26/05/2016 - Obbligo di astensione per conflitto di interesse: il caso dell’annullamento d’ufficio dei provvedimenti di stabilizzazione del personale precario
Obbligo di astensione per conflitto di interesse: il caso dell’annullamento d’ufficio dei provvedimenti di stabilizzazione del personale precario
Consiglio di Stato, sez. V, 16.5.2016, n. 1969
La vicenda
A seguito di un’indagine della procura regionale della Corte dei conti sulla delibera di stabilizzazione di alcuni dipendenti precari, la giunta comunale ha proceduto all’annullamento in autotutela della delibera stessa. Il provvedimento di ritiro, oggetto di ricorso, è ritenuto viziato in quanto adottato col contributo del dirigente del Settore Personale e di cinque componenti della giunta municipale che, per essere personalmente coinvolti nell’indagine della Procura contabile, si sarebbero dovuti astenere trovandosi in situazione di conflitto d’interesse. Tale ricostruzione è stata sposata dal giudice di primo (TAR Campania) che, con sentenza del 17.3.2014, n. 579, ha accolto il ricorso. Per la riforma della sentenza di primo grado è stato proposto ricorso in appello; tra i vari motivi, si deduce che l’impugnata sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto fondata la censura concernente la dedotta violazione dell’art. 6-bis della legge 7.8.1990, n. 241. Difatti, nella fattispecie non vi sarebbe conflitto di interesse, ma coincidenza tra interesse privato e interesse pubblico.
La pronuncia del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1969 del 2016, accoglie l’appello, evidenziando come nel caso di specie non sia ravvisabile alcun conflitto d’interesse. Per giurisprudenza pacifica, infatti, quest’ultimo sussiste allorché i componenti di un collegio amministrativo siano portatori di un interesse personale divergente da quello affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte. Nel caso di specie tale divergenza non è configurabile, in quanto, l’interesse dei componenti della giunta municipale e del dirigente del Settore Personale, coincide con quello pubblico perseguito con l’atto di ritiro, ovvero evitare non dovuti esborsi di denaro pubblico per effetto di provvedimenti di stabilizzazione ritenuti illegittimi.
Obbligo di astensione per conflitto di interesse
Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 16 maggio 2016, n. 1969
Enti locali – provvedimenti della giunta municipale di stabilizzazione del personale precario – indagine della procura regionale della Corte dei conti – successiva delibera di annullamento in autotutela – assessori comunali coinvolti nell’indagine della procura contabile – obbligo di astensione per conflitto di interesse – non sussiste
Il conflitto di interesse sussiste allorché i componenti di un collegio amministrativo siano portatori di un interesse personale divergente da quello affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte (Cons. Stato, sez. III, 2.4.2014, n. 1577; sez. V, 13.6.2008, n. 2970). Nel caso di specie – in cui si controverte della legittimità dell’annullamento in autotutela dei provvedimenti di stabilizzazione di alcuni dipendenti precari – tale divergenza non è configurabile, in quanto, l’interesse dei componenti della giunta municipale e del dirigente del Settore Personale, coincide con quello pubblico perseguito con l’atto di ritiro, ovvero evitare non dovuti esborsi di denaro pubblico per effetto di provvedimenti di stabilizzazione ritenuti illegittimi. Giova soggiungere che la verifica della sussistenza del conflitto d’interessi, dovendo essere condotta sotto un profilo eminentemente oggettivo, non è influenzata dalle motivazioni soggettive poste a base dell’agire. Nella fattispecie, pertanto, a nulla rileva che componenti della giunta municipale e dirigente del Settore Personale siano stati spinti a provvedere in autotutela dall’esigenza, prettamente egoistica, di alleggerire la propria posizione sotto il profilo della responsabilità contabile. Al di là delle dirimenti considerazioni appena svolte, occorre, comunque, rilevare che il dovere di astensione per conflitto di interessi, costituisce esplicazione del più generale principio di imparzialità, che a sua volta rappresenta uno dei canoni a cui l’amministrazione, ex art. 97 Cost., deve informarsi nell’esercizio dell’attività discrezionale. Sennonché, l’atto della cui legittimità nella specie si controverte, non ha natura discrezionale, bensì vincolata. Difatti, se è vero che, di regola, il potere di autotutela ha natura discrezionale, occorrendo, che accanto all’illegittimità del provvedimento di primo grado, sussista anche un interesse pubblico al ritiro da comparare con quello del privato al mantenimento dell’atto, fanno eccezione alla regola le ipotesi in cui, essendo l’interesse pubblico in re ipsa, l’amministrazione non è chiamata a compiere alcuna valutazione al fine di poter disporre l’annullamento d’ufficio, essendo sufficiente, al riguardo, il mero riscontro dell’illegittimità dell’atto da annullare. In tali casi, la natura vincolata del potere, esclude che vi siano spazi per poter apprezzare profili di imparzialità. Orbene, per un’ormai consolidata giurisprudenza che il Collego condivide, l’annullamento d’ufficio degli atti da cui discendono continuativi e non dovuti esborsi di denaro pubblico, quali quelli di illegittima costituzione di rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, è doveroso, dovendo ritenersi l’interesse pubblico al ritiro in re ipsa (cfr. fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 23.10.2014, n. 5267; sez. VI, 14.7.2011, n. 4284). La stessa giurisprudenza afferma, inoltre, che dovendo nei detti casi considerarsi l’interesse pubblico al ritiro degli atti illegittimi, in re ipsa, non occorre motivazione in ordine alla sua sussistenza, né valutazione della posizione dei destinatari, i quali non possono vantare affidamenti tutelabili al mantenimento dell’atto di primo grado, nemmeno in considerazione del lungo termine trascorso (Cons. Stato, sez. III, 11.11.2014, n. 5539; sez. V, 15.11.2012, n. 5772).