveva svolto attività lavorativa tramite una pluralità di contratti a tempo determinato.
Il contenzioso
Un contribuente, "precario" da molto tempo, aveva prestato la propria attività lavorativa in favore di una azienda sanitaria locale sulla base di plurimi contratti a termine e dedotta la illegittimità di tali contratti, ha chiamato in causa davanti al giudice del Lavoro del Tribunale, la stessa ASL, chiedendone la condanna con la riassunzione in servizio e il risarcimento del danno.
In Tribunale in parziale accoglimento della domanda, ha dichiarato la illegittimità di tali contratti e ha condannato l'azienda sanitaria locale al risarcimento del danno.
L'azienda sanitaria si è appellato alla Corte territoriale la quale in parziale riforma della decisione di primo grado ha respinto la domanda risarcitoria.
In particolare il giudice di secondo grado ha premesso la conformità al diritto comunitario e specificatamente alla clausola 5 della Dir. n. 1970/99, sotto il profilo dell'adeguatezza della misura sanzionatoria alla repressione dell'abuso del ricorso ai contratti a termine, della previsione di cui all'art. 36, comma 5, D.P.R. n. 165 del 2001, che in caso di violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni, stabilisce il diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro.
In particolare i giudici di secondo grado in base al contenuto dell'art. 36, D.P.R. n. 165 del 2001, hanno ritenuto che il risarcimento del danno non si configura quale conseguenza automatica della prestazione resa in violazione di legge ma richiede la prova dell'effettivo pregiudizio subito dal lavoratore.
Di conseguenza poiché il lavoratore non ha allegato nulla e provato quanto affermato nel ricorso, si era limitato genericamente ad invocare la tutela risarcitoria in funzione alternativa alla conversione; di conseguenza la domanda doveva essere respinta.
L'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile
Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'art. 35, D.Lgs. n. 165 del 2001.
Per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla di cui all'art. 70, D.Lgs. n. 276 del 2003, e successive modificazioni ed integrazioni, in applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, dall'art. 3, D.L. n. 726 del 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, dall'art. 16, D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 451, dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 per quanto riguarda la somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla all'art. 70 del medesimo D.Lgs. n. 276 del 2003, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile.
Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato.
Al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, le amministrazioni redigono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1999, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento.
Le amministrazioni pubbliche comunicano, nell'ambito di tali rapporti, anche le informazioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
L'analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione evidenzia che va in primo luogo affermata la inammissibilità, per difetto di interesse ad impugnare, delle censure concernenti la mancata conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato. La parte ricorrerne non ha, infatti, specificamente allegato di avere impugnato la decisione di primo grado in relazione al mancato accoglimento della domanda di costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la convenuta Azienda sanitaria, quale conseguenza della illegittimità dei contratti a termine. Né tale impugnazione risulta dalla sentenza di secondo grado dalla quale si evince che la decisione di primo grado è stata appellata soltanto dalla Azienda Sanitaria Provinciale.
Le censure che investono la statuizione di integrale rigetto della domanda di risarcimento del danno sono, invece, meritevoli di accoglimento alla luce della recente pronunzia con la quale le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che in materia di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall'art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità ai canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (Ord. 12 dicembre 2013, in C 50/13), sicché, mentre va escluso il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all'art. 32, comma 5, L. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l'indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l'onere probatorio del danno subito.
Per la Corte di Cassazione a tale giurisprudenza si ritiene di dare continuità.
Le conclusioni
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del lavoratore "precario" e cassa la sentenza impugnata della Corte territoriale e in relazione alle censure le rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello che si pronuncerà in diversa composizione.
Cass. Civ., Ord., 24 gennaio 2017, n. 1767