15/06/2016 - svolta per i manager pubblici, potranno essere retrocessi
ROMA Taglio dello stipendio del 10% l’anno, retrocessione a funzionario semplice, trasferimento, licenziamento. Potrebbe cambiare di parecchio la vita dei dirigenti della pubblica amministrazione. La bozza del decreto che attua la riforma Madia approvata l’estate scorsa ridisegna dalle basi il vertice di quella complessa macchina chiamata burocrazia. La riforma già prevede che per le poltrone da dirigente si pescherà da un serbatoio, il «ruolo unico» nel quale si entrerà per concorso. Gli incarichi dureranno quattro anni e le scelte saranno fatte da un’apposita commissione. Ma il decreto spiega cosa succederà al dirigente che, con il nuovo meccanismo, non riuscirà a trovare un incarico. Gli verrà subito tagliato lo stipendio: prenderà solo il cosiddetto trattamento fondamentale, senza la parte variabile, i premi e gli incentivi. A spanne la metà della retribuzione piena. Non solo. Se continuerà a rimanere senza incarico, lo stipendio gli verrà ridotto del 10% l’anno fino a un massimo di sei anni. Passati i sei anni senza incarico, potrà scattare il licenziamento. La stessa sorte, il licenziamento, toccherà a chi non si darà da fare per trovare un posto. Potrà essere mandato via anche chi, ogni tre mesi, non partecipa ad almeno 10 bandi per i posti da dirigente che saranno resi via via disponibili. Il licenziamento, però, non sarà automatico. Servirà una valutazione, cioè un giudizio motivato. E sarà possibile un piano B. Al dirigente sull’orlo del licenziamento potrà essere offerto un incarico di livello più basso, da quadro. E anche il trasferimento in un’altra sede, ma nel raggio di 50 chilometri dall’ultima.
C’è un’altra novità importante. Riguarda i cosiddetti esterni, cioè i dirigenti che la pubblica amministrazione può pescare dal privato. Oggi c’è un tetto, il 10%, e gli esterni possono essere chiamati solo se nella pubblica amministrazione non c’è una figura adatta al ruolo. Nel decreto il limite generale resta ma viene creata anche una sezione speciale, un serbatoio a parte dal quale potrebbe pescare forse solo la presidenza del Consiglio, dove questo limite non c’è.
I primi commenti degli interessati non sono positivi. A protestare è l’Unadis, principale sindacato dei dirigenti: «Non accettiamo - dice il segretario Barbara Casagrande - che questa riforma venga fatta prima del rinnovo contrattuale. E poi, oltre a una vera formazione, servono criteri di valutazione oggettivi, che valorizzino il merito. Altrimenti come si fa a licenziare la gente?» Resta da capire quali saranno i tempi. La riforma dice che il decreto va presentato entro fine agosto e il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia l’aveva dato in arrivo per la fine di giugno. Ci siamo, quindi. Ma c’è un problema. La Regione Veneto ha impugnato la riforma davanti alla Corte costituzionale. E questo perché il nuovo sistema con il serbatoio unico dal quel pescare riguarda non solo lo Stato ma anche Regioni ed enti locali. Un’invasione di campo, secondo la giunta del leghista Luca Zaia. E un campanello d’allarme suonato nelle stanze del ministero.