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07/02/2017 - Nella Pubblica Amministrazione non solo “furbetti del cartellino” Ma la strada del recupero dell’efficienza è lunga

tratto da unsognoitaliano.it

Nella Pubblica Amministrazione non solo “furbetti del cartellino”

Ma la strada del recupero dell’efficienza è lunga

di Salvatore Sfrecola

 

È senza dubbio giusto ed urgente che Governo e Parlamento si occupino dei “furbetti del cartellino”, che timbrano per altri, e di quanti si assentano con le più diverse motivazioni, sempre illecite. Come è giusto punire i “nullafacenti”, come li ha definiti Pietro Ichino nel titolo di un suo fortunato libro, che non lavorano con l’impegno che è loro richiesto e per il quale vengono retribuiti. Situazioni scandalose, che persistono nonostante le denunce e gli interventi della magistratura, a dimostrazione che le regole fin qui applicate non sono sufficienti. Per cui il Ministro per l’innovazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, preannuncia “una stretta”, come si esprimono i giornali, con controlli più efficaci, sanzioni severe e di immediata applicazione, fino al licenziamento.

Sono comportamenti che offendono i cittadini utenti dei servizi pubblici resi dalle amministrazioni dello Stato e degli enti locali e gettano discredito sulla stragrande maggioranza dei dipendenti che lavorano seriamente e non ricorrono a sotterfugi per garantirsi un “ponte” o un fine settimana al mare o ai monti o per allungare le vacanze.

Tuttavia l’amministrazione, la burocrazia, godono di pessima stampa tra la gente che denuncia lentezza nelle decisioni, frequente duplicazione di adempimenti e di competenze, per cui può accadere che ci si debba rivolgere a più uffici per ottenere provvedimenti spesso sovrapponibili, almeno nella sostanza.

Le iniziative del governo contro i “furbetti” tengono banco sui giornali e nelle trasmissioni televisive di approfondimento come se fosse l’unico problema della pubblica amministrazione la quale, invece, avendo come compito primario il perseguimento degli obiettivi indicati nell’indirizzo politico convalidato dal voto elettorale, vorremmo venisse agli onori della cronaca soprattutto con connotati di efficienza, quella che il cittadino e le imprese si attendono quando richiedono il rilascio di autorizzazioni o di attestazioni varie. Che pretendono anche in tempi ragionevoli. Purtroppo, invece, continuano le denunce contro il peso della burocrazia, che sottrae tempo e denaro a chi si rivolge agli uffici pubblici. Ed è uno dei motivi per i quali in Italia è difficile investire in attività imprenditoriali.

Non è stato sempre così. Un tempo il pubblico dipendente sentiva l’orgoglio di servire lo Stato. Come accade negli stati che hanno una consolidata tradizione amministrativa, dal Regno Unito alla Francia, dalla Germania alla Spagna, storie di grandi regni con importanti amministrazioni. Ovunque vengono reclutati i migliori professionisti, adeguatamente retribuiti. E quando lo stipendio è inferiore a quello di un corrispondente impiego privato la differenza, leggevo in un saggio sull’amministrazione francese, è abbondantemente compensata dal prestigio che in qual Paese assicura, agli occhi dei cittadini, l’esercizio di una funzione pubblica, l’indossare “la giubba del Re”, come Piercamillo Davigo ha intitolato una sua intervista sulla corruzione, l’espressione con la quale i vecchi del suo paese indicavano appunto il “servizio di Stato”.

Un po’ di storia della pubblica amministrazione, senza negare le disfunzioni che l’hanno accompagnata negli anni, dice anche che in Italia ha svolto un ruolo essenziale. Dopo il 1861 nell’unificazione dello Stato e nella ricostruzione delle aree pesantemente danneggiate dalle guerre, dopo la prima e, soprattutto, dopo la seconda guerra mondiale. In poco tempo. Chi ha memoria o chi ha avuto occasione di vedere i filmati che danno conto delle distruzioni, delle città e delle infrastrutture viarie, ferroviarie, aeroportuali, portuali, deve constatare che, in pochissimo tempo, quelle rovine sono state rimosse, tutto è stato ricostruito e l’Italia è tornata a crescere.

Oggi il degrado che denunciano cittadini ed imprese è in gran parte responsabilità della politica, perché al Parlamento e al Governo spetta dettare le norme che regolano le attribuzioni degli uffici e ne disciplinano i procedimenti. Ma è vero anche che quella normativa primaria e secondaria, legislativa e regolamentare, con la quale troppo spesso il cittadino si scontra, nasce essenzialmente negli uffici pubblici che sono quelli che assistono Parlamento e Governo nella stesura dei testi che hanno un rilevante contenuto tecnico quando individuano tempi e modi dell’azione amministrativa. Le responsabilità per questo stato di cose, dunque, non possono essere soltanto della politica che indubbiamente ne ha, e molte, perché spesso si rivela incapace di dare direttive amministrative adeguate e di dialogare con l’apparato definendo con i dirigenti delle amministrazioni le regole che effettivamente occorrono per assicurare legalità ed efficienza.

Spetta, dunque, ai dirigenti di più alto livello essere i garanti dell’efficienza, della corrispondenza dell’attività svolta agli interessi dei singoli e delle imprese, considerando anche che i tempi dell’azione amministrativa non sono indifferenti all’economia dei singoli e dell’intero Paese ma costituiscono costi i quali vanno messi a confronto con gli interessi dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni. Ecco dunque che spetta all’alta dirigenza proporre e ottenere dal potere politico, governativo e parlamentare, le semplificazioni occorrenti per rendere efficiente il sistema, per fare della pubblica amministrazione un’opportunità per l’economia non un freno allo sviluppo. In sostanza io vorrei che la pubblica amministrazione, nei suoi vertici e in tutti gli addetti, fosse orgogliosa di prestare un servizio efficiente al Paese e non continuamente additata come la causa di tutti i mali.

Purtroppo il degrado della politica trascina quello dell’amministrazione. Il reclutamento e la formazione dei funzionari, dei dirigenti e dei quadri, è assolutamente inadeguato. La politica condiziona le carriere e l’assegnazione dei posti di funzione e financo la retribuzione dei dirigenti. Lo spoil system all’italiana ha spento ogni aspirazione all’indipendenza, ad essere effettivamente “al servizio esclusivo della Nazione”, come si legge nell’art. 98 della Costituzione.

Rimediare non è facile. Ma è necessario ed urgente.

6 febbraio 2017

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