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Associazione Nazionale Professionale Segretari Comunali e Provinciali
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29/11/2015 - Caro Angelo Capalbo, occorre andare oltre la L 124/2015. Non c'è alternativa.

tratto da forumsegretari.emunicipio.it - il commento del collega Claudio Rossi alle considerazioni del collega Angelo Capalbo

Caro Angelo Capalbo, occorre andare oltre la L 124/2015. Non c'è alternativa.
 

Caro Angelo, ho riletto attentamente la tua riflessione senza però riuscire a mutare la prima, negativa impressione.

Sono in disaccordo sin dal titolo: “sindacato amministrativo del dirigente apicale”.

La legge (art. 11, comma 1, lett. b), n. 4, vale ricordarlo) non prefigura affatto un “sindacato amministrativo” dal parte del dirigente apicale.

Questo è un punto dolente e la tua prospettiva appare eccessivamente ottimistica rispetto al dettato normativo che, lungi dal prefigurare questo “sindacato amministrativo”, sembra invece voler precostituire un “fesso”, senza poteri reali, che serve da specchietto per le allodole, cui addossare – sia agli occhi della pubblica opinione che a quelli della magistratura – ogni responsabilità.

La legge, infatti, affastella piuttosto confusamente tre funzioni: “attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa”, perpetuando ed anzi peggiorando l’indecoroso status professionale che caratterizzava il segretario comunale.

Tre funzioni che, a conferma dell’insipienza di chi ha scritto il testo, diventano eventualmente quattro (“mantenimento della funzione rogante in capo ai dirigenti apicali aventi i prescritti requisiti”) e poi, in maniera del tutto improvvisata ed in apparenza temporalmente contingentata, cinque (“in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui al presente articolo….- spunta anche la - direzione degli uffici”.)

Non c’è sequenza e coerenza logica tra questi enunciati.

E la cattiva coscienza circa la scarsa compatibilità di queste funzioni messe insieme alla rinfusa la dimostra lo stesso legislatore laddove la “funzione rogante” resta subordinata al fatto che il dirigente apicale possieda i “prescritti requisiti”. Questa previsione, in apparenza incidentale, dovrebbe invece allarmarci… Cosa si nasconde dietro quella riserva? Oggi quali sono questi “requisiti” speciali?

Quella insidiosa e generica previsione sembra preludere al fatto che possano ascendere al ruolo di “apicale” tutti i dirigenti, anche quelli che non vantano specifica preparazione “legale”. Quindi anche ingegneri; architetti; informatici; agronomi; forestali, psicologi (di psichiatri ci sarebbe forte necessità); filosofi, fisici, economisti puri… e chi più ne ha ne metta.

Ma la cattiva coscienza emerge ancora di più nel caso dei comuni sopra i 100 mila abitanti, presso i quali la nomina del direttore generale prelude allo spacchettamento delle funzioni, riservandosi al dirigente (apicale dimezzato) la “funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa e …la funzione rogante”.

E’ evidente come il legislatore si renda conto che quelle funzioni non stanno insieme ed all’occorrenza – alla prima situazione controversa – egli non esiti a prevederne la scissione.

Questo il punto di partenza… per dire che quell’assemblaggio è un malriuscito ed indigesto minestrone.

In questo contesto, già partire lancia in resta, affermando che possa prefigurarsi un “sindacato amministrativo del dirigente apicale” è un atto di fede veramente incrollabile.

Ma tutto il tuo scritto sembra imporre la necessità di revisioni di nozioni che un tempo sembravano pacifiche e che questo presente superficiale e grossolano sembra aver smarrito, facendo smarrire anche a noi, presi dall’obbligo e dalla foga di attuare la legge, la retta capacità di discernimento.

Mi soffermo su alcune tue considerazioni che mi sembrano più pregnanti. “Ora, con la legge delega, si attribuiscono generiche funzioni di controllo della legalità dell’azione amministrativa.”.

La legge delega non attribuisce funzioni nuove da questo punto di vista. La qualifica di “garante della legalità” ce la siamo dimenticata? La portiamo docilmente sul groppone, come una condanna, da tempo immemorabile.

Facciamo ipocritamente finta che sia una cosa seria, e ci affanniamo tutti a costruire appariscenti “mondi di carta”…. In questo ci ha ulteriormente deformato il Dl 174/12, senza parlare di quel monumento all’ipocrisia del vacuo e del vaniloquio che è il sistema varato dopo la L 190/12.

Mondi di carta che la Corte dei Conti (ma anche le procure penali), ogni volta che ci mette mano, manda all’aria, con nostro gravissimo scorno.

La “funzione di controllo della legalità” non è affatto generica. Essa è sufficientemente nota nei nostri ordinamenti. La svolgevano le vecchie giunte provinciali amministrative, poi i Coreco….

In apice, la “funzione di controllo della legalità” la svolge, a domanda, il giudice amministrativo (il cui "modus agendi" diventa, quindi, modello naturale di riferimento).

Si tratterebbe quindi di una cosa serissima e concreta che trova nel giudizio amministrativo il suo “modello”  (art. 7, commi 3 e 4, del codice del processo amministrativo). Declinata nella salsa ammannita dalla L. 124 diventa una parodia.

Non ho francamente compreso poi tutte le tue complicate considerazioni sull’esercizio concreto del controllo di legalità.

L’unica cosa che andrebbe ribadita, con forza crescente, è che “l’attuazione dell’indirizzo politico” ed il “controllo della legalità dell’azione amministrativa” sono due funzioni che non possono stare insieme (ossia in capo alla stessa persona) perché – secondo una metafora abusata ma sempre esplicativa – non si può essere arbitri e giocatori nella stessa partita.

E’ una banale ovvietà ma questa banale ovvietà andrà ribadita fino a quando l’aporia che vi sottende non sarà definitivamente tolta di mezzo.

 

 

Ma veniamo al secondo punto dell’aporia. Tu asserisci, non senza qualche espressione azzardata, quel che segue:

1) Premessa: “I nuovi compiti relativi all’attuazione dell’indirizzo politico, vengano accettati come sfida dal dirigente apicale.”….. Sono almeno 25 anni qui che ci lanciano sfide, l’una più improponibile dell’altra e noi sempre pronti a raccogliere anche quelle più grottesche ed impossibili, manco fossimo animali da circo. Con i risultati disastrosi che siamo riusciti a conseguire…. Ti chiedo: ma non è il caso di dire apertamente che questa ennesima “sfida” è una PORCHERIA anche peggiore delle porcherie precedenti? Qui di sfida in sfida, siamo ormai sfiniti. Poi questo linguaggio “agonistico-sportivo” non mi piace proprio…. Qui non si tratta di sfide o di competizioni ma di costruire un sistema istituzionale SERIO…. E non stiamo al bar dove ci si sfida a briscola o a tresette.

2) Nell’esercizio dei compiti di attuazione dell’indirizzo politico, il dirigente apicale, può valutare il comportamento che, a suo insindacabile giudizio, appaia più idoneo alla cura dell’interesse pubblico, rispettando le norme sulla competenza, sui presupposti, sulle forme e sulla procedura da seguirsi.”.  Qui non ti seguo proprio: il dirigente “può valutare a suo insindacabile giudizio”? Strabilio puramente e semplicemente: “a suo insindacabile giudizio”!? E’ un refuso? Di insindacabile nella PA, fortunatamente, non vi è nulla (almeno in via di principio)… E poi ce lo vedi questo personaggio, che definire pirandelliano è eufemistico, che fino ad un certo punto del procedimento si affianca alla parte politica per attuare l’indirizzo politico e poi, cambia casacca, e si mette a controllare gli atti come fosse un organo asettico e neutro? Ma hai visto come esercita il controllo la Corte dei Conti? Si rifiuta assolutamente di entrare nei casi in cui ci sono risvolti “gestionali”. Discetta in termini  assolutamente generali, senza mai proporre soluzioni per casi concreti (specie se spinosi). E noi che siamo forse superiori alla Corte? Noi, poveri, delegittimati da tutto e da tutti, abbandonati a noi stessi, dovremmo riuscire nell’opera che la Corte dei Conti semplicemente si rifiuta di affrontare? Ma non ti viene il sospetto di soffrire semplicemente di una sorta di sindrome di Icaro?…. Il punto nevralgico di tutta questa nostra vicenda sta qui. Nessun organo della PA svolge funzioni aliene ed eterogenee come noi. Nessun organo vive in costante (ed ormai crescente, visto lo stato schizofrenico della formazione) situazione di corto circuito istituzionale.  Tutto il panorama di organi/uffici di controllo/studio/consulenza della PA mai offre l’immagine paranoica che invece dà oggi il segretario comunale e domani il dirigente apicale…. Ce n’è da scrivere un trattato di psichiatria istituzionale se già solo si mettono insieme (specie nell’75% dei comuni che non ha doppia fascia organizzativa dirigenziale prima del segretario) il DL 5/2012, il DL 174/2012, la L. 190/12….  Ma è proprio una regola di buon senso quella che tu mi sembra voglia ignorare. Il dirigente apicale deve attuare l’indirizzo politico; in sostanza deve mandare avanti la macchina amministrativa (mediamente molto sgangherata negli ultimi tempi), spesso secondo i capricci del pilota al volante, e deve assicurare che quella macchina sgangheratissima viaggi in pure condizioni di sicurezza e, se del caso, magari anche cambiare le ruote mentre il mezzo è in corsa….. Quale altra sfida da circo equestre dobbiamo accettare e vincere, caro Angelo?

3) Poi ti lanci in nella seguente “intemerata”: “In ordine agli strumenti da utilizzare, il sindacato si potrà esercitare, alla stessa stregua della prevenzione alla corruzione, secondo i principi e le prescrizioni contenute nella legge 190/2012, mediante mezzi e misure idonee a prevenire devianze e malcostumi. Invero la verifica potrebbe riguardare secondo la definizione contenuta negli aggiornamenti dell’ANAC al Piano nazionale anticorruzione, sia per lo specifico reato di corruzione che per il complesso dei reati contro la pubblica amministrazione e coincidente con la definizione “maladministration”, ed ovvero il controllo su quelle decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa, anche, del condizionamento improprio da parte di interessi particolari.”…. Insomma, tutto quadra secondo te. Non soltanto, per te, le tre o forse quattro o probabilmente cinque funzioni “funzionano” tutte messe insieme ma hai già individuati gli strumenti per farle funzionare. Mi chiedo quali sarebbero questi “mezzi e misure idonee a prevenire devianza e malcostumi”… In cosa si sostanzierebbe questo “controllo su quelle decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale a causa, anche, del condizionamento improprio da parte di interessi particolari”? Questa sì che mi pare una pura tautologia. Ricordo a me stesso che il diritto amministrativo è regolato dal principio di legalità e di tipicità degli atti…. Cosa dovrebbe fare concretamente il segretario, pardon, il Dirigente apicale se rileva “decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale”? Annulla l’atto? Dove sta scritto? In forza di quale potere? E poi se un atto curi o meno l’interesse generale è una valutazione di merito, tranne le ipotesi di conclamato “eccesso di potere”. Ma quel signore, totalmente “embedded” nei sempre più sconnessi apparati organizzativi locali, spesso e volentieri chiamato a ruoli di supplenza (art. 97, comma 4, lett. d) del TUEL) e quindi sempre più confuso tra gestione, sudditanza agli organi politici (egli “muore”, dice la norma, se non “rinnovato”   “entro novanta giorni dalla data di insediamento degli organi esecutivi”. Ipotesi di “silenzio-decadenza”, che quindi rovescia, in senso peggiorativo, la logica del “silenzio-conferma” attualmente in vigore) e controllo di legalità, come potrà esercitare con rigore ed autorevolezza minima quelle funzioni?

4) Quel che viene dopo, nella tua riflessione, però sconcerta viepiù (almeno me). Perché dopo tutte queste impegnative affermazioni ed avviandoci alla fine della tua riflessione uno non si aspetta la domanda finale che qui trascrivo: “È coerente, con il quadro normativo, configurare una figura di dirigente apicale chiamato ad attuare anche compiti di controllo della legalità dell’azione amministrativa, se svolge allo stesso tempo funzioni in stretta collaborazione con l’organo di indirizzo, legato da vincolo fiduciario?”…. Questa domanda, scusa Angelo, è quella che destituisce di fondamento tutte le tue precedenti riflessioni. E’ una domanda retorica con unica risposta razionale: NO! Certo che il quadro normativo è del tutto incoerente. Ma perché porre quella domanda alla fine, dopo che si sono date una serie di risposte (per me sbagliate) che quindi franano proprio alla fine?

5) E la successiva risposta finale a quella domanda (che per me resta nel tuo scritto clamorosamente senza risposta credibile) è anch’essa sbalorditiva. Trascrivo di nuovo integralmente: “La dicotomia tra le funzioni di attuazione dell’indirizzo politico e l’azione di controllo potrà superarsi se, in capo al dirigente apicale, viene assegnata la verifica sull’esercizio della discrezionalità amministrativa da esercitarsi secondo canoni etici.”. Qui le osservazioni critiche alla tua risposta sono obbligate e discendono dalle norme: la dicotomia, stante la legge 124/2015, non si supera in sede interpretativa o attuativa. Quella dicotomia sta scritta nella legge stessa. Ed allora non se ne esce: ci si deve battere per cambiare la legge. Perché per alcuni (i tanti ormai rassegnati allo “status quo”) suonerà strano ma le leggi non “sono per sempre” ma si modificano, si emendano, si abrogano costantemente …. Ed è tanto più facile ottenere questo risultato se molti si riuniscono per chiederne la modifica, l’emendamento o l’abrogazione, adducendo ovviamente ragioni valide. E noi di ragioni valide ne abbiamo a iosa. Certo, non porta all’abrogazione chi si sforza, invece, di proporre letture encomiastiche o comunque legittimatrici delle norme. Le contraddizioni esistenti non vanno nascoste o apparentemente sanate con improbabili capriole dialettiche. Esse vanno semmai enfatizzate; sottolineate; rimarcate.

6) In ultima analisi, secondo te, tutta la (irrisolvibile) contraddizione potrà dunque “superarsi se, in capo al dirigente apicale, viene assegnata la verifica sull’esercizio della discrezionalità amministrativa da esercitarsi secondo canoni etici.”. I canoni etici? Ma siamo in chiesa o in comune? Ci mancavano pure i canoni etici. Noi siamo operatori del diritto non moralisti/moralizzatori. Il parametro di azione non è la  Sittlichkeithegeliana ma le norme di legge  codificate e quindi il diritto.

C’è qualcosa, molto, troppo, che non quadra in questa tua riflessione. Io ripeto quello che sostengo da anni e che nessuno vuole ascoltare.

1) Va ricostruito un serio regime esogeno (ossia esterno ai comuni) di vero controllo amministrativo… Per alcuni atti fondamentali (in genere tutti quelli di programmazione) su larga scala. Per gli altri atti puntuali, si dovrebbe prevedere un sistema “on demand”,  motivatamente attivabile cioè da soggetti qualificati dell’amministrazione decidente (Sindaco, capigruppo consiliari, revisore dei conti) o da soggetti privati particolarmente qualificati, come comitati cittadini, associazioni di tutela dei consumatori…. E dai diretti contro interessati (sempre motivatamente). Tale controllo, altamente qualificato, non deve ridursi poi soltanto ad una funzione interdittiva/negativa (annullamento degli atti) ma dovrebbe  assumere anche carattere propositivo/realmente collaborativo ossia dovrebbe essere in grado di fornire anche (se non soprattutto) assistenza nella soluzione di casi concreti e non, come accadde ora, di dover assistere ad un controllo “collaborativo” che – col pretesto di non voler soffocare l’autonomia degli enti locali – si astiene proprio dal fornire la soluzione dei casi più concreti e spinosi;

2) Occorre restituire la Corte dei Conti al suo ruolo primigenio, essere cioè giudice dei conti e liberarla dall’improprio compito del controllo amministrativo.

3) occorre assicurare una dirigenza che, senza essere più schiacciata dal peso della responsabilità di sentirsi definita “garante della legalità”, assicuri vera assistenza operativa al vertice politico;

4) Va superato il dogma del principio di  rigida “separazione”, favorendo una visione meno “antagonistica” tra classe politica e dirigenza, e facendo sì che il vertice politico sia realmente sintesi e rappresentanza dell’ente locale, come prefigura ancora l’art. 50 del TUEL, con ratio analoga a quella che è prevista, a livello nazionale, dall’art. 95 della Costituzione per il Ministro.

5) Insomma va creata una filiera virtuosa tra vertice politico, dirigenza amministrativa e rinnovati organi (esterni) di controllo amministrativo che, se vogliono essere realmente autorevoli, devono essere formati (diversamente dai vecchi coreco) da personale professionalizzato.

Permettimi Angelo, è tempo di affrontare le contraddizioni della legge  con coraggio e senza remore. Scuserai se ripropongo, per concludere, qui il monito di Foucault che campeggia in questa pagina ma non credo che ci sia oggi, rispetto ad esso, altro programma alternativo se non la passiva acquiescenza a quel che propina un legislatore sciatto ed incompetente: “Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo, ma piuttosto di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciòche potremmo diventare" (M. Foucault).

 

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Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.

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