06.05.2015 - La base del Pd contro Renzi: in piazza il mondo della scuola. E il premier corre ai ripari...
La base del Pd contro Renzi: in piazza il mondo della scuola. E il premier corre ai ripari...
Roma, Milano, Firenze, Bologna, Aosta, Napoli, Cagliari e altre ancora. Studenti e professori insieme in piazza. “La buona scuola siamo noi”, scrivono sui cartelli nella capitale. Qualcuno rispolvera anche Alessandro Manzoni, ovvio: è il 5 maggio. “Ei fu…”, recita un cartello con un Renzi vestito da Napoleone. Macabro. Napoli si spinge anche più in là, dove le aule scolastiche si trasformano in urne per le elezioni: “Renzi a casa, bruciamo le schede elettorali…”. Il mondo della scuola sciopera contro la riforma del governo Renzi. E’ la più grossa protesta da quando l’ex sindaco di Firenze è al governo. Più pesante dello sciopero generale contro il Jobs Act, che cadeva in un periodo più ‘sereno’ per il presidente del Consiglio che infatti allora rispose: “Rispetto lo sciopero ma non mi impressiono”. No, la scuola è altra storia. Oggi, contro il premier, si è mosso un gran pezzo della base del Pd, la sua base. Per giunta, alla vigilia del primo test elettorale di Renzi dalle europee dell’anno: le amministrative di fine maggio.
Lo sciopero contro la scuola fa male al quartier generale renziano, dove in mattinata si raccolgono le notizie in arrivo dai cortei, quanto grandi sono e quanto rumorosi. Ma soprattutto notano e ammettono con la stampa, che, al di là della partecipazione di piazza, stavolta lo sciopero è ultra-riuscito: sono tantissimi gli istituti con le porte chiuse in questo 5 maggio. E infatti la risposta del premier questa volta è diversa.“Siamo pronti ad ascoltare e condividere" approfondendo "nel merito le ragioni di questa manifestazione”, dice Renzi dal suo tour elettorale in Trentino (lì per le comunali si vota domenica prossima), dove pure viene accolto da contestazioni, come accade spesso nei suoi giri per l’Italia, almeno dallo scorso autunno in poi.
La parola d’ordine al governo è “dialoghiamo” sulla riforma della ‘Buona scuola’. Non a caso Renzi non si associa al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che parla di “sciopero politico”. Stavolta, non c’è bastone, bensì carota. Dal Nazareno agiscono a colpi di slide su twitter: è la contraerea comunicativa per smontare lo sciopero.
(Continua dopo la foto)
In commissione si lavora anche nel giorno dello sciopero, anzi a maggior ragione. Proprio per poter dire, come fa il renzianissimo Dario Parrini, che “lo sciopero contro la riforma della scuola non tiene conto dei contenuti effettivi del provvedimento e combatte un testo già superato dalle modifiche promosse dal Pd e votate in commissione alla Camera”. Da settimane ormai il premier ha annunciato modifiche per ridimensionare il ruolo del preside, che lui avrebbe voluto effettivo ‘capo azienda’ in ogni istituto e che invece verrà affiancato dal collegio dei docenti e dai consigli di istituto nell’elaborazione del piano formativo. E poi le novità sui precari per fare in modo che chi abbia maturato 36 mesi di anzianità rientri in quota riservata al concorso che sarà bandito l’anno prossimo.
Basteranno le modifiche per smontare sciopero, contestazioni e possibili fronde della minoranza Pd ancora sul piede di guerra dopo la sconfitta subita sull’Italicum? La scommessa è aperta. Da Palazzo Chigi i riflettori sono puntati sul Senato, oltre che sui cortei del giorno. Perché quando il 19 maggio la ‘Buona scuola’ verrà licenziata da Montecitorio, si aprirà il fronte di Palazzo Madama, con la sua maggioranza risicata. L’appuntamento è per i primi di giugno, subito dopo le amministrative. E va da sé che la prova sarebbe ancora più difficile qualora il test elettorale presentasse anche solo una piccola dafaillance per Renzi. Anche perché il tempo stringe: la ‘Buona scuola’ deve essere approvata in via definitiva (e quindi con l’ultima lettura alla Camera, dopo il Senato) entro il 15 giugno. Altrimenti i precari che verranno assunti (secondo la sentenza della corte di giustizia europea che ce lo impone) non potranno entrare in servizio dal primo settembre.
E’ già corsa contro il tempo. E contro le trappole. Dalla minoranza Pd continuano a chiedere che si proceda per decreto sull’assunzione dei precari, per avere il tempo di riflettere sulla riforma della scuola. Niet di Renzi, che consente modifiche al suo ddl anche in Senato ma che non lo molla: “altrimenti finisce in palude”. E i renziani notano con soddisfazione alla Camera che al corteo di Roma Stefano Fassina “è stato contestato…”. “Perché ormai la gente ce l’ha col Pd”, giustifica Fassina. Ma questa per la cerchia del premier è l’unica notizia ‘buona’ in una giornata che porta molti dei suoi a riflettere sugli “errori commessi sulla riforma della scuola, errori di comunicazione e non solo”. E’ anche per questo che, da ieri, il senatore Andrea Marcucci, renziano della prima ora, si affretta a chiedere ai segretari confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo di “venire in audizione in commissione al Senato”. Tentativo di dialogo, chissà se andrà a buon fine.
Oggi non si direbbe. E poi c’è da mettere nel conto, dicono dalla cerchia del premier, che “ormai si protesta non in base al merito ma perché si deve contestare”. Il riferimento è in particolar modo alla minoranza Pd, che in commissione al Senato è presente con Corradino Mineo e Walter Tocci. Il primo - si ricorderà – l’estate scorsa fu sostituito in commissione per ‘permettere’ l’esame del ddl costituzionale. Il secondo si è dimesso dopo aver votato il Jobs Act, dimissioni poi respinte dall’aula. Sono primi scogli all’orizzonte, tra i renziani c’è già chi parla di nuove sostituzioni in commissione, come è avvenuto alla Camera sull’Italicum. Si vedrà. Certo è che la ‘Buona scuola’ sarà il primo test vero per la maggioranza di governo in Senato dopo lo scontro sulla legge elettorale e prima delle riforme costituzionali, che arriveranno a Palazzo Madama solo nella seconda metà di giugno. “Renzi stai sereno della tua buona scuola ne facciamo a meno”, recita un cartello in piazza. Il premier non condivide ma stavolta sa che non può fare il ‘terminator’. Almeno fino alle amministrative del 31 maggio.