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02/11/2016 - Legittima la rimozione del dirigente per incompatibilità ambientale

tratto da quotidianoentilocali.ilsole24ore.com e qui pubblicato in quanto free

Legittima la rimozione del dirigente per incompatibilità ambientale

di Federico Gavioli

 
 

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21030/2016, ha affermato che, in materia di pubblico impiego, è legittima l'assegnazione del dirigente a settori o mansioni diverse rispetto a quelli finora svolti nei casi di incompatibilità ambientale; nel caso in esame i giudici di legittimità hanno ritenuto legittimo il trasferimento di un comandante della Polizia Municipale per problemi legati ad abusi edilizi nell'immobile di sua proprietà.

Il fatto 
Un dipendente pubblico aveva citato in giudizio il Comune di cui era dipendente per far dichiarare l'illegittimità della sanzione disciplinare di sospensione di 10 giorni dal servizio nonché della rimozione dalle funzioni di comandante della Polizia e della contestuale assegnazione alla Direzione del settore Affari sociali; sia il Tribunale, sia la Corte d'Appello avevano rigettato la richiesta del dipendente comunale.

L'analisi della Cassazione 
Tra i diversi motivi del ricorso in Cassazione il dipendente comunale denuncia anche la violazione e falsa applicazione dell'articolo 72 del Dlgs 165/2001, lamentando che la Corte territoriale avrebbe errato nel qualificare il provvedimento di assegnazione di nuove mansioni come trasferimento per incompatibilità ambientale, previsto dall'abrogato articolo 32 del Tu 3/1957.
La Cassazione, nel rigettare il ricorso dell'ex comandante dei vigili trasferito ad altro settore, ritiene corretto il comportamento del Comune perché quest'ultimo ha, tra i suoi poteri, anche quello di trasferire il dipendente che ha violato i doveri fondamentali della prestazione lavorativa ledendo l'immagine e la dignità della pubblica amministrazione. Per i giudici di legittimità il motivo è inammissibile perché il ricorrente non precisa se, e in quale atto processuale, la questione relativa alla qualificazione del trasferimento sia stata, e in quali termini, sottoposta all'esame della Corte territoriale. 
La Cassazione rileva che il dipendente ricorrente aveva allegato la sua inamovibilità, deducendola dalla "unicità" del corpo di Polizia municiale.
La Cassazione ritiene che il motivo sia, comunque, infondato in quanto l'attuazione dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione può legittimare l'assegnazione a settori o mansioni diverse del pubblico dipendente nei casi di situazioni di fatto di incompatibilità ambientale, che, se pure prescindono da ragioni punitive o disciplinari e sono riconducibili in via sistematica all'articolo 2103 del codice civile, si distinguono dalle ordinarie esigenze di assetto organizzativo, in quanto costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione realizzando, di per sè, un'obiettiva esigenza di modifica e spostamento di settore organizzativo o del luogo di lavoro.
I giudici di legittimità evidenziano che tale esigenza è stata ravvisata dalla Corte territoriale, che ha accertato, che l'affidamento delle mansioni già svolte non era più possibile, in ragione della accertata sopravvenuta incompatibilità ambientale dello svolgimento da parte del dipendente, alle funzioni di vigile urbano.
Il dipendente ricorrente, inoltre, in uno dei motivi di ricorso, denuncia illogica, omessa e insufficiente motivazione, per non avere la Corte territoriale spiegato le ragioni del mancato esercizio dei poteri istruttori in ordine alla modifica delle mansioni. In particolare, secondo il dipendente ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nella parte in cui ha ritenuto di accogliere il motivo di censura relativo alla presunta non equivalenza delle mansioni, anche sotto la prospettazione della impossibilità di valutare le differenze tra i concreti compiti della figura del Comandante del corpo di Polizia municipale e quelli di istruttore amministrativo, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe potuto individuare detti compiti dall'esame dello statuto del Comune. Tale motivo, per la Cassazione, è infondato in quanto la Corte territoriale ha, infatti, affermato sulla scorta di un accertamento, che le mansioni di istruttore direttore amministrativo, categoria D, erano di rilievo e prestigio pari a quelle svolte in precedenza e che l'assenza di precise allegazioni non consentiva alcuna indagine ulteriore sulla dedotta dequalificazione e sulle diverse competenze professionali proprie dei nuovi compiti rispetto a quelli propri della qualifica di Comandante della Polizia municipale.

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