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24/07/2015 - «Das Wahre is das Ganze». Lettera aperta agli "amici" di Unadis/Vighenzi

un intervento del collega Claudio Rossi tratto da forumsegretari.emunicipio.it

«Das Wahre is das Ganze». Lettera aperta agli "amici" di Unadis/Vighenzi

 

Poiché al peggio non c’è mai limite il DDL di riforma della PA continua ad imbarcare piccole e grandi porcate….

Fortunatamente siamo arrivati a fine corsa, altrimenti chissà cos’altro avrebbero provato ad infilarci.

Il bello che almeno una chicca l’hanno voluta i nostri; alcuni dei nostri preoccupati del fatto che non siamo abbastanza nel mirino di procure e sicofanti di ogni risma.

Va ricordato, a beneficio delle anime belle più meno tali, che questo è il Paese in cui il capro espiatorio deve essere “precostituito per legge” e nel quale la vera costituzione materiale è la “legge del cerino acceso”.

La legge del cerino acceso è nota a tutti (altro che ignorantia legis!), da tutti rigorosamente applicata e rispettata (tranne che dalle rappresentanze dei segretari. I singoli, devo dire, se la cavano invece piuttosto bene).

In base ad essa, si individua il fesso di turno cui lasciare che il cerino scotti le dita.

Il fesso del cerino acceso è qualcosa di meno nobile del capro espiatorio. Questi è oggetto di riti in cui la Comunità comunque si riconosce ed ha meritato studi approfonditi (chi non ricorda René Girard?). Il fesso del cerino acceso è invece un semplice derelitto che merita solo irrisione.

Che i segretari siano i fessi di turno mi pare indubitabile. La Storia lo documenta abbondantemente. Non che siano mancati tra di loro singoli spregiudicati ma la media è votata al masochismo, talora anche estremo.

Senza scomodare antecedenti lontani, bastano questi ultimi 14 mesi, con l’escalation delle circolari Cimmino, a documentare una passività senza eguali.

Perché chiamo in causa i colleghi della Vighenzi e di Unadis (in realtà si tratta di due facce della stessa medaglia)? Perché dopo alcuni giorni di dubbi ed incertezze ieri ho avuto la prova che l’inserimento di uno smisurato e sconnesso emendamento nel n. 4 dell’art. 11 del DDL (ora 1577B) è stato  - se non materialmente scritto – ispirato da loro.

Io ho sempre avversato la politica degli emendamenti. L’emendamento favorisce norme “spot”, quasi sempre incoerenti con (se non con il testo) la ratio del testo originario. L’emendamento è figlio della cultura “atomistica” ed “atomizzata” del “particulare”, che si concentra sul dettaglio e che non riesce a cogliere l’insieme.

La dottoressa Giardina rivendica il merito di un approccio “pratico” alle vicende che ci riguardano e considera il mio, invece, una sorta di filosofare inutile da guardare con sospetto.

Io comunque sto all’insegnamento di Hegel: “il vero è l’intero” («Das Wahre is das Ganze»). Solo un’approccio “olistico” ci dà il senso di quello che accade. Altrimenti è come se pretendessimo di descrivere una torta, limitandoci a fare l’elenco dei suoi singoli componenti  (la torta non è solo la sommatoria di tot numero di uova, tot grammi di farina, tot grammi di zucchero….).

Veniamo al merito. Cosa c’è di strano nell’emendamento “ispirato” da Vighenzi/Unadis?

C’è che il testo presenta innanzitutto un evidente mancato coordinamento con la precedente versione del DDL. Infatti, l’attuale n. 4) dell’art. 11, esordendo con l’abrogazione della figura dei segretari, prosegue indicando le funzioni tipiche della figura che succede ai segretari stessi. Le ricordiamo tutti queste funzioni: “compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa”. Sono tre. Se l’incipit è questo appare almeno stravagante che, dopo una quarantina di righe/colonna, si scopre che a questa triade di funzioni, si affianca inopinatamente la “direzione degli uffici”.

E’ una incoerenza? Certo! E’ una incoerenza grave perché, a tacer d’altro, questa competenza ulteriore, per il contesto in cui è inserita, sembrerebbe circoscritta al periodo “di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attua-zione della delega di cui al presente articolo”. Ossia si tratterebbe di una competenza transeunte, visto che le funzioni “a regime” sono quelle indicate nell’incipit del n. 4).

Questo il risultato quando si procede per emendamenti. Ossia, a regime, il Dirigente apicale sarebbe titolare di tre funzioni, nel periodo di moratoria triennale, sarebbe titolare di quattro funzioni…. Abbiamo visto e vediamo anche di peggio ma quando si tratta di noi e del nostro lavoro, qualche attenzione in più forse ci vorrebbe.

Ma poi c’è la questione di merito.

Esiste questa “direzione degli uffici”? Chi la esercita?

Si può attribuire una qualificazione così impegnativa, trascurando il contesto in cui quella definizione va a calarsi?

Vale ripeterglielo, dottoressa Giardina, il vero è nell’intero, come aveva intuito Hegel. Io credo che abbiate clamorosamente perso di vista proprio l’intero, ispirando una modifica così improvvisata e sciagurata.

E’ certo che nei Comuni, nell’attuale TUEL non esista già la traccia di una funzione direttiva?

Certo che esiste e si rinviene in quel filo rosso che lega almeno gli artt. 48, 50 e 109 del TUEL.

Nell’articolo 109, questa funzione (adombrata negli altri richiamati) trova esplicita definizione.

Vale ricordarlo il testo di quella norma: “Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato….. e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento,”.

Non vi tedio con citazioni dotte che conoscete quanto me, per cui diamo per scontato che la direttiva sia atto tipico del rapporto di direzione. Ed in quella previsione dell’art. 109, precisa e puntuale, non si tratta di un rapporto generico ed indefinito ma di un rapporto talmente cogente che l’inosservanza “delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento”, comporta la revoca dell’incarico….

I direttori ci sono quindi, già, nella sostanza, se non nella forma….. E non diciamo che quella norma sia desueta o non rispondente alla sostanza di quel che accade nei comuni.

La norma dell’art. 109 è espressione di quanto avviene nella generalità dei comuni. Essa risponde al comune sentire. E’ espressione della “costituzione materiale” su cui si fonda l’ordinamento comunale.

Ma se così stanno le cose, perché aggiungere confusione a confusione?

Perché, soprattutto, dottoressa Giardina, compiacersi di una norma senza senso e quindi pericolosa?

Mi si passi il paragone: così maldestramente concepita quella norma, infilata di soppiatto nel DDL, prefigura una situazione grottesca. Immaginate la Filarmonica di Berlino o la London Symphony sul cui podio salgono contemporaneamente due direttori, uno che dà un tempo e l’altro che ne detta un altro? Sarebbe il caos!

Ma anche la banda di paese non ammette che un solo Maestro direttore. Non si è mai visto che dirigano in due o in tre contemporaneamente.

Io credo che in questo tempo confusissimo, la prima rivendicazione dovrebbe essere la chiarezza ed invece voi avete chiesto che si aumentasse la confusione.

E chi rischia di pagare il costo di questo ulteriore elemento di cacofonia istituzionale?

Ma certamente noi!

Quella “direzione degli uffici”, senza una incisiva modifica del TUEL (che nessuno auspica e che non risponde ad alcun interesse sostanziale), rischia di essere l’ennesima etichetta/bersaglio che ci appiccicano addosso.

Se i dirigenti/responsabili sono nominati con incarico definito dal Sindaco e se essi sono destinatari di “direttive” che possono essere impartite, oltre che dal Sindaco stesso, anche dall’assessore di riferimento, con l’esplicita sanzione della revoca dall’incarico, capite bene che questa direzione degli uffici si risolve in una sorta di mega bluff.

Ma in Italia anche i bluff sono insidie. Quella ennesima funzione spaventapasseri, non attribuendo al dirigente apicale nulla di realmente significativo, precostituisce semplicemente le condizioni per imputargli ulteriori responsabilità.

Ed in un Paese, con la costituzione materiale del “cerino acceso” e dove il palleggiamento delle responsabilità è la consuetudine, è fatale prevedere che i giudici (i pm) dei vari ordini e gradi avranno offerto su un piatto d’argento la testa di un povero diavolo cui addossare le infinite responsabilità datoriali (dalla sicurezza sul lavoro; al benessere organizzativo; al rispetto di tutte le norme organizzative, alla patata bollentissima della contrattazione decentrata che costituisce una fonte di responsabilità non da poco), sino ad oggi ripartite a diversi livelli, secondo le diverse realtà organizzative.

Così come più facilmente si scaricheranno sul dirigente apicale le tensioni connesse con l’organizzazione del personale (ricordate Iudicello aggredito a Roma per la contrattazione decentrata 2014?).

Insomma, i poteri restano gli stessi ma le responsabilità crescono notevolmente…. E solo per questo l’emendamento “furbescamente” perorato da UNADIS/Vighenzi è passato senza problemi.

E “te” pareva? Possibile che tra le tante, possibili modifiche proposte solo questa meritava di essere accolta?

Possibile che in un testo ed in un contesto generale che vuole semplicemente “fotterci” ci abbiano concesso un regalo inaspettato?

Non capisco, dottoressa Giardina, come lei possa trovare ragione di, sia pur moderata, soddisfazione in questa inopinata modifica del DDL.

La so ostile alla “filosofia” perché la considera materia inconsistente e poco “pratica” ma allora se non le piace Hegel, le cito Virgilio in una delle sue espressioni più note: “Timeo Danaos et dona ferentis”.

Non le viene il sospetto – al di là delle mie velocissime considerazioni critiche -  che quel “regalo” sia una ennesima fregatura?

In un contesto dove tutti, proprio tutti (Governo, Parlamento, Corte dei Conti, Ministero …) , sembrano accanirsi contro di noi le sembra possibile che abbiano accolto quell’emendamento solo per “qualificarci”?

Se non crede a me, alle mie improvvisate riflessioni critiche, rifletta sul monito di Laocoonte.

Ma non sarebbe completo il quadro se non richiamassimo altre due perle presenti nel DDL che marcia inarrestabile verso l'approvazione definitiva. In effetti, esso contiene due norme particolarmente insidiose che tutto chiedono tranne che atteggiamenti sconsiderati e da mosca cocchiera.

Cosa ci consegna ulteriormente il DDL?

1)               La c.d. esimente politica, che esenta gli organi politici di vertice delle amministrazioni e che attribuisce alla esclusiva responsabilità dei dirigenti i danni derivanti da "attività gestionale",

2)               cui, da ultimo, si è aggiunta – per volontà dei pentastellati - la revoca dell'incarico ed il divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale.

Si tratta di argomenti trascurati nel cicaleccio di una categoria ossessivamente interessata solo ai diritti di rogito ed irresponsabilmente negligente rispetto alla drammatica sovraesposizione che il combinato disposto di queste due norme in materia di responsabilità solleva.

(vi sarebbe da ricordare anche la drammatica trappola innescata dall’art. 3, comma 1, lett. a) del D.lgs. 39/2013 che interessa direttamente solo noi e pochissime altre figure della dirigenza pubblica ben diversamente “ammanicate”).

Si paventa l'asservimento alla politica ma si sottovaluta colpevolmente la mannaia giustizialista che rischia di abbattersi – tra l’altro secondo l’assurdo criterio della roulette russa - su di noi, come se non fossimo già eccessivamente sovraesposti.

Avete mai visto un dirigente ministeriale preoccuparsi della Corte dei Conti? I guai si concentrano su chi – qualificato come organo di vertice - deve agire in strettissimo contatto ed in rapporto di supina subordinazione rispetto agli organi politici (e tale è naturalmente il dirigente apicale che tanto è piaciuto a UNSCP).

Il quadro si è sta facendo realmente pesante ed il principio di cautela avrebbe dovuto ispirare chi si è mosso a nome della categoria.

Durante le tempeste, specie le più gravi, l’unica misura da adottare è mettersi in salvo; far salva la pelle o, come dicono gli anglosassoni, vale il principio del safety first. Ogni ulteriore velleità è semplicemente pericolosa.

E quanto richiesto e fatto approvare SA DI PERICOLOSO VELLEITARISMO.

Questo lavoro acquista così un ulteriore elemento di penosità. Spiace pensare che ad armare il nostro plotone di esecuzione siano stati, sia pure involontariamente, ancora una volta i nostri.

Gentile dottoressa Giardina, ripassi un po’ di filosofia. Spesso nella vita aiuta, se non a cambiare, almeno a comprendere quanto accade (Marx avrebbe da ridire sul punto ma, si sa, che anche i filosofi vanno presi con le molle).

La attendo per un confronto serio su questi argomenti. La Storia non si ferma mai e noi abbiamo l’obbligo di costruire un futuro migliore, a dispetto di Renzi e di quanti vogliono ucciderci. Ma solo se abbiamo di vista l’intero possiamo risolvere i problemi. «Das Wahre is das Ganze»!

 

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